Intelligenza artificiale, il valore del mercato in Italia è 1,2 miliardi

Un solo dato non può spiegare in modo approfondito la dinamica di un fenomeno, ma può essere molto indicativo. E molto indicativo è il dato che attesta il boom del mercato dell’intelligenza artificiale in Italia nel 2024, il cui giro d’affari ha toccato quota 1,2 miliardi di euro, in aumento del 58% rispetto all’anno precedente. […] L'articolo Intelligenza artificiale, il valore del mercato in Italia è 1,2 miliardi proviene da Iusletter.

Feb 6, 2025 - 17:01
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Intelligenza artificiale, il valore del mercato in Italia è 1,2 miliardi

Un solo dato non può spiegare in modo approfondito la dinamica di un fenomeno, ma può essere molto indicativo. E molto indicativo è il dato che attesta il boom del mercato dell’intelligenza artificiale in Italia nel 2024, il cui giro d’affari ha toccato quota 1,2 miliardi di euro, in aumento del 58% rispetto all’anno precedente. Il fenomeno inizia dunque a farsi sentire anche in termini economici e riflette principalmente il salto in avanti delle sperimentazioni di Ai generativa, che rappresentano ora il 43% del valore complessivo (il restante 57% è costituito in prevalenza da soluzioni di machine learning tradizionali). L’ultima ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano – che sarà presentata oggi – delinea uno scenario che vede la percentuale di grandi imprese con un progetto attivo in ambito AI salita al 59% (la media europea è al 69%) e nel quale spiccano per livello di spesa i settori Telco & Media e Insurance, seguiti da Energy, Resource & Utility e Banking & Finance. Lo strappo in avanti più sostenuto l’hanno data però altri due comparti, Gdo & Retail e Pubblica Amministrazione: nel primo caso gli investimenti sono cresciuti negli ultimi dodici mesi del 60% mentre la Pa pesa per il 6% del mercato e vanta un incremento superiore al 100 per cento. Quanto agli ambiti di applicazione, la voce più importante (pari a un terzo del mercato complessivo ) riguarda i cosiddetti Data Exploration, Prediction & Optimization Systems, e cioè sistemi automatizzati di previsione della domanda o di identificazione di attività fraudolente.

Se è indiscutibile che le imprese italiane si stanno approcciando a questa tecnologia più lentamente rispetto ai principali Paesi europei, c’è però un doppio aspetto positivo da non trascurare: in oltre il 40% delle realtà di classe enterprise sono già presenti linee guida e regole per l’adozione dell’intelligenza artificiale e in molti casi è stata spesso integrata in modo esteso nei processi di business. «Abbiamo rilevato – spiega in proposito Giovanni Miragliotta, uno dei due direttori dell’Osservatorio – la presenza di soluzioni, che a tendere possono configurarsi come agenti Ai, nella pipe line di attività critiche come il marketing e le vendite. Un pezzo del processo, in altre parole, è stato affidato completamente alla macchina, con la supervisione dell’esperto umano». Nondimeno, il 65% delle organizzazioni già attive sul fronte dell’AI stga operando anche nel campo di quella generativa: il 53% delle grandi imprese, nel dettaglio, ha acquistato licenze di strumenti pronti all’uso (principalmente ChatGPT o Microsoft Copilot) e il 39% delle imprese che li impiegano hanno registrato un aumento della produttività (un ulteriore 48%, invece, non ha ancora valutato gli impatti).

Il vero tallone d’Achille della diffusione dell’AI in chiave aziendale chiama in causa ancora una volta le Pmi: sebbene il 58% si dichiari interessato al tema, solo il 7% delle piccole e solo il 16% delle medie imprese ha in essere progetti legati all’intelligenza artificiale, tramite un processo di sviluppo interno o grazie al supporto di fornitori esterni. Limitata è anche l’adozione tramite licenze di strumenti di Generative AI a basso costo e “ready to use”, che tocca l’8% delle aziende (per lo più le stesse che già lavorano con gli algoritmi tradizionali). Preoccupa, infine, il fatto che anche l’ecosistema delle start up dell’Ai fatichi, al momento, a crescere e attrarre investimenti. E se gli obiettivi alla base dei progetti delle Pmi sono coerenti con il processo di trasformazione digitale e riguardano l’efficienza operativa e la razionalizzazione dei processi produttivi, permane in generale il forte limite dell’immaturità in merito alla gestione dei dati. «Quello dei dati – ha osservato Miragliotta – è un problema annoso, che riflette la scarsa propensione a costruire un’adeguata infrastruttura digitale e che rischia di pregiudicare l’occasione aggiuntiva che offre l’Ai di utilizzare anche i dati non strutturati. E se è naturale che la piccola impresa sia indietro rispetto alla grande sotto il profilo dell’organizzazione dei processi, della qualità delle partnership con la comunità tecnico scientifica e delle disponibilità di investimento, la sensazione è che, a parte le eccezioni, non vi sia la giusta attenzione al tema». Al cospetto di numeri nel complesso buoni, c’è dunque una domanda che, a detta dell’esperto del Politecnico, è doveroso porsi: quale direzione vuole veramente intraprendere (anche in tema di talenti) il sistema Paese per scaricare a terra tutto il potenziale di questa tecnologia?

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