Con gli sci d’alpinismo sulla Cima delle Pale Rosse. Il racconto di Meridiani Montagne
Sul numero 132 della rivista, dedicato al Gran Zebrù e alla Valfurva, un ampio articolo è dedicato alla salita su una delle più gratificanti vette della zona. Tra rifugi storici, vestigia della Grande Guerra e scenari di rara bellezza L'articolo Con gli sci d’alpinismo sulla Cima delle Pale Rosse. Il racconto di Meridiani Montagne proviene da Montagna.TV.
Sono numerosi, e molto gratificanti, gli itinerari scialpinistici nell’area del Gran Zebrù, la vetta a cui Meridiani Montagne ha dedicato il numero 132 attualmente in edicola. Luoghi dove si respirano le atmosfere dell’alta quota in un contesto naturale di rara bellezzacome quelli descritti nell’articolo scritto per la rivista da Umberto Isman che si è spinto fino alla Cima delle Pale Rosse facendosi accompagnare da Robert Antonioli, già campione del mondo di scialpinismo e ancora oggi tra gli atleti di punta della nazionale azzurra. Un’escursione che consente di rivivere anche importanti pagine di storia, alpinistica e non. Come quelle raccontate dal Rifugio Pizzini-Frattola, in realtà sorto nel 1888 con il nome di Capanna Cedeh o dalle installazioni della Prima Guerra mondiale che si osservano anche in prossimità della vetta.
Ecco qualche breve passaggio dell’articolo di Umberto Isman dal titolo Bianche visioni
…Parto dal rifugio dei Forni, quello che a metà Ottocento era la “casa dell’oste del Ghiacciaio dei Forni”, dove già si poteva soggiornare, e poi, dal 1886, l’albergo al Ghiacciaio dei Forni, utilizzato durante la Prima guerra mondiale come base delle truppe alpine. Dal parcheggio (riservato) del rifugio, seguendo la comoda mulattiera che dopo due ripidi tornanti si fa più pianeggiante, entro in Val Cedec e con un lungo traverso raggiungo il rifugio Pizzini-Frattola, dove passerò la notte. Anche questo rifugio vanta una storia piuttosto complessa…
In partenza dal rifugio Pizzini-Frattola
… Lasciamo il Pizzini, quando gli scialpinisti diretti al Gran Zebrù sono già tutti in marcia, i primi sotto il canale che porta al Passo della Bottiglia. A noi, il Gran Zebrù, interessa soprattutto vederlo, fotografarlo, girargli intorno, comprenderne l’orografia. Robert e Vittorio sono le guide perfette. Attraverso la Vedretta del Gran Zebrù raggiungiamo il Col Pale Rosse (3379 m), dove togliamo gli sci. Il toponimo ha origine dalla conformazione a “pale” delle rocce circostanti e dal loro colore. Siamo sulla linea del fronte della Grande Guerra, verso sudovest il territorio era presidiato dagli italiani, mentre a nordest la cresta tra Ortles e Cevedale ospitava le postazioni austro-ungariche. I resti delle baracche sono ancora visibili…
Il magnifico belvedere sul Gran Zebrù
…Al colle, ci concediamo una sosta per godere della splendida visione dell’imponente parete sud-sudovest del Gran Zebrù. Lungo quest’ultima, sale il Canale delle Pale Rosse, una delle vie di accesso più belle e dirette alla cima. Ci fermiamo a osservarlo e lo apprezziamo in tutta la sua lunghezza. In salita lo si percorre con ramponi e piccozza e in discesa, condizioni permettendo, è uno dei più ambiti itinerari di sci ripido della zona. Percorriamo a piedi l’aerea cresta che ci separa dalla Cima Pale Rosse, facile ma delicato tratto alpinistico. Dalla vetta, a 3446 metri di quota, si spalanca il panorama: alla nostra destra la selvaggia Val Zebrù e sotto i nostri piedi si sviluppano i resti di gallerie e baraccamenti costruiti dagli Alpini. Alpini come Robert, ma in due dimensioni temporali lontane, con sfide e destini incredibilmente diversi: oggi Robert può scegliere il pendio più ripido, più bello, e sciare divertendosi fino a fondovalle…
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