In ospedale, in carcere: la scuola oltre la scuola

Migliaia di studenti di tutte le età ogni mattinafannolezione senza andare a scuola. Sono quegli studenti ricoverati, per i quali sono attivate le sezioni ospedaliere, sono gli studenti che beneficiano dell’istruzione domiciliare perché, per fragilità certificate, non riesconoe non possono recarsi in aula; sono gli studenti in carcere, che siano in età di obbligo scolastico – quindi alloggiati negli Ipm, istituti penali minorili - o nella condizione di riprendere studi interrotti, o ancora di dare seguito ai propri studi iscrivendosi a corsi accademici. Situazioni differenti e differenti possibilità, pur nelle enormi e sempre diverse difficoltà ambientali, organizzative e – purtroppo – procedurali e burocratichedi cui anche questo tipo di scuola è vittima. Le lezioni in queste sedi non hanno l’agio, la durata, la cadenza e la progettazione cui si è abituati quando si pensa alla scuola, al contrario sono ridotte all’osso: obiettivi minimi, orario ridotto, poco tempo e poche possibilità per sedimentare i saperi, molta concretezza. Eppure, anche in questa offerta precaria e di difficile realizzazione, si trova del bene tanto che, se nei diversi istituti di istruzione ogni mattina l’attività didattica è avvertita con fatica e come un peso, in queste condizionilimite la scuola torna a riscoprire il suo ruolo più vivo e più vero. Nei penitenziari, così come nelle stanze della propria casa nella quale si è costretti per questioni cliniche o anche in un reparto ospedaliero, l’arrivo del docente è il momento più atteso della giornata e l’assenza della scuola diventa un dispiacere.In carcere l’istruzione e lo studio fanno parte del piano rieducativo e costituiscono il tempo del confronto e dell’emancipazione, pur tra le molte criticità ambientali, per la carenza di materiale, per gli spostamenti frequenti degli alunni da un carcere all’altro che impediscono un dialogo educativo più profondo dell’acquisizione delle conoscenze in gioco.Ecco che i libri tornato a essereelemento di unione: spesso gli albi illustrati – i libri senza parole e costituiti da immagini che si utilizzano anche nelle scuole materne – sopperiscono a difficoltà linguistiche che, altrimenti, porterebbero alla quasi totale incomunicabilità nelle celle e negli spazi comuni. Un libro come ponte relazionale, e una storia da raccontare per condividere emozioni e tempo tra persone ferite, non sempre disposte a ricominciare, ma alle quali va garantita l’opportunità di riflessione, di ripartenza, di ricostruzione. La scuola, quindi, per provare a sapere di più, per tentare di conoscersi, per rinfrancarsi e pensare a un dopo diverso e migliore.In ospedale, le situazioni sono una diversa dall’altra. Ci sono le lungodegenze per incidenti, per malattie, per interventi che richiedono ricovero e riabilitazione, ci sono le degenze più brevi epoi ci sono le degenze legate ai disturbi alimentari che ogni anno ingrossano le file della sezione ospedaliera di studenti – più spesso studentesse – che non ce la fanno più e hanno bisogno di cure specifiche – di ogni tipo - per riprendersi la propria vita, la propria età, la propria serenità. In ospedale la scuola è lo strumento per sentirsi agganciati alla quotidianità dei compagni, dei sani, di quei coetanei che fortunatamente non devono fare i conti con questioni più grandi, più gravi.La scuola è spesso avvertita come un elemento di ricatto da parte degli studenti che non ne intravedono l’utilità, e allo stesso modo è intesa da quei genitori che ne avvertono il peso sentendosi giudicati per l’andamento dei figli, per gli insuccessi, per le tensioni che la scuola provoca, a torto o inevitabilmente. Invece, quando non c’è più niente da perdere, quando la vita presenta questioni enormi e incandescenti, ecco che la scuola torna a essere una parte nobile dell’esistenza, strumento di riscatto per sentirsi vivi, per tornare quelli di prima, nella vita di prima, in quella di sempre, con nuova forza e consapevolezza. Anche la scuola peraltro, in condizioni limite, dà il meglio di sé: i voti non sono più l’argomento cardine, perché è messo a fuoco altro, perché i valori che contano – siano quelli trasmessi a lezione, siano quelli sanguigni da tenere sotto controllo – sono ben altri e ben più importanti. Non è una scuola senza voti, ma è un modello di scuola che di voti è fatta, ma che si impernia intorno ad altro. Ed è l’unico modo perché sia sostenibile, tra obblighi, vincoli e possibilità.E’ un dispiacere prendere atto che la scuola ritrovi il suo smalto migliore dove si sta male, perché significa che in condizioni di serenità non riesce a mostrarsi per quel che è o almeno può essere, cioè quell’incubatore di saperi, di idee, di democrazia, di dialogo, di fatica condivisa e di impegno che tanto bene fa all’uomo di ogni tempo.

Feb 6, 2025 - 10:27
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In ospedale, in carcere: la scuola oltre la scuola


Migliaia di studenti di tutte le età ogni mattinafannolezione senza andare a scuola. Sono quegli studenti ricoverati, per i quali sono attivate le sezioni ospedaliere, sono gli studenti che beneficiano dell’istruzione domiciliare perché, per fragilità certificate, non riesconoe non possono recarsi in aula; sono gli studenti in carcere, che siano in età di obbligo scolastico – quindi alloggiati negli Ipm, istituti penali minorili - o nella condizione di riprendere studi interrotti, o ancora di dare seguito ai propri studi iscrivendosi a corsi accademici. Situazioni differenti e differenti possibilità, pur nelle enormi e sempre diverse difficoltà ambientali, organizzative e – purtroppo – procedurali e burocratichedi cui anche questo tipo di scuola è vittima.

Le lezioni in queste sedi non hanno l’agio, la durata, la cadenza e la progettazione cui si è abituati quando si pensa alla scuola, al contrario sono ridotte all’osso: obiettivi minimi, orario ridotto, poco tempo e poche possibilità per sedimentare i saperi, molta concretezza. Eppure, anche in questa offerta precaria e di difficile realizzazione, si trova del bene tanto che, se nei diversi istituti di istruzione ogni mattina l’attività didattica è avvertita con fatica e come un peso, in queste condizionilimite la scuola torna a riscoprire il suo ruolo più vivo e più vero. Nei penitenziari, così come nelle stanze della propria casa nella quale si è costretti per questioni cliniche o anche in un reparto ospedaliero, l’arrivo del docente è il momento più atteso della giornata e l’assenza della scuola diventa un dispiacere.

In carcere l’istruzione e lo studio fanno parte del piano rieducativo e costituiscono il tempo del confronto e dell’emancipazione, pur tra le molte criticità ambientali, per la carenza di materiale, per gli spostamenti frequenti degli alunni da un carcere all’altro che impediscono un dialogo educativo più profondo dell’acquisizione delle conoscenze in gioco.Ecco che i libri tornato a essereelemento di unione: spesso gli albi illustrati – i libri senza parole e costituiti da immagini che si utilizzano anche nelle scuole materne – sopperiscono a difficoltà linguistiche che, altrimenti, porterebbero alla quasi totale incomunicabilità nelle celle e negli spazi comuni. Un libro come ponte relazionale, e una storia da raccontare per condividere emozioni e tempo tra persone ferite, non sempre disposte a ricominciare, ma alle quali va garantita l’opportunità di riflessione, di ripartenza, di ricostruzione. La scuola, quindi, per provare a sapere di più, per tentare di conoscersi, per rinfrancarsi e pensare a un dopo diverso e migliore.

In ospedale, le situazioni sono una diversa dall’altra. Ci sono le lungodegenze per incidenti, per malattie, per interventi che richiedono ricovero e riabilitazione, ci sono le degenze più brevi epoi ci sono le degenze legate ai disturbi alimentari che ogni anno ingrossano le file della sezione ospedaliera di studenti – più spesso studentesse – che non ce la fanno più e hanno bisogno di cure specifiche – di ogni tipo - per riprendersi la propria vita, la propria età, la propria serenità. In ospedale la scuola è lo strumento per sentirsi agganciati alla quotidianità dei compagni, dei sani, di quei coetanei che fortunatamente non devono fare i conti con questioni più grandi, più gravi.

La scuola è spesso avvertita come un elemento di ricatto da parte degli studenti che non ne intravedono l’utilità, e allo stesso modo è intesa da quei genitori che ne avvertono il peso sentendosi giudicati per l’andamento dei figli, per gli insuccessi, per le tensioni che la scuola provoca, a torto o inevitabilmente. Invece, quando non c’è più niente da perdere, quando la vita presenta questioni enormi e incandescenti, ecco che la scuola torna a essere una parte nobile dell’esistenza, strumento di riscatto per sentirsi vivi, per tornare quelli di prima, nella vita di prima, in quella di sempre, con nuova forza e consapevolezza. Anche la scuola peraltro, in condizioni limite, dà il meglio di sé: i voti non sono più l’argomento cardine, perché è messo a fuoco altro, perché i valori che contano – siano quelli trasmessi a lezione, siano quelli sanguigni da tenere sotto controllo – sono ben altri e ben più importanti. Non è una scuola senza voti, ma è un modello di scuola che di voti è fatta, ma che si impernia intorno ad altro. Ed è l’unico modo perché sia sostenibile, tra obblighi, vincoli e possibilità.

E’ un dispiacere prendere atto che la scuola ritrovi il suo smalto migliore dove si sta male, perché significa che in condizioni di serenità non riesce a mostrarsi per quel che è o almeno può essere, cioè quell’incubatore di saperi, di idee, di democrazia, di dialogo, di fatica condivisa e di impegno che tanto bene fa all’uomo di ogni tempo.