Professori e ricercatori: tassazione dei redditi esteri
Sono tantissimi gli italiani che percepiscono una borsa di studio per attività di ricerca in istituti pubblici o privati. Per questo motivo può essere interessante andare a chiarire il regime di tassazione delle borse di studio. Sia quelle percepite da istituti italiani, sia da parte di istituti esteri nei confronti di soggetti italiani. Andiamo con […] L'articolo Professori e ricercatori: tassazione dei redditi esteri proviene da Fiscomania.
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Sono tantissimi gli italiani che percepiscono una borsa di studio per attività di ricerca in istituti pubblici o privati. Per questo motivo può essere interessante andare a chiarire il regime di tassazione delle borse di studio. Sia quelle percepite da istituti italiani, sia da parte di istituti esteri nei confronti di soggetti italiani. Andiamo con ordine e vediamo che cosa sono e come vengono inquadrate fiscalmente se di fonte italiana rispetto a quelle di fonte estera, percepite da soggetto residente.
Che cosa sono le borse di studio
Una borsa di studio è un finanziamento (aiuto economico) agli studi concesso ad alcuni studenti in base a determinati parametri economici stabiliti dallo Stato, oppure agli assegnisti di ricerca. In particolare, secondo la C.M. 326/E/97 § 5.4, rientrano nella definizione di borsa di studio:
- Erogazioni attribuite a favore di soggetti, anche non studenti, per sostenere l’attività di studio o ricerca scientifica, di specializzazione, etc;
- Erogazioni legate ad una futura eventuale occupazione lavorativa;
- Erogazioni corrisposte, anche sotto forma di “rimborsi spese” corrisposti a soggetti che svolgono il praticantato/tirocinio professionale per l’accesso a professioni regolamentate (iscrizione all’Albo professionale).
Come sono inquadrate fiscalmente
La norma di riferimento è l’art. 50, co. 1, lett. c) del TUIR (DPR n. 917/86), la quale considera tra i redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente (Legge n. 835/82) anche:
Il Ministero delle finanze, nella C.M. n. 326/E del 23 dicembre 1997 ha fornito alcune precisazioni per l’identificazione della borsa come reddito da lavoro dipendente. In particolare, al fine di inquadrare le borse di studio tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, è necessario che il beneficiario delle stesse non sia legato da rapporto di lavoro con il soggetto erogante. Nello specificare questa circostanza il Legislatore ha infatti inteso sancire che l’autonoma previsione tributaria di cui all’articolo 50 del TUIR deve essere riferita esclusivamente a quelle ipotesi in cui la percezione delle somme non avvenga in dipendenza del rapporto di lavoro dipendente. In quanto, altrimenti, le somme erogate si dovrebbero cumulare con gli emolumenti corrisposti al lavoratore nella sua veste di dipendente.
Come si determina la base imponibile IRPEF
Ai fini della determinazione della base imponibile IRPEF, devono applicarsi le disposizioni di cui all’art. 51 del TUIR, che riguarda i redditi da lavoro dipendente. Tali compensi, beneficiano delle detrazioni di imposta di cui all’art. 13 del TUIR e all’art. 2 del D.L. n. 3/20.
Il soggetto erogante deve inoltre effettuare, in qualità di sostituto d’imposta, le ritenute a titolo d’acconto ai fini IRPEF con obbligo di rivalsa ai sensi dell’articolo 23 del DPR n. 600/73, ragguagliando gli scaglioni di reddito al periodo di paga ed applicando in sede di conguaglio anche le addizionali all’IRPEF previste. Le borse di studio di cui si tratta, percepite da soggetti non residenti in Italia, non devono essere sottoposte a tassazione anche se erogate da soggetti residenti.
Le borse di studio esenti IRPEF
La particolarità legata al regime fiscale delle borse di studio consiste nel fatto che vi sono numerose eccezioni alle disposizioni sinora indicate. Infatti, vi sono numerose leggi speciali che prevedono l’esenzione IRPEF, di determinati emolumento, per lo più, volti ad incentivare la frequenza di corsi universitari, di specializzazione, di ricerca, oppure per agevolare categorie svantaggiate. Si tratta delle seguenti tipologie:
- Erogate dalle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano agli studenti universitari (D.Lgs. n. 68/12);
- Corrisposte dalle università, istituti di istruzione universitaria e dalla Provincia autonoma di Bolzano, per la frequenza dei corsi di perfezionamento, delle scuole di specializzazione, dei corsi di dottorato di ricerca, per lo svolgimento di attività di ricerca post dottorato e per i corsi di perfezionamento all’estero (Legge n. 398/89);
- Erogate nell’ambito del programma comunitario “Socrates“. Nonché le somme aggiuntive corrisposte dall’Università, di importo complessivo annuo non superiore a 7.746,85 euro (art. 6, co. 13, Legge n. 488/99);
- Corrisposte a vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, nonché agli orfani ed ai figli di questi ultimi (Legge n. 407/98 – DPR n. 58/2009);
- Corrisposte ai medici in formazione specialistica, per la frequenza delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia (art. 37 – 42 D.Lgs. n. 368/89);
- Erogate dal Governo a cittadini stranieri, in forza di accordi e intese internazionali. La concessione delle borse deve discendere da espressa volontà governativa. Le borse devono essere finanziate, direttamente o indirettamente, dai Ministeri o altri organi del Governo, utilizzando le risorse economiche identificate. Questo anche se l’erogazione avviene da altri soggetti che agiscono per conto del Governo (art. 3, co. 3, lett. d-ter) del TUIR e Ris. n. 356/E/2008);
- Erogate per la mobilità internazionale erogate a favore di studenti delle università e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) – art. 6, paragrafo 1, e art. 7, paragrafo 1, lett. a) del regolamento Parlamento Europeo e del Consiglio n. 1288/2013/UE (Art. 1, co. 50 Legge n. 208/15);
- Corrisposte dalla “Fondazione articolo 34” art. 9 del D.L. n. 70/11. Destinate a studenti capaci, meritevoli e privi di mezzi, al fine di favorirne l’immatricolazione e la frequenza a corsi di laurea o di laurea magistrale a ciclo unico, nelle università statali, o a corsi di diploma accademico di I livello, nelle istituzioni statali dell’alta formazione artistica, musicale, coreutica, aventi sedi anche differenti dalla residenza anagrafica del nucleo familiare dello studente (art. 1, co. 273 – 289 Legge n. 232/16);
- Corrisposte a favore degli studenti iscritti alle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado, per l’acquisto di libri di testo, per la mobilità e il trasporto e per l’accesso a beni e servizi di natura culturale (art. 9 D.Lgs. n. 63/17).
Chiarimenti di prassi
L’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 173 del 9 giugno 2020 ha specificato che le casistiche di esenzione sono “a fattispecie esclusiva”. Questo significa che non sono soggette a interpretazione analogica, per cui le somme erogate a titolo diverso rispetto a quello sopra indicato non possono rientrare in ipotesi di esenzione. Con la Risoluzione n. 109/E del 23 aprile 2009 è stato fornito un elenco esclusivo, che non permette di assimilare a quelle sopra indicate borse diverse.
Gli assegni di ricerca esenti IRPEF
Ai sensi dell’art. 22 della Legge n. 240/10, sono esenti dall’IRPEF gli assegni per attività di ricerca scientifica erogati dai seguenti enti:
- Università;
- Istituzioni e enti pubblici di ricerca e sperimentazione;
- ENEA;
- ASI;
- Istituzioni il cui diploma di perfezionamento scientifico è stato riconosciuto equipollente al titolo di dottore di ricerca ai sensi dell’art. 74, co. 4, del DPR n. 382/80 (es. Scuola normale superiore di Pisa, Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste).
Applicazione delle ritenute di acconto
Il sostituto di imposta che eroga il reddito è chiamato ad operare le ritenute a titolo di acconto IRPEF, ai sensi dell’art. 24, co. 1 del DPR n. 600/73. L’applicazione della ritenuta deve avvenire nel momento del relativo pagamento (con obbligo di rivalsa), a titolo di acconto IRPEF sulla quota imponibile del reddito (con le modalità previste per i redditi da lavoro dipendente). Le ritenute devono essere versate entro il giorno 16 del mese successivo a quello di erogazione dei compensi utilizzando il modello F24, utilizzando il codice tributo 1001. In relazione alle somme corrisposte, il sostituto d’imposta, deve provvedere a rilasciare la relativa Certificazione Unica.
Regime previdenziale
Ai sensi del comma 26 dell’articolo 2 della Legge n. 335/95, sono esclusi dall’obbligo di iscrizione presso l’apposita Gestione separata presso l’INPS “… i soggetti assegnatari di borse di studio, limitatamente alla relativa attività“. L’esclusione prevista nella citata disposizione ha subito una parziale limitazione per effetto dell’articolo 1 della Legge n. 315/98. Tale norma prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 1999, le somme concesse per la frequentazione ai corsi di dottorato di ricerca sono soggette all’iscrizione alla Gestione Separata INPS. L’imponibile contributivo è pari all’ammontare della borsa erogata per la frequenza al corso di dottorato di ricerca.
I beneficiari di queste somme sono pertanto tenuti, entro trenta giorni dalla comunicazione dell’ammissione ai corsi di dottorato da parte dell’università a presentare domanda di iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS. Al termine dei corsi di dottorato gli stessi dovranno, ove non abbiano intrapreso altra diversa attività per la quale siano dovuti i contributi nella stessa Gestione separata, comunicare la relativa data di cessazione. Per quanto riguarda gli adempimenti cui sono tenuti gli enti erogatori si segnala:
- L’obbligo di versare l’intero ammontare del contributo, alla scadenza del giorno 16 del mese successivo a quello nel quale viene erogato, completamente o parzialmente, l’importo della borsa di studio;
- La presentazione delle denunce trimestrali degli emolumenti corrisposti tramite il modulo GLA/D, entro il mese successivo al trimestre di riferimento o, in caso di denuncia su supporto magnetico, entro il secondo mese successivo allo stesso trimestre. Sui medesimi modelli, i beneficiari devono essere contraddistinti dal codice “18“, appositamente istituito per il dottorato di ricerca.
Borse di studio e compensi a professori di fonte estera
Un ipotesi sempre più frequente è quella che vede il percepimento di somme a titolo di borse di studio estere da parte di residenti (fiscalmente) in Italia. Pensa al caso di un contribuente italiano, spostato all’estero per svolgere attività di ricerca o docenza presso istituti privati o pubblici all’estero (es. università). In questi casi si è solito domandarsi quale sia il corretto regime fiscale applicabile al reddito percepito all’estero.
Il principale problema che si pone è costituito dall’ipotesi concorrenza impositiva dei diversi Stati. Mi riferisco allo Stato che ha elargito il reddito (Stato della fonte), e quello di residenza fiscale del soggetto percettore (Stato della Residenza). Per fortuna questo tipo di problematica è quasi sempre risolto tramite le convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dall’Italia con i vari Paesi esteri. Convenzioni che trovano applicazione di volta in volta in ragione della residenza dell’ente erogante e della residenza fiscale del soggetto percettore. Date le fattispecie che possono configurarsi, per la molteplicità delle variabili in gioco, si impone, nei fatti, un analisi circostanziata di ogni singolo caso in ragione delle peculiarità contenute nelle convenzioni con i diversi Stati di cui l’Italia è parte.
Criteri di territorialità dei redditi relativi a borse di studio a studenti (art. 21 modello OCSE)
L’art. 21, co. 1 del modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni si occupa di definire i criteri di territorialità previsti per la tassazione delle borse di studio erogate a studenti. Tale disposizione prevede che:
Possiamo, quindi, riassumere che sono soggette a tassazione anche le somme percepite all’estero da contribuenti residenti in Italia. Questo, a meno che non sia applicabile una delle previste ipotesi di esenzione. La regola generale di tassazione in Italia, salvi i casi di esenzione, si applica anche sulla base del citato art. 21, co. 1 del modello OCSE, il quale prevede che:
- Se un soggetto residente in Italia soggiorna per motivi di studio in un altro Stato contraente e la borsa di studio è pagata da un soggetto residente nel nostro Paese (o da un Paese terzo), è tassabile soltanto in Italia;
- Se la borsa di studio è pagata da un soggetto residente nello Stato estero di soggiorno, quest’ultimo può tassare il reddito ma il contribuente deve dichiararlo anche in Italia e chiedere il credito per imposte pagate all’estero.
Convenzioni sottoscritte dall’Italia
Per gli studenti, ad esempio, la tassazione nel Paese di residenza è prevista nelle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con la Francia, la Germania, il Regno Unito e gli Stati Uniti. Convenzioni ove è previsto che se un contribuente residente in Italia soggiorna per motivi di studio in uno degli Stati esteri considerati e la borsa di studio è pagata da un soggetto residente nel nostro Paese, è tassabile soltanto in Italia. La metodologia utilizzata per l’eliminazione della doppia imposizione è, quindi, quella dell’esenzione. Ferme le condizioni elencate, se la borsa di studio percepita rientra nelle fattispecie speciali di esenzione, non ci sarà alcun obbligo di dichiarazione ed imposizione in nessuno dei due paesi.
Credito per imposte estere in caso di doppia tassazione
Al contrario, nel caso in cui la borsa di studio sia erogata da un soggetto residente nello Stato estero di soggiorno, quest’ultimo ha facoltà di tassare tale reddito. Inoltre, lo studente è chiamato a dichiarare anche in Italia tale reddito. Questo chiedendo l’applicazione del credito per imposte estere. Procedura analoga a quanto avviene per i redditi da lavoro dipendente per evitare la doppia imposizione (giuridica del reddito). In questa ipotesi, la metodologia utilizzata per l’eliminazione della doppia imposizione consiste nell’attribuzione del credito d’imposta per le imposte versate a titolo definitivo all’estero, e, fino a concorrenza dell’imposta dovuta nel paese di residenza.
Il credito d’imposta deve essere chiesto a decorrere dall’anno in cui le imposte all’estero sono state pagate a titolo definitivo. In alternativa, deve essere recuperato in sede di conguaglio fiscale da parte del soggetto erogante. Naturalmente, il credito di imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi italiana (quadro CE del modello Redditi P.F.).
Criteri di territorialità dei redditi da attività di professori e ricercatori (art. 20 del modello OCSE)
La seconda casistica è quella che riguarda l’attività di professori e ricercatori che ricevono borse di studio. In questo caso occorre fare riferimento all’articolo 20, comma 1, del Modello di convenzione OCSE. In questo caso la remunerazione che il professore o ricercatore percepisce per l’insegnamento o la ricerca è tassata solo nel Paese di residenza per i primi due anni. Per questo, quindi, è importante individuare la residenza fiscale del professore o ricercatore per capire se deve essere tassato nello Stato ove svolge l’attività (se ivi ha spostato residenza fiscale) oppure nello Stato di partenza (Italia), qualora ivi abbia mantenuto la sua residenza fiscale.
Ai sensi dell’art. 20, infatti, è prevista, una esenzione da tassazione nel Paese in cui l’attività è svolta (stato ospitante) per un massimo di due anni. Tale esenzione è subordinata alla permanenza nello Stato estero del ricercatore o docente per lo stesso periodo di tempo. La finalità della disposizione è, infatti, quella di andare ad agevolare docenti e ricercatori che soggiornano all’estero per un periodo limitato di tempo al fine di andarvi a svolgere l’attività di insegnamento o ricerca. Nel caso in cui, tale permanenza permanga per un periodo di tempo superiore ai due anni, per svolgere attività alle dipendenze della stessa università, non è possibile riconoscere l’esenzione in commento.
Vedasi, sul punto, la risposta ad interpello n. 56/E/2023, la quale ha fornito importanti chiarimenti anche per il computo dei due anni. Questo periodo, infatti, va a decorrere dal primo giorno in cui il ricercatore si trova nello Stato estero per svolgere l’attività di ricerca, e non dal periodo precedente in cui il soggetto si trovi nello stesso territorio per scopi diversi. Tuttavia, è consigliabile leggere con attenzione la convenzione al fine di individuare la casistica applicabile.
Chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria
Tassazione di somme di fonte Svizzera corrisposte a ricercatore
L’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 171/E/2020 ha fornito chiarimenti sulla posizione di un ricercatore che è stato residente in Svizzera. Questi è poi rientrato in Italia ricevendo una borsa di studio erogata dal Fondo Nazionale Svizzero della durata di 18 mesi. Sul punto occorre effettuare una piccola precisazione, ma di fondamentale importanza in questa analisi.
L’Amministrazione finanziaria analizza la normativa convenzionale tra l’Italia e la Svizzera, rilevando come ai sensi dell’art. 20 della Convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra i due Paesi (ratificata con la legge 23 dicembre 1978, n. 943): “Le somme che uno studente o un apprendista il quale è, o era prima, residente di uno Stato contraente e che soggiorna nell’altro Stato contraente al solo scopo di seguire i suoi studi o di attendere alla propria formazione professionale, riceve per sopperire alle spese di mantenimento, d’istruzione o formazione professionale, non sono imponibili in questo altro Stato a condizione che tali somme provengano da fonti situate fuori di detto altro Stato“.
Pertanto, la borsa di studio percepita da un residente in uno Stato contraente (Svizzera) per soggiornare nell’altro Stato (Italia) non deve essere assoggettata a tassazione in questo altro Stato (Italia), se erogata da un Ente non appartenente a quest’ultimo. Ciò resterebbe vero a condizione che il trasferimento in Italia da parte dell’interessato sia avvenuto al fine di seguire i suoi studi o di attendere alla propria formazione professionale. Per cui, nel caso in esame, la borsa di studio percepita dal contribuente è stata ritenuta esente da imposta a condizione che l’interessata abbia trasferito la propria residenza fiscale in Italia con lo specifico l’obiettivo di svolgere l’attività di ricerca per la quale le veniva riconosciuto il contributo.
Tassazione dei compensi a professori e ricercatori provenienti dagli Stati Uniti
L’Agenzia delle Entrate è tornata ad approfondire il tema della tassazione e dei criteri di collegamento per le borse di studio estere. In particolare, con la Risoluzione n. 173/E/20 sono emersi chiarimenti circa la tassazione di una borsa di studio erogata dagli Stati Uniti d’America. La questione riguarda un contribuente fiscalmente residente in Italia che ha ricevuto una borsa di studio da parte di una Organizzazione intergovernativa per lo svolgimento di attività di ricerca presso un’Università USA, per 12 mesi (estendibili fino a 24). Oltre a questo veniva riconosciuto un ulteriore trattamento economico integrativo.
Ferma restando la ordinaria imponibilità delle erogazioni percepite dai contribuenti ivi fiscalmente residenti, l’Agenzia delle Entrate evidenzia come in determinate ipotesi previste dalla legge detti redditi possano considerarsi esenti. In dettaglio, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che sono esenti IRPEF le borse di studio erogate (vedasi la Risoluzione n. 109/E/2009) e le ipotesi già indicate nei paragrafi iniziali di questo contributo.
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate, avendo chiesto parare anche al Ministero dell’Università e della Ricerca, ha indicato che la borsa di studio in commento non potesse essere esente. Infatti, costituendo le ipotesi di esenzione fiscale delle eccezioni alla regola di imponibilità delle borse di studio, dette deroghe non potrebbero ricevere alcuna interpretazione “estensiva” o “analogica” tale da ricomprendere casi non espressamente contemplati dalla legge.
Art. 20 della Convenzione con gli USA
A questo punto l’Agenzia delle Entrate ha verificato se a diversa soluzione potesse giungersi in applicazione della Convenzione contro le doppie imposizione in vigore tre l’Italia e gli Stati Uniti. In questo caso, l’art. 20 della Convenzione tra Italia e Stati Uniti per evitare le doppie imposizioni (ratificata con Legge n. 20/09) prevede che: “Un professore od un insegnante che soggiorna temporaneamente in uno Stato contraente per un periodo non superiore a due anni allo scopo di insegnare o di effettuare ricerche presso una università, collegio, scuola od altro istituto d’istruzione riconosciuto, o presso una istituzione medica finanziata principalmente dal Governo e che è, o era immediatamente prima di tale soggiorno, residente dell’altro Stato contraente, è esente, per un periodo non superiore a due anni, da imposizione nel primo Stato contraente per le remunerazioni relative a tali attività di insegnamento o di ricerca“.
Dalla disposizione convenzionale viene dedotto che il contribuente che, pur restando fiscalmente residente in Italia, svolga attività di ricerca negli Stati Uniti, percependo la relativa borsa di studio, beneficia della esenzione sui predetti redditi nel Paese ospitante, vale a dire negli Stati Uniti, ma non anche in Italia, dove continuerà a tassare detti redditi. Alla stessa soluzione l’Amministrazione finanziaria arriva per quanto riguarda il trattamento economico integrativo riconosciuto al contribuente, non essendo questo coperto da alcuna disposizione convenzionale che limiti il potere impositivo dell’Italia.
Tassazione dei compensi di professori e ricercatori: il caso della Germania
L’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 56/E/2023 è tornata a fornire importanti chiarimenti sulla tassazione di professori e ricercatori all’estero. Il caso oggetto di interpello è quello di un assistente di ricerca (residente in Italia), il quale ha stipulato, dapprima, un contratto di lavoro dipendente con un’università tedesca, e poi, un contratto di lavoro dipendente con la medesima università della durata di due anni.
Il lavoratore ha svolto, in parte attività in modalità smart working dall’Italia, mentre successivamente si è trasferito in Germania. Sul punto, la disposizione di riferimento è l’art. 21 della Convenzione Italia-Germania (rubricato “Insegnanti”), il quale prevede che: “una persona fisica che, su invito sia di uno Stato contraente che di un’università (…) soggiorna in tale Stato contraente per un periodo non superiore a due anni al solo scopo di insegnare, di tenere dei corsi o di svolgere ricerche (…) e che è un residente dell’altro Stato contraente o lo era immediatamente prima di soggiornare nel primo Stato, è esente da imposta in quest’ultimo Stato, relativamente alle remunerazioni che percepisce per tali attività, a condizione che tali remunerazioni provengano da fonti situate al di fuori di detto Stato”.
L’Agenzia, in relazione alla questione ha chiarito che, considerato il fatto che la parte iniziale dell’attività lavorativa si è svolta in Italia in modalità smart working, non è possibile per il ricercatore usufruire dell’esenzione da tassazione in Germania. Di fatto, quindi, mantenendo la residenza fiscale in Italia, il reddito percepito è soggetto a tassazione concorrente ex art. 15 paragrafo 1 della Convenzione in essere tra i due paesi. Rimane, in ogni caso, la possibilità di poter usufruire in Italia del credito per imposte assolte all’estero secondo quanto previsto dall’art. 24 paragrafo 2 lett. a) della Convenzione e dell’art. 165 del TUIR.
Indicazione dei compensi imponibili in Italia
Le borse di studio che non sono esenti, ed i compensi imponibili di professori e ricercatori, secondo quanto abbiamo detto sinora, devono essere dichiarati in Italia. Tali redditi se di fonte estera, sono soggetti a tassazione concorrente, ex art. 15, par. 1 del modello OCSE. Resta ferma la possibilità di poter fruire del credito per imposte assolte all’estero, ex art. 24 del modello OCSE e dell’art. 165 del TUIR.
I compensi percepiti devono essere, in tal caso, indicati all’interno del quadro RC del modello Redditi Persone fisiche (o modello 730). Tali redditi godono delle detrazioni spettanti ai lavoratori dipendenti con particolari fattispecie. Con maggiore dettaglio, il numero dei giorni da indicare nel rigo RC6, colonna 1, è quello compreso nel periodo dedicato allo studio (anche se relativo ad anni precedenti) per il quale è stata concessa. Pertanto, possono verificarsi diverse casistiche. In particolare:
- Se la borsa di studio è stata erogata per il rendimento scolastico o accademico, la detrazione spetta per l’intero anno;
- Se, invece, è stata corrisposta in relazione alla frequenza di un particolare corso, spetta per il periodo di frequenza obbligatoria prevista.
Nel quadro CE del modello Redditi PF, invece, deve essere indicato il credito per imposte estere relativo alle imposte estere eventualmente versate a titolo definitivo nello Stato estero ove il ricercatore ha percepito la borsa di studio. Affinché l’imposta estera venga considerata “definitiva” si rende necessaria la presentazione della dichiarazione nel Paese estero di percepimento del reddito.
Obblighi di monitoraggio fiscale
I ricercatori italiani all’estero che mantengono la residenza fiscale italiana devono adempiere agli obblighi connessi al monitoraggio fiscale delle attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero. In questi casi, solitamente, l’attività finanziaria da segnalare è il conto corrente estero sul quale vengono accreditati gli importi intercorrenti con l’ente/università estera. In questi casi, superando i limiti previsti dalla norma (vedi “Ivafe: imposta patrimoniale sulle attività finanziarie estere“) per i contribuenti si rendono applicabili gli obblighi relativi al monitoraggio fiscale (quadro RW), nel caso classico in cui l’importo della borsa di studio venga accreditato in apposito conto corrente aperto nel paese estero.
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Infografica riepilogativa
![Borse di studio italiane ed estere](https://fiscomania.com/wp-content/uploads/2019/02/Borse-di-studio-italiane-ed-estere-410x1024.jpg)
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