Chi e come si agita su Unicredit-Commerzbank
Tutte le ultime novità su Unicredit-Commerzbank commentate da Giuseppe Liturri
Tutte le ultime novità su Unicredit-Commerzbank commentate da Giuseppe Liturri
Decisamente non è partito bene l’anno per Andrea Orcel e le mire espansionistiche del gruppo Unicredit su Commerzbank e Banco Bpm.
Sul fronte Banco BPM, a dicembre è arrivato l’esposto alla Consob da parte dell’AD Giuseppe Castagna, che lamenta che l’offerta pubblica di scambio (OPS) sia stata finalizzata esclusivamente a influenzare e rallentare l’operatività della banca con la «passivity rule». Esattamente quanto avevamo ipotizzato in una nostra prima lettura della vicenda, aderendo all’autorevole interpretazione del Financial Times.
Qualche giorno fa sono poi arrivate le indiscrezioni (Messaggero, Ansa) sulla presentazione di un altro esposto all’Antitrust (AGCM) in cui si denuncia come l’OPS lanciata da Unicredit rappresenti una «killer acquisition» cioè un’operazione finalizzata ad eliminare un concorrente scomodo.
Da ultimo, è arrivato l’annuncio di un probabile esercizio da parte del governo del “golden power”. Quando l’operazione sarà notificata, il governo avrà 45 giorni di tempo per esprimersi ufficialmente.
Come se non bastasse, lunedì il presidente del consiglio di sorveglianza di Commerzbank, Jens Weidmann, ha lanciato, in un’intervista al quotidiano Handelsblatt un paio di bombe di profondità contro il progetto di Orcel, che ne esce forse definitivamente affondato.
In Italia quelle parole sono state rilanciate ponendo l’accento prevalentemente su temi come «la mancanza di stile» dell’approccio di Orcel («come un qualsiasi rapporto: se non ha successo all’inizio, sarà difficile. Nelle fusioni, è importante che il management parli prima tra loro in uno spirito di fiducia e sviluppi un’intesa comune. Unicredit ha deciso di non farlo e ci ha sorpreso con il suo ingresso. Non è un buono stile»).
Quello che è passato invece relativamente sotto silenzio è l’affermazione davvero dirompente circa l’importanza della sovranità bancaria. Con due parole Weidmann ribalta anni di stantia retorica sulla grandezza delle banche e sulla necessità di aggregazioni, anche transfrontaliere. Il buon Jens ci passa sopra come un Caterpillar. Infatti, ci fa sapere che «dopo la crisi si è molto discusso sull’evitare che le banche siano troppo grandi per fallire […] dubito che un istituto molto grande, in cui talvolta le decisioni vengono prese da lontano, possa servire i propri clienti meglio di una banca come Commerzbank, che tradizionalmente è vicina ai propri clienti». Dopo aver fatto l’esempio delle due banche Hvb e Bank Austria per alludere a cosa significhi finire in un grande gruppo, evidentemente non soddisfatto, ha precisato che «per la sovranità tedesca è più vantaggioso avere due banche private».
Ci mancava solo che inneggiasse alle piccole Landesbanken o Sparkassen (l’equivalente delle nostre Bcc) per magnificarne il ruolo sul territorio e la vicinanza alle imprese.
Non avremmo saputo trovare parole migliori per descrivere i danni causati dal mito della “banca grande” alla ricerca di mitologiche economie di scala (nel sogno di raggiungere i giganti del risparmio USA, da cui ci separano distanze siderali). A Weidmann piace la “grande banca”, presente sul territorio, e con i centri decisionali vicini a famiglie e imprese.
Finisce così, smaltito nei rifiuti indifferenziati, anche l’appello alla concentrazione bancaria formulato da Mario Draghi nel suo ultimo rapporto sulla competitività europea. A Weidmann piacciono le banche con focus sui rispettivi mercati nazionali e con catene di controllo non troppo lunghe. E l’Unione bancaria? Come detto, non ci azzecca nulla con le fusioni transfrontaliere.
Se Orcel è capace di fare due operazioni strategicamente e finanziariamente efficaci per Unicredit, tenendo conto che lo Stato, in questo specifico caso non è solo un regolatore, ma anche un attore di mercato e azionista che ha propri specifici interessi, le faccia, superando gli ostacoli che non poteva non conoscere sin dall’inizio e che ora si stanno materializzando. Altrimenti non invochi giustificazioni “nobili e alte” al suo eventuale insuccesso. Anche a quelli bravi capita talvolta di sbagliare.