Trump rischia di reinnescare l’inflazione | L’analisi di Marcello Messori

Le prime dichiarazioni del presidente Trump confermano che la nuova amministrazione rischia di re-innescare un eccessivo processo inflazionistico negli Stati Uniti. Del resto, l’attuale struttura temporale dei tassi d’interesse dimostra che gli operatori finanziari condividono tale aspettativa. Nonostante il parziale ripiegamento nei livelli dei tassi di lungo termine verificatosi negli ultimi giorni sulla scorta delle […] L'articolo Trump rischia di reinnescare l’inflazione | L’analisi di Marcello Messori proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.

Gen 29, 2025 - 14:27
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Trump rischia di reinnescare l’inflazione | L’analisi di Marcello Messori

Le prime dichiarazioni del presidente Trump confermano che la nuova amministrazione rischia di re-innescare un eccessivo processo inflazionistico negli Stati Uniti.

Del resto, l’attuale struttura temporale dei tassi d’interesse dimostra che gli operatori finanziari condividono tale aspettativa. Nonostante il parziale ripiegamento nei livelli dei tassi di lungo termine verificatosi negli ultimi giorni sulla scorta delle incoraggianti statistiche sui prezzi passati, questi livelli fanno segnare un’elevata differenza positiva rispetto ai tassi di breve termine guidati dalla politica monetaria della Federal Reserve (Fed).

Lo sostiene l’economista Marcello Messori dalle colonne del magazine digitale Inpiu.net

Inoltre, dopo la vittoria di Trump, i tassi di lungo termine e quelli di breve si sono mossi in direzioni opposte: l’allentamento della politica monetaria ha compresso i secondi ma ha spinto verso l’alto i primi. Nel gergo degli economisti, ciò segnala che le aspettative sulla futura inflazione sono ormai disancorate dalla soglia del 2%.

Trump cercherà di condizionare le scelte della Fed. È però impensabile che la situazione descritta sia compatibile con i quattro tagli annuali nei tassi di interesse di policy che erano stati annunciati nell’autunno scorso. Per il 2025 si prevedono, al più, due tagli da 25 punti base ciascuno.

Se così sarà, si verificherà un disallineamento fra le scelte della Banca Centrale Europea (Bce) e quelle della Fed. A fronte di un’economia europea con modeste possibilità di uscita dalla stagnazione, la Bce si orienterà verso scelte monetarie gradualmente espansive, arrivando a fissare un tasso di interesse sui depositi presso la Bce non superiore al 2% e pari alla metà di quelli statunitensi.

Per molti versi, un tale risultato rifletterebbe la diversa crescita delle due economie e spingerebbe l’euro a deprezzarsi rispetto al dollaro, attenuando così l’impatto dei dazi dell’amministrazione Trump sulle esportazioni europee.

L’incognita è se questi possibili eventi esporranno la Ue a importare l’eccessiva inflazione Usa.

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