The Brutalist, la Recensione del film con Adrien Brody

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Feb 6, 2025 - 10:42
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The Brutalist, la Recensione del film con Adrien Brody

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A cura di Serena Cramerotti

Da oggi al cinema trovate The Brutalist, nuovo film di Brady Corbet che torna sul grande schermo con il suo terzo lungometraggio dopo The Childhood of a Leader e Vox Lux, rimarcando la sua vocazione ai film non convenzionali con scelte stilistiche di linguaggio, narrazione e sperimentazione tanto potenti da rendere i film delle vere e proprie esperienze sensoriali. Con la sua ultima creatura, come un moderno dottor Frankenstein, sfida se stesso cimentandosi in un’opera ambiziosa e mastodontica.

The Brutalist, già vincitore del Leone d’Argento al Festival di Venezia nel 2024 per la miglior regia, si porta a casa anche tre Golden Globes incantando il pubblico per ben 215 minuti di esperienza immersiva e complessa più intervallo. Un countdown di 15 minuti che è parte integrante del film, realizzato su una fotografia d’epoca diegetica come sfondo, complice della volontà di rievocare le proiezioni del passato. Ecco quindi la nostra recensione di The Brutalist.

The Brutalist, la Trama

Quando l’architetto visionario László Toth e sua moglie Erzsébet lasciano l’Europa per ricostruire la loro eredità e assistere alla nascita dell’America moderna, le loro vite prendono una svolta inaspettata grazie a un misterioso e facoltoso cliente. L’affascinante industriale Harrison Van Buren offre a László e alla sua famiglia il Sogno Americano su un piatto d’argento, incaricandolo di progettare un maestoso monumento modernista e contribuire a modellare il paesaggio del paese che ora chiama casa.

Sarà l’opera più ambiziosa della sua carriera, un’impresa che porterà László ed Erzsébet a toccare vette straordinarie e ad affrontare cadute devastanti.

The Brutalist, la Recensione

The Brutalist è un rimando ai classici del cinema americano che emerge grazie e soprattutto dall’uso del formato Vista Vision 70mm nato negli anni ‘50 con Paramount regalando una resa visiva fluida ed elegante valorizzandone le immagini. La meravigliosa fotografia di Lol Crawley perfeziona poi il tutto grazie al particolare gioco di luci e controluci e alla scelta di colori saturi e intensi, permettendoci di fluttuare in un alone di antichità atavica.

Adrien Brody è lo scheletro polanskiano che riprende vita dove Il Pianista si concludeva, regalandoci un’altra intensa e strabiliante interpretazione che fa presagire un secondo e sacrosanto Oscar. Questa volta l’Olocausto è alle sue spalle o per meglio dire simbolicamente sulla sua pelle; lo percepiamo nei movimenti farraginosi, lo riconosciamo nei suoi occhi smarriti. Nel piano sequenza iniziale il protagonista è appena arrivato a New York e il suo disorientato incedere tra la folla di immigrati in una bolla cupa e linguisticamente caotica sembra volutamente confezionato per dare la percezione di trovarci ancora in un campo di concentramento.

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Ed ecco materializzarsi a poco a poco la storia e la figura di László Tóth, architetto ungherese dal talento visionario che, dopo aver perso tutto in Europa, emigra in America con il suo volto scavato dalla Shoah in cerca di un futuro che gli restituisca la dignità e la speranza che la guerra gli ha sottratto. Il miraggio di un sogno americano che lo porterà a scontrarsi con le insidie di un terreno non accogliente come appare; l’ambiguità e la tensione costante di un capitalismo razzista e classista che acceca con scintillante premura per assoggettare e piegare a modo suo.

Un capitalismo incarnato al meglio dal ricco magnate dell’edilizia Van Buren, interpretato da un ammaliante Guy Pierce in una delle sue migliori interpretazioni, forse la più bella dopo Memento. Con una scenografia potente e una struttura narrativa lineare e classica Corbet ci introduce in un conflitto denso e corposo tra creatività e compromesso, un gioco di supremazia tra integrità e manipolazione artistica. Ed è qui che la sua architettura imponente e spietata diventa metafora di un uomo che non accetta di lasciarsi soffocare da una società mediocre.

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Gli edifici avanguardisti e radicali progettati da László Tóth non sono altro che il suo tentativo di sfidare il tempo e rappresentare una realtà senza compromessi, uno strumento che gli permette di riflettere il suo dolore interiore, le sue esperienze, le sue ambizioni, diventando la chiave di lettura di The Brutalist. Lo stesso titolo si riferisce al movimento brutalista, uno stile architettonico caratterizzato dall’uso di materiali grezzi e forme massicce volte a rappresentare una ricerca di autenticità nuda e cruda in un mondo dominato dall’apparenza e dal denaro.

La colonna sonora di Daniel Blumberg ansiogena e tensiva amplifica il senso di oppressione accompagnando László nel suo incubo e noi con lui. Altro tema centrale di The Brutalist che instilla il melodramma oltre la storia e quella profondità sentimentale che serve a smussare lievemente gli angoli spigolosi dell’architettura narrativa è il rapporto inizialmente epistolare con la moglie Erzsébet, che si scopre essere sopravvissuta insieme alla nipote solo dopo l’arrivo di László nel Nuovo Mondo.

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Un periodo di separazione in attesa del visto che consente loro di mettere alla prova un legame sicuramente forgiato dalle medesime avversità ma che si dimostra difficile da riconciliare una volta insieme a causa di esperienze e ferite diverse e di una distanza troppo lunga. Una distanza che ha permesso ad Erzsébet, interpretata da una penetrante Felicity Jones, di nascondere il suo indebolimento fisico causato dalla malnutrizione ma di non perdere determinazione. Una forza interiore che sosterrà il marito nella sua resistenza all’ipocrisia e che contribuirà, nonostante momenti di conflitti e incomprensioni, a costruire il pilastro su cui riedificare le proprie vite.

Reinterpretazione del romanzo “La fonte meravigliosa” di Ayn Rand, The Brutalist non è un semplice film ma un viaggio spietato e inesorabile, un’opera che sfida le convenzioni del cinema contemporaneo senza cercare nessun compiacimento ma anzi stimolando critiche e riflessioni.

The Brustalist, il Cast

  • Adrien Brody: László Tóth
  • Felicity Jones: Erzsébet Tóth
  • Guy Pearce: Harrison Lee Van Buren
  • Joe Alwyn: Harry Lee Van Buren
  • Raffey Cassidy: Zsófia
  • Stacy Martin: Maggie Lee Van Buren
  • Emma Laird: Audrey
  • Isaach de Bankolé: Gordon
  • Alessandro Nivola: Attila
  • Michael Epp: Jim Simpson
  • Jonathan Hyde: Leslie Woodrow
  • Peter Polycarpou: Michael Hoffman
  • Maria Sand: Michelle Hoffman
  • Salvatore Sansone: Orazio
  • Ariane Labed: Zsófia da adulta

The Brutalist, il Trailer

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