Gaza, Hamas fornisce a Israele i nomi dei tre ostaggi che libererà oggi: dopo un ritardo di 3 ore, scatta la tregua

Gaza, tregua Israele-Hamas: le ultime notizie La tregua tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza è entrata in vigore. Il cessate il fuoco è scattato con un ritardo di quasi tre ore, dovuto a un rallentamento da parte del gruppo terroristico palestinese nel fornire allo Stato ebraico i nomi dei primi ostaggi che saranno […]

Jan 19, 2025 - 11:25
Gaza, Hamas fornisce a Israele i nomi dei tre ostaggi che libererà oggi: dopo un ritardo di 3 ore, scatta la tregua

Gaza, tregua Israele-Hamas: le ultime notizie

La tregua tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza è entrata in vigore. Il cessate il fuoco è scattato con un ritardo di quasi tre ore, dovuto a un rallentamento da parte del gruppo terroristico palestinese nel fornire allo Stato ebraico i nomi dei primi ostaggi che saranno liberati.

La tregua è iniziata alle 11.15 ora locale (le 10.15 italiane) di oggi, domenica 19 gennaio, mentre era previsto che partisse alle 8.30 (le 7.30 italiane).

All’orario prestabilito Hamas non aveva ancora fornito a Israele l’elenco dei prigionieri prossimi al rilascio: il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva quindi dato ordine alle sue truppe di riprendere con i bombardamenti nella Striscia. Almeno una decina di palestinesi sarebbero rimasti uccisi nei raid di stamattina, di cui sei a Gaza City.

La situazione si è sbloccata intorno alle alle 10.30 ora locale (le 9.30 italiane), quando un portavoce di Hamas ha riferito su Telegram che il gruppo palestinese ha fornito a Israele i nomi dei primi tre ostaggi prossimi alla liberazione: Romi Gonen, 24 anni; Emily Damari, 28 anni; Doron Shtanbar Khair, 31 anni.

In un precedente post su Telegram, il gruppo terroristico palestinese aveva attribuito il ritardo a “ragioni tecniche e di campo”, ribadendo il proprio impegno nei confronti dei termini dell’accordo per il cessate il fuoco. Secondo Hani Mahmoud, reporter dell’emittente araba Al Jazeera a Gaza, i citati problemi tecnici potrebbero essere dovuti alle difficoltà di movimento e di comunicazioni nella Striscia causate dai continui attacchi israeliani.

Intanto, il partito di estrema destra israeliano Potere ebraico esce dal Governo in protesta contro l’accordo per il cessate il fuoco: i tre ministri del partito, tra cui il leader Itamar Ben-Gvir (ministro della Sicurezza nazionale), si sono dimessi.

Tregua a Gaza, cosa succede oggi

L’accordo per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas – raggiunto nei giorni scorsi a Doha con la mediazione di Qatar, Egitto e Stati Uniti – interrompe la controffensiva lanciata dallo Stato ebraico dopo il raid terroristico del 7 ottobre 2023 ad opera del gruppo palestinese in territorio israeliano. Da allora quasi 47mila palestinesi sono rimasti uccisi e oltre 100mila sono stati feriti nei raid dell’Idf sulla Striscia di Gaza.

Nel pomeriggio di oggi – non prima delle 16 ora locale – dovrebbe iniziare il progressivo rilascio degli ostaggi israeliani da parte di Hamas, parte dell’intesa raggiunta nei giorni scorsi a Doha tra l’organizzazione terroristica palestinese e lo Stato ebraico con la mediazione di Qatar, Egitto e Stati Uniti.

L’accordo prevede una tregua iniziale di sei settimane con il graduale ritiro delle forze israeliane dalla Striscia e il rilascio di 33 ostaggi israeliani da parte di Hamas in cambio della liberazione di 734 prigionieri palestinesi detenuti da Israele. Secondo quanto trapelato ieri sulla stampa israeliana, Tel Aviv si aspetta che dei 33 ostaggi che saranno liberati solo 25 siano ancora vivi.

Cosa prevede l’accordo per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas

Il piano concordato si articola in tre fasi, ciascuna di 42 giorni, di cui solo la prima è pienamente definita. In questa prima fase è previsto il rilascio di 33 dei 98 ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas: minori, donne civili, soldatesse, anziani e malati. In cambio, Israele libererà 734 prigionieri palestinesi e le sue truppe si ritireranno da diverse aree della Striscia, dove agli sfollati sarà permesso di tornare, aumentando al contempo il volume degli aiuti umanitari verso Gaza.

A Il Cairo, in Egitto, sarà insediata una sala operativa congiunta per verificare il rispetto dell’accordo, che includerà rappresentanti di Egitto, Qatar, Stati Uniti, Israele e Palestina.

Se la prima fase dell’intesa dovesse essere portata a termine, allora, nel sedicesimo giorno dall’entrata in vigore dell’accordo, Tel Aviv inizierà i negoziati per la seconda fase, in cui dovrebbero essere liberati gli altri ostaggi rimasti, una sessantina tra militari e uomini in età di leva, e per il ritiro delle proprie truppe dal resto della Striscia.

In questo periodo tra la prima e la seconda fase, Israele dovrebbe continuare a mantenere il controllo del cosiddetto “Corridoio di Filadelfi”, lungo il confine tra Gaza e l’Egitto, e ad adottare una serie di “misure di sicurezza” per i civili residenti nella parte meridionale della Striscia, che proveranno a tornare nel nord del territorio costiero palestinese.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha già fatto sapere che, qualora i negoziati sulla seconda fase dell’intesa fallissero, l’esercito dello Stato ebraico tornerà a combattere intensamente sulla Striscia. Il premier sostiene di aver ricevuto “garanzie inequivocabili” in tal senso dagli Stati Uniti.

Nella terza fase dell’accordo, Israele e Hamas dovrebbero concordare un piano di ricostruzione per la Striscia e una nuova struttura di governo sotto la supervisione di Egitto, Qatar e Nazioni Unite. Le truppe di Israele andranno a occupare una zona cuscinetto al confine tra il territorio costiero palestinese e Israele, sulle cui dimensioni si sta ancora discutendo.