Perché ho espulso Almasri. Parla Piantedosi

Che cosa ha detto il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, nell'informativa al Parlamento sul caso Almasri

Feb 6, 2025 - 10:27
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Perché ho espulso Almasri. Parla Piantedosi

Che cosa ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nell’informativa al Parlamento sul caso Almasri. Il resoconto integrale

Dopo quanto riferito dal collega Nordio, mi soffermerò sulle questioni di mia più stretta competenza relative all’arresto e alla successiva espulsione del cittadino libico Najeem Osema Almasri Habish. Merita di essere preliminarmente precisato e sottolineato che il cittadino libico noto come Almasri non è mai stato un interlocutore del Governo per vicende che attengono alla gestione e al contrasto del complesso fenomeno migratorio e smentisco, nella maniera più categorica, che nelle ore in cui è stata gestita la vicenda il Governo abbia ricevuto alcun atto o comunicazione che possa essere anche solo lontanamente considerato una forma di pressione indebita assimilabile a minaccia o a ricatto da parte di chiunque, come è stato adombrato in alcuni momenti del dibattito pubblico sviluppatosi in questi giorni; al contrario, ogni decisione è stata assunta, come sempre, solo in base a valutazioni compiute su fatti e situazioni, anche in chiave prognostica, nella esclusiva prospettiva di tutela degli interessi del nostro Paese.

Come già detto al Senato, durante il question time del 23 gennaio scorso – precedenti occasioni in cui il Governo aveva già risposto in Parlamento sul caso in argomento – l’espulsione di Almasri è da inquadrare per il profilo di pericolosità che presentava il soggetto in questione nelle esigenze di salvaguardia della sicurezza dello Stato e della tutela dell’ordine pubblico, che il Governo pone sempre al centro della sua azione, unitamente alla difesa dell’interesse nazionale, che è ciò a cui lo Stato deve sempre attenersi nell’obiettivo di evitare, in ogni modo, un danno al Paese ed ai suoi cittadini. Ma è importante evidenziare la scansione dei fatti che si sono susseguiti: lo scorso 2 ottobre – 2 ottobre – il procuratore della Corte penale internazionale ha formulato una richiesta di mandato di arresto internazionale per la commissione da parte di Almasri di crimini di guerra e contro l’umanità quale membro delle forze speciali di deterrenza libiche in base a Mitiga; la Corte penale ha dato seguito a tale richiesta emettendo il mandato di arresto soltanto il 18 gennaio, quando Almasri si trovava in territorio italiano.

Evidenzio, altresì, che, prima di giungere in Italia, Almasri è transitato in diversi Paesi europei dove risulta essersi recato abitualmente anche in passato e come attestano i documenti di viaggio in suo possesso, tra i quali un passaporto della Repubblica della Dominica, che riporta, tra l’altro, un visto per gli Stati Uniti con validità di 10 anni a partire dal novembre scorso; il suo ultimo viaggio risale allo scorso 6 gennaio, quando, provenendo da Tripoli, è solo transitato da Fiumicino per dirigersi a Londra senza essere per questo sottoposto a controlli di frontiera in Italia.

Alla frontiera aerea londinese Almasri ha esibito il predetto passaporto dal quale risulta essere entrato, il successivo 13 gennaio, in area Schengen attraverso la frontiera francese con transito dal tunnel della Manica.

Il 15 gennaio una delle persone che lo accompagnava ha noleggiato un’autovettura a Bonn con restituzione prevista per il successivo 20 gennaio presso l’aeroporto di Fiumicino; e, sempre il 15 gennaio, nel tratto autostradale tra Bonn e Monaco, l’autovettura è stata sottoposta a controllo da parte della polizia tedesca, controllo durante il quale Almasri ha mostrato, tra l’altro, un biglietto ferroviario a suo nome da Londra a Bruxelles datato 13 gennaio, all’esito del quale la polizia tedesca non ha adottato alcun provvedimento.

Veniamo ora alle fasi più propriamente collegate alla richiesta di arresto di Almasri, che si intrecciano con la sua prolungata presenza in Europa e con le iniziative attivate dalla Corte penale internazionale attraverso i canali Interpol (Commenti della deputata Boldrini).

Credo sia di qualche rilievo evidenziare che risale al 10 luglio dell’anno scorso, ben 3 mesi prima della richiesta del procuratore del mandato di arresto, l’inserimento da parte della Corte, nei predetti canali, di una nota cosiddetta di diffusione blu, diretta solo alla Germania e non visibile agli altri Paesi, luglio scorso. Tale nota, nella codificazione del canale di comunicazione di Interpol, era finalizzata alla raccolta discreta di informazioni su dati e documenti di viaggio, telefoni e mezzi di pagamento, persone e contatti durante la presenza in Germania di Almasri, con richiesta, per le autorità tedesche, di informare immediatamente l’ufficio del procuratore della Corte penale internazionale.

La nota sottolineava, in particolare, la necessità di non mettere in allarme la persona e di non arrestarla, in quanto avente lo status di testimone. È appena il caso di aggiungere che il nominativo di Almasri veniva inserito nelle banche dati federali tedesche, per questa sorveglianza discreta, a partire dal 4 novembre 2024. Veniamo ora al 18 gennaio di quest’anno, quando la Corte penale estendeva la predetta nota di diffusione blu anche a Belgio, Regno Unito, Austria, Svizzera e Francia, e quindi non anche all’Italia. Nota che, ripeto, sempre secondo la codificazione descritta in precedenza, richiedeva, in caso di rintraccio, di non arrestare la persona.

Nel pomeriggio dello stesso giorno, qualche ora prima dell’emissione del mandato di arresto, l’esperto per la sicurezza presso l’ambasciata d’Italia all’Aja contattava il coordinatore dell’Unità crimini internazionali della Polizia criminale del Ministero dell’Interno, segnalando di avere ricevuto una richiesta di cooperazione da parte di un funzionario della Corte penale internazionale. Nella serata del 18 gennaio il funzionario della Corte forniva al citato coordinatore dell’Unità crimini internazionali i contatti dell’agente della Polizia criminale tedesca che aveva trasmesso alla Corte le informazioni sui possibili spostamenti del cittadino libico verso il territorio italiano.

Successivamente, lo stesso agente della Polizia tedesca trasmetteva all’Unità crimini internazionali una scheda riassuntiva degli accertamenti effettuati in Germania, ivi compreso il controllo su strada del 15 gennaio cui ho fatto prima riferimento. Ed è bene evidenziare che tutto questo accadeva mentre, all’interno dei più volte citati canali Interpol, non vi era ancora alcuna indicazione di arresto del cittadino libico e neanche alcun’altra indicazione specificatamente diretta all’Italia.

Ed è infatti solo alle ore 22,55 del 18 gennaio, cioè 3 giorni dopo il controllo del 15 e nella notte tra sabato e domenica, che la Corte penale internazionale chiedeva al Segretariato Generale Interpol di Lione di sostituire la nota di diffusione blu con una nota di diffusione rossa, ovvero contenente indicazioni per l’arresto, rivolta solo a questo punto anche all’Italia, unitamente agli altri Paesi, che, al contrario, erano stati già in precedenza investiti. E sempre nella notte tra sabato e domenica, e precisamente alle ore 2,33 del 19 gennaio, il Segretariato Generale Interpol validava la nota di diffusione rossa per l’arresto provvisorio e la successiva consegna alla Corte penale internazionale del cittadino libico.

A tale flusso informativo, tutto concentrato in poche ore, ha fatto seguito, indubbiamente, la tempestiva attività delle articolazioni centrali e territoriali della Polizia di Stato, che io voglio ringraziare (Applausi), perché la notevole professionalità e la spiccata capacità operativa del personale impegnato hanno consentito il rapido rintraccio e l’arresto di Almasri (Applausi). Più nel dettaglio, la sala operativa internazionale della Direzione centrale della Polizia criminale trasmetteva alla questura di Torino la nota di diffusione rossa Interpol, avendo rilevato, a seguito della consultazione della Banca Dati Interforze, che nella mattinata del 18 gennaio era stato effettuato a Torino un controllo di polizia nei confronti di un’autovettura con targa tedesca.

A bordo del veicolo c’erano, appunto, Almasri e 3 suoi concittadini, tutti precedentemente sconosciuti e nei confronti dei quali non pendeva alcun provvedimento restrittivo al momento del controllo. Sulla base di tali indicazioni della Polizia criminale, la questura di Torino effettuava un controllo nella banca dati alloggiati e verificava il soggiorno di Almasri presso una struttura alberghiera della città. Pertanto, alle ore 3 del 19 gennaio venivano inviati presso tale struttura equipaggi della DIGOS e della Squadra mobile, che procedevano alle ore 9,30, in questura, all’esecuzione del provvedimento di arresto richiesto dalla Corte penale internazionale (Applausi).

Nella circostanza venivano anche fermati gli altri 3 cittadini libici, successivamente deferiti alla locale procura della Repubblica in stato di libertà per il reato di favoreggiamento personale, poi espulsi con provvedimento del prefetto di Torino, previo nulla osta dell’autorità giudiziaria, e successivamente rimpatriati. Almasri era temporaneamente associato alla locale casa circondariale Lorusso e Cutugno e, quindi, messo a disposizione dell’autorità giudiziaria competente, ossia la corte di appello di Roma e la procura generale presso la corte di appello di Roma. Ad avvenuta esecuzione dell’arresto, la questura di Torino procedeva ad informare i soggetti e le autorità di rito.

Dopo la mancata convalida dell’arresto mi è apparso chiaro che si prospettava la possibilità che Almasri permanesse a piede libero sul territorio nazionale per un periodo indeterminato, che ritenevo non compatibile con il suo profilo di pericolosità sociale (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), come emergeva dal mandato di arresto e dalle risultanze di intelligence e forze di Polizia.

Per tali motivi, il 21 gennaio ho adottato un provvedimento di espulsione per motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato, ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del testo unico in materia di immigrazione, e ricordo che, dall’insediamento del Governo, sono stati ben 190 i provvedimenti di espulsione per motivi di sicurezza, dei quali 24 adottati ai sensi proprio dello stesso articolo 13, comma 1 (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d’Italia, Lega-Salvini Premier, Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE e Noi Moderati (Noi con l’Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro)-MAIE-Centro Popolare).

Il provvedimento è stato notificato all’interessato, che nella serata del 21 gennaio ha lasciato il territorio nazionale. La scelta delle modalità del rimpatrio, in linea con quanto avvenuto in numerosi analoghi casi anche in anni precedenti e con Governi diversi dall’attuale, è andata di pari passo con la valutazione effettuata per l’espulsione di Almasri. In buona sostanza, si è reso necessario agire rapidamente proprio per i profili di pericolosità riconducibili al soggetto e per i rischi che la sua permanenza in Italia avrebbe comportato, soprattutto con riguardo a valutazioni concernenti la sicurezza dei cittadini italiani e degli interessi del nostro Paese all’estero, in scenari di rilevante valore strategico, ma, al contempo, di enorme complessità e delicatezza.

La predisposizione dell’aereo già dalla mattina del 21 gennaio rientra tra quelle iniziative a carattere preventivo, e quindi aperte ad ogni possibile scenario (Commenti di deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra), ivi compresa l’eventuale necessità di trasferimento in altro luogo di detenzione, che spettano a chi è chiamato a gestire situazioni che implicano profili di tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico di tale rilevanza.

Ribadisco pertanto che, una volta venuta meno, su disposizione della corte d’appello di Roma, la condizione di restrizione della libertà personale, l’espulsione che la legge attribuisce al Ministro dell’Interno è stata da me individuata come misura, in quel momento, più appropriata per salvaguardare insieme la sicurezza dello Stato e la tutela dell’ordine pubblico; sicurezza dello Stato e tutela dell’ordine pubblico quali beni fondamentali che insieme costituiscono espressione di quella concezione dell’interesse nazionale la cui tutela è prerogativa e dovere di ogni Governo, e che noi consideriamo cruciale difendere in ogni campo (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d’Italia, Lega-Salvini Premier, Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE e Noi Moderati (Noi con l’Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro)-MAIE-Centro Popolare), e lo facciamo dalla complessa gestione dei flussi migratori alle correlate iniziative di cooperazione allo sviluppo, dalla tutela degli interessi economici nazionali in quadranti politici strategici alla, non da ultimo, sicurezza personale dei nostri concittadini all’estero.

E su questa linea, è bene saperlo, il Governo è fermo e continuerà ad agire, all’occorrenza, allo stesso modo: con determinazione, responsabilità e orgoglio, sempre e solo nell’interesse dell’Italia e dei suoi cittadini