Idroelettrico a rischio per la mancanza di neve, il mercato delle rinnovabili vacilla
Senza neve e investimenti a causa delle concessioni scadute, l'idroelettrico è esposto al rischio siccità come gli scorsi anni
L’idroelettrico italiano sta soffrendo la mancanza di neve in montagna. Nel settore si utilizza una metrica, lo Swe, per calcolare quanti metri cubi d’acqua sono stoccati in alta montagna sotto forma di manto nevoso. Nei primi mesi del 2025, questo fattore si attesta attorno alla metà della media storica.
Senza investimenti la seconda fonte di energia rinnovabile italiana potrebbe non avere abbastanza risorse per funzionare correttamente anche in un possibile futuro periodo di siccità. Ma l’afflusso di fondi verso i progetti di ammodernamento del settore è bloccato dal fatto che le Regioni non hanno ancora completato l’assegnazione, tramite gara delle concessioni, delle centrali idroelettriche.
Manca la neve per far funzionare l’idroelettrico
La Fondazione Clima ha certificato che a dicembre 2024 in Italia era caduto quasi il 40% in meno di neve rispetto alla media storica. Un problema che riguarda anche il settore idroelettrico italiano. Nonostante i bacini siano pieni, soprattutto nel nord del Paese, difficilmente le centrali potrebbero funzionare a pieno regime in caso di siccità nel 2025. La situazione nelle principali regioni è difficile:
- Lombardia: 20% della capacità idroelettrica italiana, 48% di neve in meno rispetto alla media storica;
- Trentino-Alto Adige: 17% della capacità idroelettrica italiana, 40% di neve in meno rispetto alla media storica;
- Piemonte: 14% della capacità idroelettrica italiana, 52% di neve in meno sulla rispetto alla storica.
L’idroelettrico è ancora importantissimo per la produzione di energia da fonti rinnovabili in Italia. Secondo il bilancio energetico per il 2024 di Terna, la società che gestisce la rete elettrica italiana, il 31,7% della domanda di energia nel nostro Paese è stato soddisfatto da fonti rinnovabili lo scorso anno. La fornitura viene per il 32,3% dall’eolico, ma al secondo posto c’è proprio l’idroelettrico che con il 26,8% supera di più di sei punti percentuali il solare.
Tra le tre principali fonti rinnovabili solo l’idroelettrico può garantire una qualche forma di sicurezza energetica e di capacità di stoccaggio dell’energia, sotto forma di acqua conservata nei bacini alpini, mentre eolico e solare dipendono direttamente dal clima. Senza investimenti però, la mancanza di precipitazioni nevose potrebbe mettere in difficoltà l’intero settore, come accaduto negli anni di siccità al Nord, tra il 2022 e il 2023. Al momento i fondi rimangono bloccati dalla mancata assegnazione delle concessioni.
A che punto sono le concessioni idroelettriche
L’Italia deve adeguarsi a una norma europea del 2011 che impone che le concessioni per lo sfruttamento delle centrali idroelettriche siano messe a gara. Una norma simile a quella che imporrebbe la messa a gara delle concessioni balneari e che sta incontrando simili resistenze. Nel 2021 l’Italia ha legato il rispetto di questa norma all’assegnazione di alcuni dei fondi del Pnrr e l’Ue ha archiviato la procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese. L’obbligo di adeguarsi a questa norma europea quindi rimane in vigore.
Un fattore che complica la situazione è che, secondo la legge italiana, a occuparsi dell’idroelettrico dovrebbero essere le Regioni. Gli enti locali procedono però in ordine sparso. La Lombardia è l’unica regione ad aver avviato le gare, che assegneranno le concessioni entro la fine del 2025. In Piemonte Iren ha presentato un piano per il rinnovo di quelle scadute. In Trentino la giunta ha prorogato unilateralmente le concessioni fino al 2029 e lo Stato ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale, che deve ancora esprimersi a riguardo.
Senza l’adeguamento di tutte le Regioni alla norma europea, i fondi del Pnrr rimarranno bloccati e potrebbero dover essere riconsegnati. Questo comprometterebbe una parte degli investimenti previsti per il settore e lo esporrebbe ulteriormente ai cambiamenti climatici.