Con atto di citazione ritualmente notificato, Parte 1 ha agito in giudizio nei confronti di Controparte 2 e Controparte 1 per ottenere il risarcimento in solido dei danni patrimoniali e non patrimoniali da essa subiti in conseguenza di un sinistro occorso in data 17.03.2015 che ha visto coinvolta una vettura di proprietà e condotta da Parte 1, assicurata per la r.c.a. con la Controparte 3 e un’autovettura di Controparte 2 e Controparte 1 anch’essa assicurata per la r.c.a. con la Controparte 3.
A seguito dell’incidente, Controparte 2 si è assunta nell’occasione l’intera responsabilità del sinistro stradale e, per l’appunto, nel modello CAI ha espressamente dichiarato “ho torto” a causa della circolazione su una corsia riservata all’opposto senso di circolazione, che ha causato un impatto frontale con l’autovettura condotta da Parte 1.
La Parte 1 ha esposto di aver residuato, in conseguenza del sinistro, postumi così quantificati dal C.T.P.:
- 17% del danno biologico permanente dovuto al trauma distorsivo del rachide centrale e alla rottura traumatica del tendine sovraspinato della spalla sinistra;
- Quanto alla inabilità temporanea, nella misura di 250 giorni di ITT, 55 giorni di ITP al 50%;
- Spese sanitarie pari a € 1.021,76;
- Offerta di assegno della compagnia assicurativa pari a € 4.350,00 comprensivo di onorari, spese mediche, danno biologico permanente e invalidità temporanea, ritenuti dall’attrice quale acconto sul maggior avere. Ha, dunque, concluso per chiedere il risarcimento de danno quantificato in € 68.631,76, somma al netto della decurtazione dell’importo ricevuto dalla compagnia assicuratrice in sede stragiudiziale.
Con riferimento agli artt. 145 e 148 cod. ass. priv., la giurisprudenza ormai consolidata tende per una interpretazione non formalistica dei requisiti ivi contenuti: è stato affermato, infatti, che “la costituzione in mora, anche ove non contenga tutti gli elementi previsti, purché le omissioni non pregiudichino per l’interlocutore la possibilità di avere contezza dei termini del contendere, deve ritenersi abbia raggiunto il suo scopo è quello di consentire una completa discovery dei dati utili alla valutazione della responsabilità”. Ne consegue che anche il combinato disposto degli artt. 145 e 148 cod. ass. priv., contrariamente a quanto ritenuto dalla convenuta, va interpretato alla luce del principio della validità degli atti comunque idonei al raggiungimento dello scopo ove la richiesta stragiudiziale di risarcimento difetti di elementi che, pur espressamente richiesti dalla legge, siano nel caso concreto superflui per accertare la responsabilità e stimare il danno (vd. anche Cass. civ. sez. VI n. 1756/22).
Dalla ricostruzione offerta dalla giurisprudenza, improntata a una lettura sostanziale e teologicamente orientata dell’art. 145, è evidente la finalità deflattiva del contenzioso finalizzata ad una risoluzione stragiudiziale della controversia basata sulla collaborazione tra danneggiato e assicuratore, giuridicamente sostanziatesi nel rispetto dei canoni della correttezza di cui all’art. 1175 c.c. e buona fede di cui all’art. 1375 c.c.
In base alla valutazione complessiva delle risultanze processuali, è stata ritenuta provata la verificazione dell’evento lesivo come prospettata dall’attrice, anche con riferimento alla attendibilità dei testi. All’esito delle osservazioni sollevate dalle parti, in particolare dalla compagnia assicuratrice convenuta che ha ritenuto sovrastimato il danno biologico per pregresso danno articolare alla spalla destra della attrice, il C.T.U. ha replicato la rilevante entità dell’evento con impatto avvenuta con grande forza specifica, il che ha permesso al perito stesso di confermare le valutazioni diagnostiche. Tali valutazioni hanno trovato conferma e riscontro nella documentazione sanitaria e nella espletata prova testimoniale e sono state considerate dal Tribunale coerenti e ben argomentate. È stata, pertanto, superata la presunzione di pari responsabilità ai sensi dell’art. 2054 comma 2 c.c. in accordo con l’orientamento giurisprudenziale secondo cui tale presunzione opera quale criterio di distribuzione della responsabilità in via sussidiaria ove le risultanze processuali non consentono di accertare in modo concreto la dinamica del sinistro e in quale misura la condotta dei due conducenti abbia cagionato l’evento lesivo.
Ai fini della quantificazione del danno alla persona, il Giudice ha ritenuto di fare riferimento alla consulenza medico-legale e dei parametri previsti per le lesioni micro-permanenti di cui all’art. 139 cod. ass. priv. vigenti al momento della decisione (cfr. Cass n. 11152/15). Pertanto, tale danno biologico è stato quantificato nella misura di € 8.710,80.
Non sono stati allegati né provati i presupposti per il riconoscimento dell’incremento del risarcimento standard a titolo di danno morale di cui all’art. 139 cod. ass. priv. (cfr. Cass. 6443/23 e Cass. 5547/24).
Nella sentenza è stato ricordato, come chiarito dalla Suprema Corte, che qualora, prima della liquidazione definitiva del danno da fatto illecito, il responsabile versi un acconto al danneggiato, tale pagamento va sottratto dal credito risarcitorio attraverso un’operazione che consiste:
- preliminarmente, nel rendere omogenei entrambi gli importi per poi detrarre l’acconto dal credito;
- infine, calcolando gli interessi compensativi finalizzati a risarcire il danno da ritardato adempimento, sull’intero capitale, per il periodo che va dalla data dell’illecito al pagamento dell’acconto, solo sulla somma residua dopo la detrazione dell’acconto rivalutato, per il periodo che va dal suo pagamento fino alla liquidazione definitiva (cfr. Cass. n.25099/17).
Dunque, in materia di risarcimento del danno da fatto illecito, qualora prima della liquidazione definitiva il responsabile versi un acconto al danneggiato, tale pagamento va sottratto dal credito risarcitorio non secondo i criteri di cui all’art. 1194 c.c. (applicabile solo alle obbligazioni di valuta e non invece a quelle di valore, qual è il credito risarcitorio da danno aquiliano), ma attraverso le seguenti operazioni:
- rendere omogenei il credito risarcitorio e l’acconto (devalutando entrambi alla data dell’illecito);
- detrarre l’acconto dal credito;
- calcolare gli interessi compensativi applicando un saggio scelto in via equitativa sull’intero capitale, rivalutato anno per anno, per il periodo che va dalla data dell’illecito al pagamento dell’acconto, rivalutata anno per anno, per il periodo che va da quel pagamento fino alla liquidazione definitiva.