Bagman – La Recensione: era meglio il lupo mangia frutta
ATTENZIONE! La recensione contiene SPOILERS del film Bagman. Il folklore è un bacino praticamente inesauribile di storie, in grado di offrire personaggi e immaginari che riflettono le paure e le speranze delle società che li hanno creati. Uno di questi personaggi è il Bagman, una figura che varia nei dettagli da una tradizione all’altra ma… Leggi tutto »Bagman – La Recensione: era meglio il lupo mangia frutta The post Bagman – La Recensione: era meglio il lupo mangia frutta appeared first on Hall of Series.
ATTENZIONE! La recensione contiene SPOILERS del film Bagman.
Il folklore è un bacino praticamente inesauribile di storie, in grado di offrire personaggi e immaginari che riflettono le paure e le speranze delle società che li hanno creati. Uno di questi personaggi è il Bagman, una figura che varia nei dettagli da una tradizione all’altra ma che condivide caratteristiche comuni: mistero, paura e ammonimento. La figura del Bagman è strettamente legata all’idea del raccoglitore di anime o del portatore di punizioni. Spesso descritto come un uomo che vaga con un sacco sulle spalle, il Bagman è rappresentato come un’entità che rapisce i malcapitati, soprattutto i bambini disobbedienti che non ascoltano i genitori. La sua funzione principale è quella di spaventare e disciplinare, trasmettendo un messaggio morale attraverso la paura.
In molte culture, il Bagman è l’incarnazione del castigo per chi non rispetta le regole e non si riduce necessariamente alla dimensione dell’infanzia. Rappresenta l’ignoto, un monito per non avventurarsi troppo lontano dai confini sicuri della società. Il suo sacco, in particolare, è carico di significati simbolici: può rappresentare il peso della colpa, il destino ineluttabile o l’idea del “non ritorno” per chi cade nelle sue grinfie.
Le origini della figura non sono facili da individuare, ma è probabile che si colleghino alle storie orali tramandate nel corso dei secoli. La sua immagine è spesso associata a un archetipo universale: il raccoglitore di anime, il portatore di punizioni, o colui che si occupa degli emarginati e dei ribelli. La semplicità del concetto – un uomo con un sacco – lo rende un simbolo facilmente comprensibile e adattabile a diverse culture.
Nel Medioevo europeo, il Bagman potrebbe aver avuto un parallelo nei racconti sul “Babau” o sul “Bogeyman”, figure che traevano il loro potere dall’oscurità.
Il buio, infatti, rappresenta una delle paure primordiali dell’essere umano ed è normale dunque che celi orrori innominabili. La figura dell’Uomo nero è un’idea così complessa e priva di una netta definizione spaziale e temporale da essere stata incline a molteplici reinterpretazioni. Il Babau italiano, la Babayaga russa sono solo alcuni dei nomi che il Boogeyman per eccellenza ha assunto nel corso del tempo, in svariate parti del mondo. Che cosa è l’Uomo nero? Esso non è altro che la rappresentazione fisica delle più recondite paure dell’uomo, nonché di quel vasto bacino di superstizioni legate all’oscurità e all’ignoto.
In altre parti del mondo, come l’America Latina, la figura del Bagman è diventata nota come “Hombre del Saco” (“l’uomo del sacco”), un predatore che rapisce i bambini per scopi misteriosi. La leggenda è particolarmente radicata in paesi come la Spagna e le sue ex colonie. Secondo questa tradizione, l’uomo è un emarginato che vaga per le strade alla ricerca di bambini da rapire, spesso come punizione divina per i loro peccati o come atto di disperazione da parte dell’uomo stesso. Un’altra figura affascinante che condivide parecchio con quella più comunemente nota del Boogeyman è El Coco, di cui vi parliamo qui.
Il cinema, che ogni tanto ci pensa a tirare fuori una o due storie dal folklore, anche quest’anno si rigetta nella mischia.
Ed effettivamente Bagman è un rischio non indifferente, considerato che quasi nessuno ne avrà mai sentito parlare. Una scelta quindi curiosa, ma non priva di potenziale, visto che meno persone conoscono la storia, più libertà ci si può effettivamente prendere. Peccato che Bagman non abbia alcuna idea degna di nota, scadendo ben presto nel già visto e già sentito. Almeno farà paura? No, gentili lettori e lettrici, purtroppo l’horror in questione di orrore ne riserva davvero ben poco.
Sam Claflin è il protagonista della pellicola diretta da Colm McCarthy, già regista dell’acclamato The Girl with all the Gifts (disponibile sul catalogo Netflix qui). Claflin (in tv con una nuova versione di Il Conte di Montecristo) interpreta il protagonista Pat, padre di famiglia e amorevole marito con un passato oscuro. Già qui alziamo gli occhi al cielo di fronte all’ennesimo cliché. Da piccolo Pat è sfuggito per un soffio alle grinfie del Bagman, una creatura sovrannaturale che rapisce i bambini e se li porta via nel suo grosso sacco per poi mangiarseli. A metà quindi tra l’Uomo Nero e il Pifferaio Magico, il mostruoso essere è diventato ormai un lontano ricordo dell’infanzia del protagonista che ha fatto di tutto per rimuovere l’accaduto.
Adesso, però, la creatura sembra effettivamente essere ritornata e decisa a rapire il figlio di Pat. Tocca quindi al nostro protagonista ricordare cosa sia davvero successo molti anni prima e capire come fermare il mostro. Stavolta per sempre. Spoiler! Inutile dire che il mostro, lungi dall’essersi arreso, ha aspettato il momento propizio per tornare ad attaccare Pat e poterlo finalmente rapire. Il protagonista, infatti, inconsapevolmente rompe un sigillo di protezione che il padre gli aveva donato da bambino e che aveva tenuto il Bagman lontano per tutti questi anni.
Bagman è, in tutto e per tutto, un film horror da studios.
Cosa intendiamo con questo? Esiste una macro differenza tra gli indie horror e gli horror prodotti dagli studios. I primi, nella maggior parte dei casi, non puntano tanto all’estetica quanto alla narrazione. Il loro obiettivo ultimo è la storia e il messaggio che vuole trasmettere. Si tratta magari di piccole produzioni a basso budget che, anche in ragione di ciò, osano e rischiano di più. Gli horror da studios (per intenderci la saga di Insidious e The Conjuring) possono contare su un budget più elevato e sono indirizzati al pubblico di massa. Il loro obiettivo è il cinema e, dunque, vendere biglietti al cinema. La loro parola d’ordine diventa allora il jumpscare.
Bagman rientra nella seconda categoria. Segue pedissequamente tutti i passaggi del caso, con tanto di colpa-di-scena-che-non-è-affatto-un-colpo-di-scena. Il protagonista sa benissimo che cosa sta succedendo, ma per un non meglio specificato motivo deve fare il bastian contrario e negare a ogni costo l’evidenza dei fatti: un mostro terrificante ti sta dando la caccia. Il film apre a domande interessanti che non vengono esplorate abbastanza: come genitori si può davvero proteggere un figlio dal mondo? Fino a che punto posso spingermi pur di tenerlo al sicuro? Il desiderio primordiale di proteggere la prole si scontra con l’ineluttabile malvagità del mondo e di cui Bagman non è che la rappresentazione folkloristica.
Ricco di potenzialità, Bagman non rischia limitandosi a regalare un paio di ore di horror spicciolo. Puntando a una formula già collaudata, il film preferisce assicurarsi il pubblico mainstream.
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