L’agrivoltaico e le potenzialità dei pannelli fotovoltaici verticali
L’agrivoltaico in Italia sta diventando una delle speranze nella corsa per rispettare i tempi della transizione energetica Ma visti gli ostacoli posti all’installazione del solare a terra nel nostro paese, riuscire a seguire le linee guida per le varie declinazioni di agrivoltaico (dall’usare solo un terzo del terreno fra i filari, fino al costruire “tettoie” […] The post L’agrivoltaico e le potenzialità dei pannelli fotovoltaici verticali first appeared on QualEnergia.it.
L’agrivoltaico in Italia sta diventando una delle speranze nella corsa per rispettare i tempi della transizione energetica
Ma visti gli ostacoli posti all’installazione del solare a terra nel nostro paese, riuscire a seguire le linee guida per le varie declinazioni di agrivoltaico (dall’usare solo un terzo del terreno fra i filari, fino al costruire “tettoie” con pannelli che seguono il sole sopra le colture) potrebbe essere un modo per fare grandi impianti a costi ragionevoli, ma ben più alti rispetto al normale FV a terra.
Non a caso il più esteso impianto FV in costruzione in Italia, quello EGP di Tarquinia da 170 MW, è appunto un agrivoltaico.
Pannelli verticali est-ovest?
Ma, come detto, ci sono varie tipologie di agrivoltaico. Una tra le più semplici, sebbene ancora poco diffusa in Italia, è quella con pannelli bifacciali, che sfruttano la radiazione solare da entrambi i lati e posti verticalmente sul terreno.
Installati come fossero una sorta di “siepe artificiale”, orientati con le facce in direzione est-ovest, in una configurazione che occupa pochissimo spazio, e permette di utilizzare, pur con una superficie solare non trascurabile, quasi tutto il terreno per coltivare ed evitando anche di ombreggiarlo quando il sole è alto.
Di questa configurazione si parlerà il 30 gennaio a Verona nel workshop “L’agrivoltaico verticale e bifacciale in Italia” organizzato da QualEnergia.it nell’ambito di Fieragricola Tech.
Ma quando si parla di FV verticale c’è sempre qualche dubbio. Infatti, la prima regola con il fotovoltaico in Italia è posizionare i moduli con un’inclinazione di circa 30° sul terreno e in direzione sud, così che ricevano più la luce proprio quando il sole è nel suo punto più alto. Pannelli verticali che guardano a est ed ovest sembrerebbero invece un’eresia, in genere poco ottimale.
In realtà le cose sono più complicate di così. È vero che un pannello verticale orientato est-ovest non riceve luce diretta proprio nel momento il cui il sole è sul sud e al massimo dell’altezza, però in quel momento, da noi, come in molti paesi, è anche quello in cui quasi tutti gli impianti FV producono al massimo e il costo dell’energia in borsa scende, arrivando anche a zero o quasi.
A meno di non avere contratti di vendita a prezzo fisso con privati o lo Stato, per spuntare prezzi migliori sul mercato bisognerebbe spostare la produzione solare più verso le ore del mattino o della sera, quando i prezzi salgono.
Ed è quello che fanno pannelli verticali est-ovest: quando il sole è basso e lontano dal sud, ricevono una radiazione più perpendicolare, producendo di più.
Il fotovoltaico verticale alle latitudine del nord
Questo è soprattutto vero d’estate alle alte latitudini, quando si hanno periodi di avvicinamento del sole verso ovest o di suo allontanamento dall’est, che durano molto di più che alle nostre latitudini. In quelle condizioni, diciamo dalla Germania in su, gli impianti FV verticali producono molto bene, compensando al mattino e alla sera quasi quanto perdono nelle ore centrali del giorno.
E alle nostre latitudini?
Qui il risultato è meno chiaro, ma un contributo arriva da una ricerca condotta in Danimarca dall’ingegnera dell’energia Marta Victoria dell’Università di Aarhus.
Insieme ai colleghi ha condotto uno studio pilota di un anno coinvolgendo due sistemi di agrivoltaico montati in un campo di grano invernale e trifoglio, per un totale di 44 kWp: uno inclinato a sud e l’altro con pannelli solari bifacciali verticali, così da valutare la loro produzione e l’effetto sul rendimento delle colture.
“Dopo un anno di funzionamento i pannelli verticali avevano una produzione media molto simile, di 914 kWh/kW contro i 1.048 kWh/kW dei pannelli inclinati, ma il profilo di produzione dei verticali corrispondeva meglio alla variazione giornaliera della domanda di elettricità danese, con maggiori volumi al mattino e nel pomeriggio, invece del consueto picco a mezzogiorno”, ha spiegato Victoria su Researchsquare.
“Inoltre – continua la ricercatrice – abbiamo constatato, confrontando i rendimenti agricoli dove erano installati i pannelli sperimentali con quelli dei terreni vicini senza pannelli, che entrambi i sistemi non infastidivano la crescita delle piante. Ma quelli verticali ne favorivano la resa di circa il 20% in più, riducendo l’impatto del vento, un compito normalmente svolto in Danimarca da siepi o teli”.
Insomma, questa prima parte della ricerca, ha confermato ciò che più o meno si sapeva sulla convenienza di questa configurazione agrivoltaica alle alte latitudini.
Usando i dati ottenuti da questo studio, e aggiungendo anche quelli di un impianto sperimentale con tracking solare monoassiale, Marta Victoria ha poi pubblicato un secondo studio su Progress in Photovoltaic per stimare il rendimento dei vari sistemi su scale diverse in tutta Europa, partendo dalla condizione che un impianto agrivoltaico debba permettere l’uso di almeno l’80% della terra disponibile.
I dati danesi hanno dimostrato che in questa condizione tutti e tre i sistemi ottengono circa 30 W di potenza solare per metro quadro di terreno agricolo occupato, anche se ovviamente la resa è diversa.
Con il tracking la generazione è maggiore di circa il 30 % rispetto ai pannelli fissi inclinati verso sud, e con una distribuzione della produzione più spostata verso la mattina e la sera, a fronte, però, di un costo di impianto considerevolmente più alto. D’altra parte, i pannelli verticali producono, sì, un 13% in meno rispetto a quelli fissi inclinati a sud, ma con costi minori e una produzione meglio distribuita durante la giornata.
L’agrivoltaico verticale alle più basse latitudini
Una volta ottenuti questi dati, la ricercatrice ha usato il modello per vedere cosa accada applicando i tre tipi di impianto in Belgio, Serbia, Polonia e Francia.
Come ci si aspettava, più ci si sposta a sud e meno il FV verticale produce, a causa di un forte calo nelle ore centrali rispetto ai pannelli fissi orientati a sud, non compensato a sufficienza dall’aumento di resa energetica durante le mattine e i pomeriggi estivi, più brevi rispetto alle alte latitudini.
In compenso in queste aree il tracking monoassiale è molto più produttivo, anche se non è detto che spostare la produzione al mattino o alla sera convenga sempre. Ci sono aree, come la Polonia, che non hanno ancora il “picco solare” di metà giornata, per cui per il momento i prezzi a mezzogiorno restano i più alti e, dunque, conviene ancora installare semplici impianti fissi inclinati in direzione sud.
Una sorprendente potenzialità
Infine, i ricercatori danesi hanno valutato la produttività teorica dei vari sistemi agrivoltaici in tutta Europa misurando l’estensione dei terreni più adatti, cioè quelli arabili o i pascoli piani. Si tratta di appezzamenti ben distribuiti ovunque, ma particolarmente abbondanti in Francia, Spagna e nell’Est. In Italia hanno un’elevata concentrazione nella Pianura Padana, in Sicilia e nella Puglia settentrionale.
Fatto questo riscontro, si sono incrociati i dati di superficie, con l’abbondanza di insolazione durante l’anno, così da valutare la produzione elettrica ottenibile in quelle aree con i tre sistemi FV considerati, rispettando il limite di 30 W di potenza solare per metro quadrato.
“È risultato che le regioni più vocate alla produzione agrivoltaica con questi tre sistemi sono la Spagna e la Francia Occidentale, oltre a certe aree dell’est Europa, come la Romania settentrionale”, ha spiegato Victoria che ha aggiunto che nelle regioni migliori, come quelle centrali spagnole, si ha una potenzialità di produzione solare dai terreni adatti perfino di 1.000 TWh l’anno, anche con i pannelli verticali.
Per esempio la Sicilia, usando pannelli verticali in tutti i migliori terreni agricoli per questi impianti, potrebbe generare circa 600 TWh/anno, il doppio della domanda italiana, e con il tracking monoassiale 800 TWh/anno. La Pianura Padana, rispettivamente circa 300 e 500 TWh/anno.
“In totale l’Ue, usando sui terreni più adatti moduli FV verticali bifacciali, potrebbe generare 71.500 TWh annui, 25 volte il suo fabbisogno elettrico. In altre parole, usando questo metodo semplice e poco invasivo anche solo su un trentesimo della sua superficie agricola, potrebbe produrre tutta l’energia elettrica che gli serve”, conclude la ricercatrice.The post L’agrivoltaico e le potenzialità dei pannelli fotovoltaici verticali first appeared on QualEnergia.it.