Vi spiego il flop dell’informatizzazione del processo penale
I dilemmi della giustizia italiana tra flop informatici e separazione delle carriere. L'intervento di Balducci
I dilemmi della giustizia italiana tra flop informatici e separazione delle carriere. L’intervento di Balducci
In questi giorni il pianeta giustizia ha attirato l’attenzione dei media per due fatti: il flop dell’informatizzazione del processo penale e il superamento della prima tappa parlamentare della riforma Nordio, caratterizzata prevalentemente dalla separazione delle carriere dei procuratori e dei magistrati giudicanti. Temiamo che nel dibattito pubblico stiano sfuggendo due aspetti tecnici – se si vuole di dettaglio – che, peraltro, hanno una importanza che va oltre il caso della Giustizia e investe tutte le istituzioni del Paese. Qui di seguito cercherò di esporli succintamente.
Nel dibattito sul flop del lancio del processo penale ci si è quasi esclusivamente soffermati sugli aspetti comici del flop. Poca attenzione si è data alle cause del flop e quel poco di attenzione che le cause hanno suscitato si è sostanzialmente risolto in una critica alla superficialità di chi ha affrontato il problema e nella richiesta di conoscere quale sia la ditta responsabile del flop per poterla additare al pubblico ludibrio.
Non ci si rende conto che il flop della digitalizzazione del processo penale va fatto risalire al capitolato d’appalto che, evidentemente, non si è basato su di una opportuna analisi sistemica. Qui il problema è molto serio: si tratta della più assoluta assenza di cultura digitale di base nel personale delle nostre istituzioni pubbliche. Digitalizzare non significa acquisire hardware e software ma implica ridisegnare il modo di lavorare quotidiano. Tutto questo comporta la necessità, non solo di reingegnerizzare le singole attività, ma anche e soprattutto la necessità di avere una visione integrata e sistemica dei flussi di gestione dei dati in modo da garantire il coordinamento delle varie componenti e in modo da permettere in futuro aggiornamenti che mal si integrino con quanto già fatto.
Il flop non ha sorpreso i tecnici. La carenza di un approccio sistemico si evidenzia già dal fatto che il processo civile, quello amministrativo e quello penale procedono su binari separati. Nel processo civile peraltro sono totalmente assenti manuali operativi che indichino ai singoli utenti (magistrati, cancellieri, avvocati) come concretamente usare il sistema!
IL PNRR spinge per una digitalizzazione a tappe forzate delle nostre amministrazioni. Orbene l’assenza di analisi sistemica e di reingegnerizzazione preventiva, per quanto riesco a vedere, è la prassi generalizzata. Di fatto, nelle varie amministrazioni, si sta assistendo in piccolo a tanti miniflop che assomigliano a quello del processo penale. Trattandosi di miniflop attirano poco l’attenzione dei media. In particolare si stanno cristallizzando informaticamente una infinità di prassi assurde. La speranza è che il flop della digitalizzazione del processo penale sensibilizzi tutti sulla necessità di far precedere l’introduzione dell’informatica da una rigorosa analisi sistemica. Analisi sistemica su cui si deve basare il capitolato d’appalto.
La separazione delle carriere di magistrato inquirente e magistrato giudicante potrebbe non essere sufficiente per ottenere quello che si cerca di ottenere: la libertà del magistrato giudicante di decidere secondo scienza e coscienza. Il Ministro Nordio, nella presentazione del progetto di riforma, ha giustamente detto che il nostro magistrato oggi non è libero di decidere come ritiene opportuno perché è imbrigliato in una rete di rapporti correntizi. Qui ci si dovrebbe chiedere che cosa dia alle correnti il potere di imbrigliare il singolo magistrato.
Per quello che posso vedere c’è un micro-meccanismo che rende tutto questo possibile: la possibilità che attualmente il CSM ha di trasferire d’imperio un magistrato per “incompatibilità ambientale”. Sostanzialmente, se un magistrato giudicante esprime una sentenza non in linea con l’opinione correntizia prevalente viene sanzionato con un trasferimento “punitivo”, in modo da creargli non pochi problemi.
Qui si devono fare due riflessioni. Innanzi tutto un appello al Ministro Nordio affinché si accerti che questo piccolo dettaglio non sopravviva anche dopo la sua riforma. In secondo luogo va notato che quello di non poter esprimere il proprio parere è non solo il contrario di una qualunque magistratura indipendente, ma è un male che di cui sono infettare tutte le nostre istituzioni. La reazione prevalente a chi osa talvolta azzardarsi, negli uffici, ad avanzare delle proposte migliorative è sistematicamente: “qui si è fatto sempre così”.
Ne sanno qualcosa i nostri Esperti Nazionali Distaccati (END) che, dopo aver trascorso qualche anno in enti sovranazionali o internazionali (UE, OCSE, ONU etc.), una volta rientrati in Italia vengono emarginati semplicemente perché gli stili professionali che hanno appreso durante il loro distacco stridono con le prassi nostrane notevolmente meno efficaci. Anziché approfittare delle espetianza maturata altrove e farsi fertilizzare da essa si emarginano quelli che potrebbero dare un contributo positivo.