Google Maps si inchina a Trump: il Golfo del Messico diventerà Golfo d'America

All’interno del Campidoglio è un continuo applaudire. Trump sta per annunciare l’inizio di una nuova età dell’oro. Ma bisogna saper scaldare gli animi per compensare il gelo di Washington. La mano sinistra del tycoon è salda sul palco, il volto è quello da attore incallito: “A breve cambieremo il nome del Golfo del Messico in Golfo d’America”. La platea si alza in piedi e approva. Dietro il neopresidente, la rappresentazione plastica del perché i democratici abbiano perso milioni di voti. Immobilismo e disprezzo per chi la pensa diversamente. Il volto incartapecorito di Biden e la irrefrenabile risata di Hillary Clinton. Ma il bello sta per iniziare. Ed ecco la raffica di decreti esecutivi per rendere l’America “great again”. “Tutto con una penna, tutto in pochi giorni”, scrive un preoccupato Walter Veltroni sul Corriere della Sera. “Quella penna è la testimonianza pericolosa di un problema reale: l’afasia delle democrazie, la frizione tra la lentezza delle procedure e la velocità della società digitale”. Eppure, è bastato un pennarello da cartoleria per convincere i giganti del tech a seguire Trump. Ieri in serata Google ha annunciato che ribattezzerà il Golfo del Messico in “Golfo d’America” sulle sue mappe. La nuova nomenclatura interesserà solamente i cittadini degli Stati Uniti. L’ azienda informatica si giustifica descrivendo la pratica come una consuetudine e sul social X non lascia spazio a dubbi: “Quando i nomi ufficiali variano tra i Paesi, gli utenti di Maps vedono il loro nome locale ufficiale. Tutti nel resto del mondo avranno a disposizione entrambe le denominazioni”. E per non farsi mancare nulla, anche la vetta più alta del Nord d’ America sarà trasformata: da Monte Denali a Mount Mckinley, in onore del 25° Presidente statunitense. Il Dipartimento degli Interni ha affermato di star lavorando affinché la modifica sia valida al più presto. Benvenuti nell’era Trump. Gli editoriali dei principali quotidiani si affrettano a trovare la definizione più giusta per la nuova strategia. L’Economist è convinto: si tratta della “madman diplomacy”. Il tycoon pazzo vede le relazioni internazionali come una lotta tra potenti in cui dall’adulazione si passa alla minaccia di vendette e dazi. Così un Golfo che per 400 anni è stato chiamato in un certo modo, adesso viene modificato con un colpo di inchiostro. Ma che la vera rivoluzione parta dal linguaggio è storia antica. E negli anni scorsi i progressisti di ogni latitudine lo avevano ben compreso. Parole permesse e vocaboli vietati, sessi ridefiniti a piacimento. Dibattito pubblico rinchiuso nel recinto del politicamente corretto. E a fare da guardia al pascolo vi erano proprio i super ricchi della Silicon Valley, pronti a censuare qualsiasi argomento in contrasto con l’ideologia dominante. Mondo orwelliano? In realtà qualcuno aveva anticipato lo scrittore britannico. Già molto tempo prima il giurista tedesco Carl Schmitt sentenziava: “Colui che detiene la potenza definisce anche parole e concetti”. Oggi è ancora così.

Gen 29, 2025 - 13:50
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Google Maps si inchina a Trump: il Golfo del Messico diventerà Golfo d'America


All’interno del Campidoglio è un continuo applaudire. Trump sta per annunciare l’inizio di una nuova età dell’oro. Ma bisogna saper scaldare gli animi per compensare il gelo di Washington. La mano sinistra del tycoon è salda sul palco, il volto è quello da attore incallito: “A breve cambieremo il nome del Golfo del Messico in Golfo d’America”. La platea si alza in piedi e approva. Dietro il neopresidente, la rappresentazione plastica del perché i democratici abbiano perso milioni di voti. Immobilismo e disprezzo per chi la pensa diversamente. Il volto incartapecorito di Biden e la irrefrenabile risata di Hillary Clinton. Ma il bello sta per iniziare. Ed ecco la raffica di decreti esecutivi per rendere l’America “great again”. “Tutto con una penna, tutto in pochi giorni”, scrive un preoccupato Walter Veltroni sul Corriere della Sera. “Quella penna è la testimonianza pericolosa di un problema reale: l’afasia delle democrazie, la frizione tra la lentezza delle procedure e la velocità della società digitale”. Eppure, è bastato un pennarello da cartoleria per convincere i giganti del tech a seguire Trump. Ieri in serata Google ha annunciato che ribattezzerà il Golfo del Messico in “Golfo d’America” sulle sue mappe.

La nuova nomenclatura interesserà solamente i cittadini degli Stati Uniti. L’ azienda informatica si giustifica descrivendo la pratica come una consuetudine e sul social X non lascia spazio a dubbi: “Quando i nomi ufficiali variano tra i Paesi, gli utenti di Maps vedono il loro nome locale ufficiale. Tutti nel resto del mondo avranno a disposizione entrambe le denominazioni”. E per non farsi mancare nulla, anche la vetta più alta del Nord d’ America sarà trasformata: da Monte Denali a Mount Mckinley, in onore del 25° Presidente statunitense. Il Dipartimento degli Interni ha affermato di star lavorando affinché la modifica sia valida al più presto. Benvenuti nell’era Trump. Gli editoriali dei principali quotidiani si affrettano a trovare la definizione più giusta per la nuova strategia. L’Economist è convinto: si tratta della “madman diplomacy”. Il tycoon pazzo vede le relazioni internazionali come una lotta tra potenti in cui dall’adulazione si passa alla minaccia di vendette e dazi. Così un Golfo che per 400 anni è stato chiamato in un certo modo, adesso viene modificato con un colpo di inchiostro. Ma che la vera rivoluzione parta dal linguaggio è storia antica.

E negli anni scorsi i progressisti di ogni latitudine lo avevano ben compreso. Parole permesse e vocaboli vietati, sessi ridefiniti a piacimento. Dibattito pubblico rinchiuso nel recinto del politicamente corretto. E a fare da guardia al pascolo vi erano proprio i super ricchi della Silicon Valley, pronti a censuare qualsiasi argomento in contrasto con l’ideologia dominante. Mondo orwelliano? In realtà qualcuno aveva anticipato lo scrittore britannico. Già molto tempo prima il giurista tedesco Carl Schmitt sentenziava: “Colui che detiene la potenza definisce anche parole e concetti”. Oggi è ancora così.