Cosa non hanno detto Nordio e Piantedosi su Almasri
Perché non mi hanno convinto le tesi dei ministri Nordio e Piantedosi. L'opinione di Stefano Feltri, curatore di Appunti.
Perché non mi hanno convinto le tesi dei ministri Nordio e Piantedosi. L’opinione di Stefano Feltri, curatore di Appunti
Il principale argomento di Nordio è il seguente: c’era un errore grave nella prima versione del mandato della Corte penale internazionale contro Almasri e quindi il governo italiano, anzi il ministero della Giustizia, non poteva confermare quell’arresto alla Corte d’appello di Roma.
Nordio sostiene che nella prima versione del mandato d’arresto della Corte, quella trasmessa a Roma il 20 gennaio, Almasri è accusato di atroci delitti commessi in quanto responsabile della prigione di Mitiga, vicino Tripoli.
Ma in due parti diverse del provvedimento la Corte indica prima che questi delitti sono stati commessi tra 15 febbraio 2015 e il 2 ottobre 2024, mentre nelle conclusioni il tempo del reato continuato è diverso, cioè tra 15 febbraio 2011 e 2 ottobre 2024.
Nordio parla di “incertezza assoluta” sui delitti commessi. E poi, quasi con un colpo di scena, presenta l’argomento per lui definitivo: il 28 gennaio la Corte penale internazionale si è riunita e ha corretto il mandato di arresto, riconoscendo i suoi errori.
Inoltre, Nordio aggiunge quasi come se fosse un elemento ridondante, in quella versione rivista del mandato d’arresto è contenuta l’opinione dissenziente di una giudice che contesta la scelta della Corte di chiedere l’arresto di Almasri e dunque conferma che il governo italiano aveva ragione a opporsi al fermo del torturatore libico.
Ora, l’argomento di Nordio ha un problema di logica interna evidente.
Se Almasri è stato un torturatore e uno stupratore di bambini tra 2015 e 2024, questo dovrebbe essere più che sufficiente per confermare l’arresto. Che non è una condanna, ma la premessa per un processo.
L’eventuale incertezza su cosa possa aver fatto tra 2011 e 2015 non è certo decisiva. Sarebbe come sostenere che un accusato di nove omicidi deve essere rilasciato perché non c’è certezza su un possibile decimo omicidio nel quale potrebbe essere coinvolto.
Dunque, una linea di difesa assurda da parte del ministro della Giustizia. Ma che è anche pretestuosa, visto che non esiste alcuna incertezza sulle date dei presunti crimini di Almasri.
Il periodo dei suoi crimini al quale si riferiscono le denunce delle vittime è 15 febbraio 2015 – 2 ottobre 2024.
C’è stato un mero errore materiale nella compilazione della prima versione del mandato di arresto dovuto a una singolare coincidenza di giorno e mese.
Il 15 febbraio 2011 è la data dalla quale inizia la competenza della Corte penale internazionale, sulla base di una risoluzione dell’Onu, per giudicare i crimini commessi in Libia, uno Stato che non riconosce la convenzione di Ginevra che regola i crimini di guerra e contro l’umanità.
In pratica l’Onu ha deciso che la Corte può inseguire e processare i criminali libici anche se la Libia non ha dato questo mandato alla Corte. La prima versione del mandato di arresto di Almasri parla di crimini dal 15 febbraio 2011, dunque dall’inizio della competenza della Corte, e non dal 15 febbraio 2015, data dei primi crimini denunciati del capo della prigione di Mitiga.
Una minuzia, insomma, prontamente corretta. E che nulla c’entra con l’opinione in disaccordo della giudice Socorro Flores Liera che nella sua opinione in dissenso contesta il fatto che la giurisdizione della Corte risulti di fatto priva di limiti temporali, ma non i punti sollevati da Nordio. Anzi, premette nelle prime righe che Almasri è accusato di reati commessi tra 2015 e 2024.
Quindi, Nordio si inventa una questione che non esiste. Ma soprattutto costruisce una versione completamente fasulla: il ministero, infatti, non ha mai risposto alla Corte d’appello che chiedeva di validare il fermo di Almasri, arrestato dalla Digos a Torino su richiesta dell’Interpol prima di consultare il ministero della Giustizia.
Se il ministero aveva una opinione così netta sugli errori nel mandato, perché non l’ha comunicata? La risposta è che non ce l’aveva affatto.
L’intera versione di Nordio si regge infatti sulle discrepanze tra il mandato di arresto nella prima versione e quella rivista dalla Corte il 24 gennaio, dunque quando Almasri era già stato scarcerato e rimpatriato in Libia con un volo di Stato dei servizi segreti italiani.
Dall’informativa di Nordio e da quella del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi apprendiamo anche che l’intera linea difensiva della prima ora del governo è diventata insostenibile.
All’inizio, l’esecutivo aveva detto che non era stato informato dell’arresto di Almasri, e che era un po’ strano che la Corte penale avesse chiesto l’arresto all’Interpol proprio quando Almasri era arrivato in Italia, dopo aver attraversato vari Paesi europei. Quasi ci fosse il disegno di complicare i rapporti tra Italia e Libia.
Apprendiamo invece da Piantedosi che il ministero dell’Interno era stato informato delle intenzioni della Corte penale su Almasri già il 18 gennaio al pomeriggio, prima ancora che la richiesta di arresto venisse formalizzata all’Interpol.
E anche il ministero della Giustizia è stato informato: alle 13.47 di domenica 19 gennaio, ce lo dice Nordio, con una mail informale. Viene comunicato l’arresto di Almasri poche ore dopo che è stato effettuato.
Le carte complete arrivano al ministero il 20 gennaio alle 14.40. La scarcerazione della Corte d’Appello avviene il 21 gennaio.
Nordio sostiene due cose opposte.
La prima è che era difficile farsi un’idea del contenuto della documentazione della Corte penale internazionale perché “in lingua inglese”. Sembra che al ministero non riescano a padroneggiare documenti in inglese senza prima tradurli in italiano, e questo richiede tempo, perché si può immaginare che se hanno problemi con l’inglese li abbiano anche con strumenti rapidi di traduzione come ChatGpt.
Eppure Nordio sostiene anche che, dopo aver ricevuto la traduzione, ha analizzato in modo approfondito le carte e ha scoperto quell’errore sulle date che lo ha spinto a non convalidare l’arresto. Tutto questo in un giorno.
La fragile impalcatura difensiva di Nordio è poi abbattuta ulteriormente dal collega di governo Piantedosi che aggiunge elementi che poco c’entrano con la versione appena ascoltata dal ministro della Giustizia.
Il ministro dell’Interno ha deciso l’espulsione di Almasri non per un vizio di forma nel mandato di arresto, quell’errore che secondo Nordio giustificava la scarcerazione, ma perché il libico era pericoloso. E poi, e qui c’è l’unico momento di sincerità del dibattito, perché c’era da tutelare “l’interesse nazionale”.
Quell’accenno all’interesse nazionale sembra c’entrare poco con l’approccio diciamo così garantista di Nordio: Almasri è stato liberato per ragioni politiche, cioè per non compromettere i rapporti con le fazioni libiche di Tripoli delle quali il capo della prigione di Mitiga è esponente di primo piano, non perché fosse ingiustamente inseguito dalla Corte penale internazionale.
Piantedosi ci tiene però a precisare che non si tratta di un ricatto da parte dei libici ma di una scelta consapevole del governo italiano.
Almasri era pericoloso, ed era rilevante per l’interesse nazionale. E questo è ovvio, perché neppure Nordio contesta la legittimità di perseguirlo per i crimini di guerra e contro l’umanità dei quali è accusato per il periodo 2015-2024.
(Estratto da Appunti)