AGORIA: “L’ossessiva ricerca della fama distrugge l’artisticità”
Agoria, artista francese dalla carriera ricca di successi, ci ha raccontato il suo ultimo anno tra l’ uscita dell’ ultimo album “Unshadow”, il dj set per i Giochi Olimpici e la mostra al Museo d’Orsay. Agoria è un artista che non si può raccontare, relegare a una definizione di genere, alla sola espressione musicale. Nel […] L'articolo AGORIA: “L’ossessiva ricerca della fama distrugge l’artisticità” sembra essere il primo su Parkett.
Agoria, artista francese dalla carriera ricca di successi, ci ha raccontato il suo ultimo anno tra l’ uscita dell’ ultimo album “Unshadow”, il dj set per i Giochi Olimpici e la mostra al Museo d’Orsay.
Agoria è un artista che non si può raccontare, relegare a una definizione di genere, alla sola espressione musicale. Nel corso della sua lunga carriera, partita dalla sua città natale Lione, il dj francese ha costruito indagando i confini della multidisciplinarietà la propria indagine sonora ed artistica. Mai uguale a se stesso, mai prevedibile. Sébastien Devaud, suo nome all’anagrafe, dal suo primo album “Blossom” nel 2003 ha esplorato con libertà e curiosità l’arte in ogni sua forma: hitmaker di “Scala” e “You Are Not Alone”, tra i fondatori del festival gioiellino Nuit Sonores, label manager di Sapiens Records, visual artist con collaborazioni artistiche come Sónar x NASA e il primo artista elettronico a realizzare una mostra al Museo D’Orsay.
Tutto il resto lo trovate in questa conversazione: non solo interessante, ma ricca di onestà e lucidità, che ha permesso all’artista francese di riflettere sul suo anno incredibile e non solo. Buona lettura!
Ciao Agoria, benvenuto su Parkett. Vorrei iniziare chiedendoti come stai e cosa ha rappresentato quest’anno appena giunto al termine nella tua evoluzione artistica?
Ciao Martina, ciao Parkett. Bhe, credo di essere stato davvero, davvero fortunato quest’anno. Ho fatto una mostra d’arte per due mesi al Musee D’Orsay con le mie opere ed è stata un’esperienza incredibile. Ho suonato anche per la cerimonia di chiusura dei Giochi Olimpici, che è stata un’ altra esperienza fantastica. Suonare davanti a così tante persone importanti e, ovviamente, a milioni di persone davanti alla tv. Ho suonato all’Eliseo di Parigi per il presidente francese Macron, e ho pubblicato (forse) uno dei miei album preferiti finora, “Unshadow”. Quindi quest’anno è stato davvero incredibile. Sono stato davvero fortunato.
Durante l’intervista parleremo di tutte queste cose, perché quest’anno penso che sia stato davvero ricchissimo per te. Voglio cominciare dall’album “Unshadow” che è uscito ad ottobre, e vorrei sapere la motivazione dietro la scelta del titolo e il processo che sta dietro alla nascita di questo album.
Ero in Italia, precisamente a Roma quando, parlando con alcuni amici e artisti, ho pensato a quale colore potesse definire il mio album, partendo dall’idea che credo che questo album sia, in generale, molto positivo. Mentre cercavo un colore per descrivere l’album, ho riflettuto sul momento in cui il sole svela l’ombra e mi sembrava qualcosa di piuttosto interessante. Sia perchè è presente un po’ di malinconia in alcune tracce, ma allo stesso tempo figura una parte più luminosa, rappresentata dal sole. Ad esempio, quando il sole insegue l’ombra da origine a un colore molto affascinante che rispecchia l’album. Mi è venuto in mente questo nome, legato dunque all’idea dell’ombra. Descrive perfettamente ciò che intendo esprimere con questo album e i sentimenti che provo, oltre che una mia visione sociale e politica.
Un momento storico in cui è così difficile trovare la sincerità, trovare l’autenticità. Sento che abbiamo bisogno di una guida, di un aiuto per velare le informazioni, la musica e tutto il resto. È così difficile per un artista oggi essere visibile, molto difficile attirare l’attenzione e l’interesse. Fare in modo che il suo album venga ascoltato. Voglio dire, per i veri artisti. Sento che la scena è un po’ in pericolo a causa della ricerca della fama più che della ricerca dell’arte stessa e della musica.
A questo proposito possiamo dire che nell’album è presente la diversità, intesa come una celebrazione, a mio modo di vedere, del contrasto della tua personalità. Quanto è difficile celebrare la diversità in un mondo dove la moda e le tendenze, ormai, creano spesso una sorta di omologazione?
È un’ottima domanda. Sento che il paradigma è davvero cambiato. Ogni giorno nel mio feed vedo una serie di improbabili influencer o falsi filosofi che dicono che devi concentrarti per avere successo. E sento che è così triste che tutti abbiano abbracciato questo atteggiamento, perché la cosa principale che intendono quando consigliano di concentrarti per avere successo, è supportare l’idea che il successo equivalga a soldi e fama. Dal momento in cui ci si riconosce un valore di artisticità, il successo si concretizza nel creare musica di cui essere orgoglioso. Ed è molto diverso. Per quanto mi riguarda, ad esempio, non potrei essere quello che sono oggi se mi concentrassi solo sulla musica techno o house.
Ho bisogno di trarre ispirazione da un’ampia varietà di discipline, non solo dalla musica, ma dal quotidiano. Non so, cenare la domenica con un neuroscienziato, il martedì con un fisico, il mercoledì con un DJ francese o con gli amici dei miei,il giovedì guardando un film. Adoro questa varietà di ispirazione e sento che come artista abbiamo bisogno di trovare quanta più ispirazione da tutto ciò che ci circonda per rendere la nostra musica quanto più ricca e personale possibile. Perché quando ti concentri solo su un lato, come puoi assicurarti che quello sei davvero tu?
Potresti essere lontano da tutto ciò che incarna ancora più profondamente ciò che sei. Quindi il fatto di non provarci, il fatto di intraprendere solo una strada è esattamente ciò che gli algoritmi vogliono da te. Vogliono solo commercializzarti e vogliono che tu miri esattamente a ciò che pensano ti piacerà e ciò che pensano che tu sia. E questo è una specie di circolo vizioso, poiché se vedi solo cose che dovrebbero farti piacere, ti muoverai unicamente in questa direzione. E questa attenzione è sbagliata. Penso che abbiamo bisogno della diversità. Dobbiamo rompere questo algoritmo che le persone cercano di imporci ogni giorno e che è molto pericoloso per la scena.
Ora che l’intelligenza artificiale sta prendendo il sopravvento, è ancora più pericoloso. Utilizzo molti strumenti tecnologici, molta intelligenza artificiale in tutto il mio lavoro e poiché sono molto vicino a questo modus operandi, posso dire che ho molta paura che la maggior parte delle persone la userà come una risposta poco efficace che regalerà un risultato mediocre, in cui tutta la diversità scomparirà riducendosi a un solo linguaggio, un’unica strada, allo stesso messaggio.
Il modo in cui funzionano l’algoritmo e l’intelligenza artificiale alimentano il modello di apprendimento e, questo modello di apprendimento digerirà e ridurrà la maggior parte dell’incertezza per tutti. Quindi è molto problematico. Posso già percepire che la musica ne soffrirà e gli artisti ne soffriranno. Quindi ci si comporta come un clown sullo stage, una specie di burattino, che fa tutti i “giochi” per fare 10 storie e 10 post al giorno in ogni social solo per attirare persone e coinvolgere le persone su di se. Provi a vendere loro l’immagine di chi sei.
Ma in tutto questo tempo impiegato, un artista potrebbe concentrarti sulla diversità più che sulla semplice vendita di prodotti ad effetto. E penso che stia diventando molto problematico perché ora i festival stessi hanno bisogno di ingaggiare questo tipo di artista, direi più che artisti intrattenitori e di bookarli per riempire la pista. Oggi gli artisti che passano ore in studio non hanno il tempo, anche mentale, per comunicare ciò che l’algoritmo chiede loro di fare per essere visibili.
Quindi credo la disperazione dilaghi tra i nuovi artisti. Sono fortunato ad essere abbastanza grande da essere conosciuto. Ma l’anno prossimo cercherò di ingaggiare quanti più nuovi artisti possibili, nuove promesse a cui dare il giusto rilievo. Perché sento che stiamo perdendo la diversità. Stiamo perdendo l’essenza di ciò che era la musica elettronica, di ciò che significava essere dj, produttore. Tutto il lavoro fatto è stato completamente incasinato negli ultimi cinque anni, a causa di questa ossessiva ricerca della fama.
L’importanza che oggi assume la logica dell’algoritmo è sicuramente qualcosa che porta anche ad un un confronto continuo con gli artisti, quasi una gara continua a stare a galla. Il desiderio di costruire un album che sia anche positivo e solare, voleva essere anche un segnale contro un sistema paradossalmente animato da logiche sempre più competitive e artisticamente tristi?
In un ambiente in cui il confronto è presente, la pressione per ogni artista è davvero importante. Penso che gli artisti non dovrebbero sentire alcuna pressione o rilasciare della musica a causa di un algoritmo. Se cominciamo a essere schiavi della “macchina”, allora abbiamo già perso questa battaglia. Quindi penso che sia molto problematico che gli artisti possano realmente pensarla in questa maniera.
L’unica pressione da parte di un artista dovrebbe essere quella di realizzare la propria arte migliore e di essere il più possibile sincero e autentico. Ma al giorno d’oggi la maggior parte degli artisti sul palco, non produce la propria musica. Sono in tour ogni giorno, non hanno il tempo giusto per poter fare musica, e tutto è piuttosto grottesco. Il mio album, se il colore del mio album è abbastanza solare, in realtà non lo è altrettanto il periodo storico in cui ci troviamo.Essere in grado di rispondere a qualsiasi necessità, algoritmo o altro.
La maggior parte delle volte che inizio un album creo qualcosa che sia molto diverso da quello precedente, infatti il penultimo disco era molto buio, profondo, cupo. Risulta come una risposta a quello che ho fatto in precedenza, e spesso in realtà si rivela davvero molto complicato. Ad esempio, i DSP ora hanno davvero difficoltà a sapere quale adesivo possono inserire e a decidere in quale playlist inserirmi. Ma mi rende contento essere imprevedibile, anche se faccio meno stream, sai.
Sono abbastanza felice che sia molto difficile inasellarmi in un certo senso perché penso che gli artisti siano difficili, complessi. La complessità deriva da un caos interno di cui abbiamo abbiamo bisogno per vedere la grazia prende il sopravvento. Quindi penso che sia necessario creare questa complessità e sono sempre molto sospettoso quando vedo alcuni artisti che mettono foto su un jet privato mentre stanno facendo una traccia con il loro laptop.
Sarà fantastico ma prima di tutto, se vuoi dimostrare che è così facile creare una track, allora non ci sono più misteri o segreti del mestiere. Ed è vero che è molto più facile al giorno d’oggi comporre, ma poiché sta diventando così facile, sarà molto difficile distinguersi dalla grande quantità di musica che verrà pubblicata ogni giorno. Lasciare la propria impronta e creare qualcosa di molto speciale sarà ancora più difficile di prima.
Credo tu abbia descritto in maniera molto coerente e precisa la scena di oggi. Tornando all’album più solare, più positivo eppure mi ha colpito molto una traccia che si intitola “Olympe” che apre le porte a quel tuo modo di fare musica riflessivo, contemplativo no?
Si è un’ottima domanda. La traccia è nata da una demo che mi hanno mandato Nader e Yacine. Appena l’ho ascoltata ho pensato che avrei potuto lavorarci sopra e creare una collaborazione per poter trasformare questa traccia e darle un sound più caratteristico. Loro accettano e così nasce “Olympe”. In quel momento avevo avuto la richiesta di realizzare la colonna sonora per un documentario sui Giochi Olimpici per la Francia, e così è diventata la colonna sonora della pubblicità per parlare dei Giochi Olimpici in tutto il mondo.
Il turismo francese ha usato questa track in tutte le campagne pubblicitarie per promuovere i Giochi Olimpici. L’apertura è stata a metà luglio, credo ed è stata utilizzata anche in quell’occasione. C’è questo tipo di energia, che è qualcosa che ha molto a che fare con lo sport e con il valore dello sport, che ovviamente è fidelizzare le persone. Mi piace molto questo suo valore ed il suo legame al significato dei Giochi Olimpici.
Nell’album c’è un’altra traccia che si chiama “Getaway” che ha delle reminiscenze molto interessanti alla musica funk e disco house e che vede la collaborazione di un gigante come Nile Rodgers. In questo periodo in Italia, c’è stato anche nella musica pop un ritorno a queste sonorità italo disco e in generale alla disco music. Secondo te, qual è il segreto per riusicre a creare una traccia contemporanea che non sia un revival ma che rappresenti una continuità con il passato, senza diventare anacronistica?
Questa traccia credo sia stata una di quelle su cui ho lavorato di più nella mia vita in tantissime versioni che mi sono piaciute tantissimo. Prima di tutto perché sono stato onorato che Nile Rodgers abbia accettato di suonare la chitarra nella canzone. E poi quando ho avuto l’approvazione che Madison McFerrin avrebbe cantato, ho pensato che sarei stato veramente felicissimo. Sai, Madison, è la figlia di Bobby McFerrin e ovviamente Bobby McFerrin ha fatto la canzone “Don’t Worry, Be Happy now” e numerosi classici.
E così quando ha detto ” sì, okay, adoro la canzone, lasciami provare”, ero davvero, davvero felice. E ho usato questa traccia per la prima volta per la mia mostra al Musee d’Orsay a Parigi. Perché la mia mostra riguardava il collegamento tra generazioni ed eredità. E “Getaway” è proprio questo. Il testo recita: “Non possiamo viaggiare nel tempo, ma dobbiamo scappare.” Abbiamo questo tipo di arco e portale a cui accedere. E mi piace molto quell’immagine.
Quindi ho utilizzato “Getaway” come colonna sonora di questa mostra che mi ha dato la possibilità di fare un esperimento molto interessante su questa canzone. Ho fatto un lavoro con un generatore AI con alcuni amici. Abbiamo sviluppato un generatore e ogni volta che premi play, avrai una nuova versione della canzone. E questa versione è solo tua. Sei l’unico ad avere questa versione. Il generatore mostra quanto è complesso il processo, complessità di un arrangiamento. Ogni arrangiamento è diverso. E penso che sia molto importante perché il modo in cui sommiamo e il modo in cui ascoltiamo la musica al giorno d’oggi è in qualche modo passivo.
Ascoltiamo la playlist e talvolta non sappiamo nemmeno quale canzone sta suonando. Non ci importa nemmeno. Potremmo fare una telefonata, potremmo mandare e-mail, fare molte cose, una volta che è in esecuzione solo la playlist. Ho sentito che ci mancava la sensazione di quando prendiamo un vinile e prendiamo The Vineyard, mettiamo il vinile sul giradischi, ci sediamo e ascoltiamo il vinile. Quel momento inteso quasi come una cerimonia, sai. Quindi quello che mi piace di questo progetto chiamato 2Getaway Editions” è che quando premi Play, ascolti con molta attenzione per sapere se questa versione, la tua versione è quella che desideri. Se non ti piace, va bene. Puoi rigenerare tutte le versioni fino al momento in cui non trovi quella che ami. Potrebbe essere una versione che inizia con la Voce di Madison.
Potrebbe essere una versione solo strumentale che elimina anche la parte vocal? Un qualcosa di unico e personale
Potrebbe essere. Potrebbe essere una versione con 10 minuti di sviluppo. Ogni canzone è molto diversa. È totalmente diversa. E mi piace che sia personale, è quello che ho detto spesso quando ho comunicato l’argomento la settimana scorsa. Mi piace dire, rendiamo di nuovo rara la musica. Dobbiamo fermare questa corsa di cavalli e questa tana del coniglio in cui vogliamo più milioni, vogliamo ottenere più milioni di streamer o altro. Non è quello che vogliamo veramente, anzi, lo sento perché sono solo numeri. Ma si dimenticheranno di noi. Mi sembra che è come se fossimo circondati da così tanta musica, che dimenticheremo velocemente.
Non è un periodo in cui cerchi un vinile per sei mesi, due anni, tre anni e aspetti per avere quel vinile. Oggi hai subito quella versione. Ora in un secondo puoi avere accesso a ogni canzone. La musica è così disponibile che perde un po’ questo desiderio e il suo intrinseco senso di preziosità. Non dobbiamo smettere di pensare che la musica sia preziosa, è il linguaggio più incredibile. E tutto questo lavoro sulle frequenze, tutte le cose che ci rendono felici con la musica. Ovviamente non sta scomparendo, è ancora qui. Ma ho sentito che questo progetto ha riportato questa musica al centro dell’attenzione.
Il motivo per cui il Musèe D’Orsay mi ha contattato due anni fa per fare una mostra è perché volevano che esprimessi la mia visione artistica su cosa sia l’impressionismo, su Van Gogh, su Renoir, su Monet, su Camille. Ma tutti questi incredibili pittori dovevano essere reinterpretati secondo le mie visioni di oggi su queste collezioni. E sento che tutto questo non sarebbe stato possibile senza tutta la mia comunità che fa così tanto rumore, spinge così tanto e parla così bene di me. Quindi questo è qualcosa di molto virtuoso che in un certo senso ci manca nella musica di oggi, dove spesso si vedono solo artisti molto orgogliosi di se stessi, davanti a folle enormi, che dimostrano di avere così tanto successo, ma dimenticano la maggior parte delle volte che, beh, il pubblico è quello che è importante.
Ho molte domande su questa Mostra al D’Orsay, che di per se rappresenta un momento unico per la combinazione musica elettronica e arte, ma vorrei farle in relazione alla tua risposta e parlare del valore della musica. Possiamo dire che l’arte digitale e la sua diffusione sono diventati una nuova forma d’arte, ma anche una nuova forma di business. Credi che l’arte digitale possa correre i rischi della musica di cui abbiamo parlato precedentemente?
Aris ha sostenuto che anche questo nuovo mercato può essere guidato dalle leggi dell’algoritmo ed è diventato solo una nuova forma di business. Quindi la prima cosa che voglio dire è che per l’arte, la questione è sempre stata un po’ diversa perché accedere all’arte è di per se molto diffile, dal collezionare all’acquistare opere d’arte. Quando vai in una galleria, non conosci veramente i prezzi. Non sei sicuro che le gallerie ti stiano dando il prezzo reale. Quando vai nei musei, è lo stesso. Non puoi nemmeno comprare un pezzo, quindi soprattutto in passato era molto complicato. Al giorno d’oggi, con la blockchain, è molto facile collezionare il tipo di arte che ti piace. Puoi trascorrere ore su molte piattaforme d’arte per trovare l’opera che desideri.
Quindi ritengo che la blockchain aiuti davvero gli artisti a mostrare, esporre ed essere in contatto con collezionisti di tutto il mondo per farli credere nel loro lavoro. E questo è sorprendente e fantastico. Al contrario per la musica è un discorso opposto: la musica è già ovunque nel mondo e dobbiamo lavorare sul fatto che sia fin troppo disponibile e renderla di nuovo rara. Quindi questo è l’opposto dell’arte. Non ritengo che sarà più facile per gli artisti avere successo a causa dell’esplosione dell’arte digitale, perché, ancora una volta, molti artisti useranno mezzi pesanti.
E la cosa difficile è selezionare il meglio e creare la migliore arte, per essere davvero in contatto con i giusti collezionisti. Ora sono forse sette anni che faccio mostre, come per le mie foto, i film, l’arte, tutto. E sento che hai bisogno di costruire una comunità, una comunità forte intorno a te di cui ti puoi fidare. Ho, ad esempio, un WhatsApp privato, gruppi Twitter privati con i miei collezionisti dove scambio quasi ogni giorno opinioni, dove scambiamo idee. E questa comunità è davvero costituita dai miei fan principali. E mi stanno spingendo oltre i miei confini, aiutandomi su molte cose, ed è una specie di governance di una galleria gestita dai miei collezionisti. Ciò mi piace davvero e lo considero molto potente.
Sappiamo che questa è la prima mostra digitale al Museo d’Orsay. Ti rendi conto dell’importanza e della responsabilità di questo momento?
Sì, certo, ad esempio, sai, se avessi fatto un pasticcio ahaha. Immagino che l’intera scena sarebbe possa trarre vantaggio dopo di me, perché sento di aver aperto la porta a molti artisti per poter esporre ed esprimersi e per mostrare il loro lavoro nella Top 10 dei musei del mondo. Il Museo d’Orsay è il museo numero cinque, ovvero il quinto più visitato al mondo. È prima del MoMA e prima di molti altri musei. , quindi, ovviamente, avere una mostra di due mesi lì rappresenta davvero un momento incredibile. Abbiamo festeggiato, a dire il vero con una festa all’interno del museo, con tutti i colori, tutte le sculture intorno, dove ho potuto vedere così tanti artisti felici di avercela fatta. E in realtà è stata la mia celebrazione.
Ma soprattutto è stata la celebrazione di tutti, di tutti gli artisti di tutto questo ecosistema che, si sa, è un po’ come la musica elettronica. Diciamo che 30 anni fa era impossibile ballare la musica elettronica, anche in Inghilterra hanno fatto un disegno di legge sulla giustizia penale secondo cui non si poteva ballare sulla musica elettronica. Era proibito. E oggi con l’arte digitale è stato un po’ lo stesso, sai, è stato un po’ controverso. E il fatto che un museo, come Museo d’Orsay, mi abbia invitato a fare una mostra, ovviamente legittima tutto il lavoro che abbiamo fatto negli ultimi 10 anni e anche di più per i pionieri. Sì, sentivo molto la responsabilità.
E qualcosa che accomuna i pittori esposti al Museo d’Orsay, la musica e anche il tuo modo di fare arte digitale è l’importanza della parte organica della musica, della parte organica emotiva. Come descrivi il significato di biogenia e come esprimi questa parte organica nella musica e nella tua espressione artistica?
Grazie Martina, questa è un’ottima domanda. Se prendo l’esempio del Museo D’Orsay, abbiamo realizzato una scultura di due metri. In questo museo,infatti, non ci sono schermi e non ci sono altoparlanti, non ci sono altoparlanti per cui un artista come me, si è interrogato sulla modaqlità espressiva da scegliere. L’idea è stata quella di creare una scultura alta 2 metri in bronzo, con la luce gira intorno alla scultura. La scultura è al centro della stanza, la luce gira intorno.
Quando la luce è perfettamente allineata con la scultura, l’ombra sul pavimento disegna un codice QR e, una volta visualizzato questo codice QR, poi sul tuo telefono c’è un messaggio che dice respira. E così mentre respiri nel tuo telefono hai la possibilità di creare un’opera d’arte. Il fatto di soffiare sul cellulare crea l’opera d’arte. E questo per me raffigurava l’essenza della vita.
Per me è stato cruciale mettere questo tipo di elementi viventi in questo tipo di luogo per rendere viva l’arte digitale. Tutto il mio lavoro è trovare i ponti e i punti di incrocio tra il codice e il vivente. Ricordare che gli esseri umani, i viventi e la natura in generale, è innanzitutto un codice. Riflettere su ciò procura un senso di vertigine, ma ho cercato di far sì che il pubblico veda e senta che potrebbe essere tutto collegato.
A proposito di questo progetto credi che ci Potrebbe essere una prosecuzione di questo lavoro in qualche città o in qualche museo che corrisponda alla tua visione?
In realtà sì, è di questo che stiamo parlando adesso perché abbiamo così tante richieste al riguardo. L’opera Sigma Lumina, la scultura, ha interessato numerosi tipi di musei. Spero che potremo realizzarne uno in Italia. Mi piacerebbe molto. Sarebbe fantastico!
Sì, è davvero collegato anche al concetto dell’album che si sviluppa sullo studio dell’ombra. E vedendolo, non so se sia un’interpretazione corrente, ma penso anche ai dipinti di Monet della Cattedrale di Rouen e all’uso della luce che plasma la materia. Un’intepretazione contemporanea di questo tipo di lavoro.
Assolutamente. Sai, ho fatto un’intervista da cui ho preso l’esempio della Cattedrale di Monet che per me è stato il pioniere in un certo senso delle prime opere d’arte generativa realizzate da un essere umano. Dipingere la cattedrale a seconda del tempo e del giorno, ogni singolo giorno è stato davvero un processo fantastico. In realtà è un ottimo esempio. Forse è stato il primo, nonostante l’arte generativa biologica non sia mai esistita. Lui era un visionario e quella serie incredibile. Ho avuto la possibilità di vedere forse la maggior parte dei dipinti della cattedrale di Monet nella stessa stanza. Ed è stato assolutamente strabiliante.
Per me la cosa più interessante nel tuo lavoro, Agoria, è il modo in cui gli elementi entrano in contatto e come gli atomi diventino protagonisti, rendendo la parte più materica della musica assoluta protagonista. Per questo mi riferisco alla parte organica, perché è qualcosa che si lega alla percezione materiale, alla vibrazione che poi è l’elemento centrale nella musica.
Sì. Sento che può toccare delle frequenze che possediamo tutti. La parte difficile dell’essere umano è che analizziamo tutto con la nostra vita, mentre essere ciechi ci aiuterebbe a essere davvero incredibilmente più aperti ad altri strati di vita, ad altri strati di percezioni. C’è un anedotto a tal proposito, questa gara sugli oceani chiamata Vendée Globe Challenge e vi è un marinaio che in realtà è cieco ed è incredibilmente veloce. Non guarda le onde, non può vedere le onde. È cieco. Ma il suo modo di navigare è così particolare e così potente nel sentire le onde. Nel sentire ciò che accade nell’oceano senza poterlo vedere. Sta diventando il più veloce. Questo esempio può sussistere anche per le orecchie, le frequenze e il suono.
Ed è per questo che sto cercando di lavorare ancora di più oggigiorno perché le frequenze di ogni canzone ci fanno sentire diversi e provare emozioni differenti. Forse una specie di piccolo assaggio di ciò che sei. Le tracks ti guidano, ma anche alcune frequenze sono molto precise nell’influenzarti nel farti entrare in uno stato di coscienza totale. Lo stesso accade con l’ipnosi. Esiste una frequenza perfetta per l’ipnosi. Ci sono così tante cose che stiamo appena iniziando a conoscere come l’intelligenza, della coscienza, direi. Tendiamo ad assicurarci di sapere tutto di tutto, ma non sappiamo assolutamente nulla.
Ad esempio, dov’è l’intelligenza? Dove si trova l’intelligenza? È nel nostro cervello? È in tutto il nostro corpo? È nel nostro cervello e nel nostro corpo e anche nelle forze attorno al corpo? Sono domande molto interessanti. Tendo davvero a pensare che quando le persone parlano di intelligenza artificiale assimilandola ad un’ intelligenza propria delle macchine non sia del tutto corretto.
La reputo un’intelligenza alternativa, che qualcosa che si trova in un computer o in una casa propria o in una villa. La mia intelligenza è collegata a tutte le altre intelligenze solo per farmi fare delle azioni e per farmi realizzare cose. Quindi adoro questa interconnessione che tutti noi abbiamo. Il mio lavoro artistico mira a connettere profondamente tutte queste informazioni tra gli umani e non solo.
Voglio fare con te un’altra considerazione rispetto l’esperienza al Museo d’Orsay. Hai avuto modo di esibirti in un live set al museo, ben connesso al tuo lavoro, alla tua visione e al luogo in cui ti trovavi. Ora la tendenza vede tantissimi dj set in luoghi dal carattere storico culturale. Come si può trasformare tutto questo in un’esperienza reale e non in qualcosa che segue la moda del momento e quindi non riporti a qualcosa di necessario e autentico ma a uno schema ripetuto?
Penso di essere un figlio dei rave party. Quindi sono sempre stato attratto dall’idea di suonare fuori in location insolite come in un’industria abbondante o in mezzo ai campi. Allo stesso tempo ho suonato in un festival e per l’appunto in un museo. Mi sono sentito allo stesso modo con la cerimonia dei Giochi Olimpici.
Ho sentito che suonare questo tipo di elettronica al Museo d’Orsay raffigura, diciamo, una vittoria su quella che è stata la storia della musica elettronica negli ultimi 30-40 anni. È stata una lunga strada da percorrere per arrivare fino a questo punto in cui alcuni di noi possono avere accesso a questi posti incredibili. Quindi non mi dispiace. Al contempo credo che sarò così felice di suonare di nuovo in una fabbrica abbandonata, perché anche quando ho creato il festival Nuit Sonores a Lione, ho cercato dei luoghi rappresentativi.
Quando sono riuscito a realizzarlo, ho detto al sindaco di Lione, una cosa davvero importante per me è che abbiamo bisogno del tuo aiuto per creare uno spazio aggregativo, per trovare un posto fuori sede. Perché se andiamo solo nelle sale dei teatri classici per ascoltare musica, perderemo l’essenza di ciò che è la musica elettronica, di ciò che è la nascita delle feste di musica elettronica. Quindi ho davvero fatto del mio meglio durante i 10, 15 anni in cui ho aiutato il festival a raggiungere questo obiettivo, a provare questa sensazione e a ottenere certi risultati. Non puoi avere la stessa festa se vai nello stesso club ogni settimana o se vai a un evento che accadrà una sola volta nella tua vita.
Anche quando vai a un evento, ad esempio al Museo d’Orsay, accadrà una sola volta. Devi essere consapevole di regalare una situazione che deve essere molto speciale, perché unico di per sé. Quindi questa volta è stato al Museo d’Orsay o a settembre in Francia per i Giochi Olimpici, oppure a giugno per l’Eliseo. Ma è avvenuto spesso in luoghi così diversi durante la mia carriera. Non posso dire che ce ne sia uno più unico degli altri perché erano tutti unici per se stessi.
Voglio farti l’ultima domanda che è un riassunto delle cose che oggi mi hai raccontato: Cosa ti auguri per Agoria e cosa ti auguri invece per il futuro della musica elettronica?
Il mio augurio per l’industria musicale è che l’intrattenimento e questa ossessiva ricerca della fama non intralcino la necessità di mettere in luce i veri artisti. Questo è il il mio augurio principale per le generazioni più giovani.
Mentre per me stesso mi auguro di Essere il più felice possibile con la mia famiglia. Spesso è molto difficile per gli artisti, specialmente per gli artisti nel campo della musica elettronica, mantenere l’equilibrio tra il tour, i club e crescere una famiglia, è un lavoro duro. Pochi artisti riescono a riuscirci, perchè devi stare con una moglie o un marito che sia molto indipendente e molto comprensiva/o. E sono stato così fortunato ad aver trovato una donna straordinaria che mi comprenda.
Grazie mille. È sempre molto bello chiacchierare con te perché sei di grande ispirazione e dici molte cose scomode ma per quanto mi riguarda condivisibilissime.
Penso che la scena debba capire davvero l’importanza e la profondità di certe riflessioni. Anche se le persone non saranno d’accordo, a me va bene. Penso che abbiamo bisogno che le persone si concentrino sulla musica e non solo sulla fama e sull’intrattenimento, e non solo nell’industria, ma nell’intera società. Non bisogna semplificare i concetti, e a volte accettare il controverso contrasto che c’è all’interno della società e nella visione è fondamentale. Non è un processo semplice, la gente adesso non capisco perché vuole semplificare le cose che non sono semplici perchè sono complesse per natura. Come ad esempio l’arte, la scienza e tutte le cose che sono collegate a qualcosa da fare.
Grazie Agoria!
Grazie a te!
ENGLISH VERSION
Agoria, a French artist with a successful career, told us about his last year between the release of his latest album “Unshadow”, the DJ set for the Olympic Games and the exhibition at the Musée d’Orsay.
Agoria is an artist who cannot be described, relegated to a definition of genre, to musical expression alone. Over the course of his long career, which started from his hometown Lyon, the French DJ has built his own sound and artistic investigation by investigating the boundaries of multidisciplinarity. Never the same, never predictable. Sébastien Devaud, his real name, has explored art in all its forms with freedom and curiosity since his first album “Blossom” in 2003: hitmaker of “Scala” and “You Are Note Alone”, among the founders of the festival gem Nuit Sonores, label manager of Sapiens Records, visual artist with artistic collaborations such as Sónar x NASA and the first electronic artist to create an exhibition at the Musée D’Orsay.
You can find everything else in this conversation: not only interesting, but full of honesty and clarity, which allowed the French artist to reflect on his incredible year and beyond. Happy reading!
Hi Agoria, welcome to Parkett. I would like to start by asking you how you are and what this year which has just come to an end has represented in your artistic evolution?
Hi Martina, hi Parkett. Well, I think I’ve been really, really lucky this year. I had an art exhibition for two months at the Musee D’Orsay with my works and it was an incredible experience. I also played for the closing ceremony of the Olympic Games, which was another fantastic experience. Playing in front of so many important people and, of course, millions of people in front of the TV. I played at the Elysée in Paris for French President Macron, and released (maybe) one of my favorite albums so far, “Unshadow”. So this year has been really incredible. I was really lucky.
During the interview we will talk about all these things, because this year I think has been really rich for you. I want to start with the album “Unshadow” which was released in October, and I would like to know the motivation behind the choice of the title and the process behind the birth of this album.
I was in Italy, precisely in Rome, when, talking with some friends and artists, I thought about what color could define my album, starting from the idea that I believe that this album is, in general, very positive. While I was looking for a color to describe the album, I thought about the moment when the sun reveals the shadow and it seemed like something quite interesting. Both because there is a bit of melancholy in some tracks, but at the same time there is a brighter part, represented by the sun. For example, when the sun chases the shadow it gives rise to a very fascinating color that reflects the album. This name came to mind, linked therefore to the idea of the shadow. It perfectly describes what I intend to express with this album and the feelings I feel, as well as my social and political vision.
A historical moment in which it is so difficult to find sincerity, to find authenticity. I feel like we need some guidance, some help to veil the information, the music and everything else. It is so difficult for an artist today to be visible, very difficult to attract attention and interest. Making sure his album gets heard. I mean, for real artists. I feel like the scene is a bit in danger due to the pursuit of fame more than the pursuit of art itself and music.
In this regard we can say that diversity is present in the album, understood as a celebration, in my opinion, of the contrast of your personality. How difficult is it to celebrate diversity in a world where fashion and trends now often create a sort of homologation?
That’s a great question. I feel like the paradigm has really changed. Every day in my feed I see a variety of unlikely influencers or fake philosophers who say you need to focus to succeed. And I feel like it’s so sad that everyone has embraced this attitude, because the main thing they mean when they recommend focusing on being successful is to support the idea that success equals money and fame. From the moment you recognize an artistic value, success materializes in creating music you can be proud of. And it’s very different. As far as I’m concerned, for example, I couldn’t be who I am today if I only focused on techno or house music.
I need to draw inspiration from a wide variety of disciplines, not just music, but everyday life. I don’t know, having dinner on Sunday with a neuroscientist, on Tuesday with a physicist, on Wednesday with a French DJ or with my parents’ friends, on Thursday watching a film. I love this variety of inspiration and feel that as artists we need to find as much inspiration from everything around us to make our music as rich and personal as possible. Because when you only focus on one side, how can you make sure that’s really you?
You may be far from everything that embodies even more deeply who you are. So the fact of not trying, the fact of taking only one path is exactly what the algorithms want from you. They only want to market you and they want you to aim exactly at what they think you will like and what they think you are. And this is a kind of vicious circle, because if you only see things that should please you, you will move only in this direction. And this focus is wrong. I think we need diversity. We need to break this algorithm that people try to impose on us every day and that is very dangerous for the scene.
Now that artificial intelligence is taking over, it is even more dangerous. I use a lot of technological tools, a lot of artificial intelligence in all my work and because I am very close to this modus operandi, I can say that I am very afraid that most people will use it as a very ineffective response that will give a mediocre result, in which all the diversity will disappear and be reduced to a single language, a single path, the same message.
The way the algorithm and the AI work feeds the learning model and, this learning model will digest and reduce most of the uncertainty for everyone. So it is very problematic. I can already feel that music will suffer and artists will suffer. So you behave like a clown on stage, a kind of puppet, who plays all the “games” to make 10 stories and 10 posts a day in every social network just to attract people and involve people in you. You try to sell them the image of who you are.
But in all this time spent, an artist could focus on diversity more than just selling products with a certain effect. And I think it’s becoming very problematic because now the festivals themselves need to book this type of artist, I would say more than entertainers and book them to fill the dance floor. Today the artists who spend hours in the studio don’t have the time, even mentally, to communicate what the algorithm asks them to do to be visible.
So I think desperation is spreading among new artists. I’m lucky to be old enough to be known. But next year I will try to book as many new artists as possible, new promises to give the right importance to. Because I feel that we are losing diversity. We are losing the essence of what electronic music was, of what it meant to be a DJ, a producer. All the work done has been completely messed up in the last five years, because of this obsessive pursuit of fame.
The importance that the logic of the algorithm assumes today is certainly something that also leads to a continuous comparison with artists, almost a continuous race to stay afloat. The desire to build an album that is also positive and sunny, was it also meant to be a signal against a system paradoxically animated by increasingly competitive and artistically sad logics?
In an environment where comparison is present, the pressure for every artist is really important. I think that artists should not feel any pressure or release music because of an algorithm. If we start to be slaves to the “machine”, then we have already lost this battle. So I think it is very problematic that artists can really think this way.
The only pressure from an artist should be to create their best art and to be as sincere and authentic as possible. But nowadays many artists on stage do not produce their own music. They are on tour every day, they do not have the right time to be able to make music, and everything is rather grotesque. My album, if the color of my album is quite sunny, in reality the historical period in which we find ourselves is not so sunny. Being able to respond to any need, algorithm or other.
Most of the time when I start an album I make something that is very different from the previous one, in fact the second to last album was very dark, deep, gloomy. It feels like a response to what I’ve done before, and often it actually turns out to be very complicated. For example, DSPs now have a really hard time knowing which sticker they can put on and deciding which playlist to put me in. But it makes me happy to be unpredictable, even if I stream less, you know.
I’m quite happy that it’s very difficult to pigeonhole me in a way because I think artists are difficult, complex. Complexity comes from an internal chaos that we need to see grace take over. So I think you have to create that complexity and I’m always very suspicious when I see some artists putting photos on a private jet while they’re making a track on their laptop.
It’ll be great but first of all, if you want to prove that it’s that easy to make a track, then there’s no mystery or secret to the trade anymore. And it is true that it is much easier nowadays to compose, but because it is becoming so easy, it will be very difficult to stand out from the large amount of music that will be released every day. Leaving your mark and creating something very special will be even more difficult than before.
I think you have described the scene today in a very coherent and precise way. Going back to the album, more sunny, more positive and yet I was very struck by a track called “Olympe” that opens the doors to your way of making music, reflective, contemplative, right?
Yes, that’s a great question. The track was born from a demo that Nader and Yacine sent me. As soon as I listened to it I thought I could work on it and create a collaboration to be able to transform this track and give it a more characteristic sound. They accepted and so “Olympe” was born. At that time I had received a request to make the soundtrack for a documentary on the Olympic Games for France, and so it became the soundtrack for the advertisement to talk about the Olympic Games all over the world.
French tourism has used this track in all the advertising campaigns to promote the Olympic Games. The opening was in mid-July, I think and it was also used on that occasion. There is this kind of energy, which is something that has a lot to do with sport and the value of sport, which is obviously to make people loyal. I really like this value and its connection to the meaning of the Olympic Games.
There is another track on the album called “Getaway” that has very interesting reminiscences of funk and disco house music and that sees the collaboration of a giant like Nile Rodgers. In this period in Italy, there has also been a return to these Italo disco sounds and to disco music in general in pop music. In your opinion, what is the secret to being able to create a contemporary track that is not a revival but that represents a continuity with the past, without becoming anachronistic?
I think this track was one of those on which I worked the most in my life in many versions that I liked a lot. First of all because I was honored that Nile Rodgers agreed to play the guitar on the song. And then when I had the approval that Madison McFerrin would sing, I thought I would be really happy. You know, Madison, is Bobby McFerrin’s daughter and obviously Bobby McFerrin did the song “Don’t Worry, Be Happy Now” and numerous classics.
And so when he said, “Yeah, okay, I love the song, let me try,” I was really, really happy. And I used this track for the first time for my show at the Musee d’Orsay in Paris. Because my show was about connecting generations and legacy. And “Getaway” is exactly that. The lyrics are, “We can’t travel through time, but we have to escape.” We have this kind of arch and portal that we can access. And I really like that image.
So I used “Getaway” as the soundtrack for this show which gave me the opportunity to do a very interesting experiment on this song. I did a work with an AI generator with some friends. We developed a generator and every time you press play, you will have a new version of the song. And this version is only yours. You are the only one who has this version. The generator shows how complex the process is, complexity of an arrangement. Every arrangement is different. And I think that is very important because the way we add and the way we listen to music nowadays is kind of passive.
We listen to the playlist and sometimes we don’t even know what song is playing. We don’t even care. We could make a phone call, we could send emails, do many things, once only the playlist is playing. I felt that we missed the feeling of when we take a vinyl and we take The Vineyard, we put the vinyl on the turntable, we sit down and listen to the vinyl. That moment almost as a ceremony, you know. So what I like about this project called “2Getaway Editions” is that when you press play, you listen very carefully to know if this version, your version is the one you want. If you don’t like it, that’s fine. You can regenerate all the versions until you find the one you love. It could be a version that starts with Madison’s Voice.
It could be an instrumental version that also eliminates the vocal part? Something unique and personal
It could be. It could be a 10-minute version. Every song is very different. It’s totally different. And I like that it’s personal, that’s what I said a lot when I was talking about it last week. I like to say, let’s make music rare again. We have to stop this horse race and this rabbit hole where we want more millions, we want to get more millions of streamers or whatever. That’s not what we really want, in fact, I feel that because it’s just numbers. But they’re going to forget about us. I feel like we’re surrounded by so much music, that we’re going to forget quickly.
It’s not a period where you’re looking for a vinyl for six months, two years, three years and waiting to get that vinyl. Today you have that version right away. Now in a second you can have access to every song. Music is so available that it loses a little bit of this desire and its intrinsic sense of preciousness. We have to not stop thinking that music is precious, it’s the most incredible language. And all this work on frequencies, all the things that make us happy with music. Of course it’s not disappearing, it’s still here. But I felt that this project brought this music back into the spotlight.
The reason why the Musée D’Orsay approached me two years ago to do an exhibition is because they wanted me to express my artistic vision of what impressionism is, of Van Gogh, of Renoir, of Monet, of Camille. But all these incredible painters had to be reinterpreted according to my visions today on these collections. And I feel that all this would not have been possible without my whole community that makes so much noise, pushes so much and speaks so highly of me. So this is something very virtuous that in a way we miss in today’s music, where often you only see artists who are very proud of themselves, in front of huge crowds, who show that they are so successful, but they forget most of the time that, well, the audience is the one that is important.
I have many questions about this Exhibition at D’Orsay, which in itself represents a unique moment for the combination of electronic music and art, but I would like to ask them in relation to your answer and talk about the value of music. We can say that digital art and its diffusion have become a new form of art, but also a new form of business. Do you think that digital art can run the risks of music that we talked about previously?
Aris argued that this new market can also be driven by the laws of the algorithm and has become just a new form of business. So the first thing I want to say is that for art, the issue has always been a little bit different because accessing art is in itself very difficult, from collecting to buying works of art. When you go to a gallery, you don’t really know the prices. You are not sure that the galleries are giving you the real price. When you go to museums, it is the same. You can’t even buy a piece, so especially in the past it was very complicated.
Nowadays, with blockchain, it is very easy to collect the kind of art you like. You can spend hours on many art platforms to find the piece you want. So I think blockchain really helps artists to show, to exhibit and to be in touch with collectors all over the world to make them believe in their work. And that’s amazing and awesome. But for music it’s the opposite: music is already everywhere in the world and we need to work on the fact that it’s too available and make it rare again. So that’s the opposite of art. I don’t think it’s going to be easier for artists to succeed because of the explosion of digital art, because again, a lot of artists are going to use heavy means.
And the hard thing is to select the best and create the best art, to really be in touch with the right collectors. Now I’ve been doing exhibitions for maybe seven years, like for my photos, films, art, everything. And I feel like you need to build a community, a strong community around you that you can trust. I have, for example, a private WhatsApp, private Twitter groups with my collectors where I exchange opinions almost every day, where we exchange ideas. And that community is really my core fans. And they are pushing me beyond my boundaries, helping me with many things, and it is a kind of governance of a gallery managed by my collectors. I really like that and I find it very powerful.
We know that this is the first digital exhibition at the Musée d’Orsay. Do you realize the importance and responsibility of this moment?
Yeah, sure, like, you know, if I had screwed up haha. I guess the whole scene could benefit from me, because I feel like I opened the door for a lot of artists to be able to exhibit and express themselves and to have their work in the Top 10 museums in the world. The Musée d’Orsay is the number five museum, the fifth most visited in the world. It’s before MoMA and before a lot of other museums. , so, obviously, having a two-month exhibition there is really an incredible moment. We celebrated, actually with a party inside the museum, with all the colors, all the sculptures around, where I could see so many artists happy to have made it. And it was actually my celebration.
But above all it was a celebration for everyone, for all the artists in this whole ecosystem which, you know, is a bit like electronic music. Let’s say that 30 years ago it was impossible to dance to electronic music, even in England they made a bill on criminal justice according to which you could not dance to electronic music. It was forbidden. And today with digital art it was a bit the same, you know, it was a bit controversial. And the fact that a museum, like Musée d’Orsay, invited me to do an exhibition, obviously legitimizes all the work we have done in the last 10 years and even more for the pioneers. Yes, I felt a lot of responsibility.
And something that unites the painters exhibited at the Musée d’Orsay, music and also your way of making digital art is the importance of the organic part of music, the organic emotional part. How do you describe the meaning of Bio Gen Art and how do you express this organic part in music and in your artistic expression?
Thanks Martina, this is a great question. If I take the example of the Musée d’Orsay, we made a two-meter sculpture. In this museum, in fact, there are no screens and no speakers, there are no speakers so an artist like me, wondered about the expressive modality to choose. The idea was to create a 2-meter high sculpture in bronze, with the light rotating around the sculpture. The sculpture is in the center of the room, the light rotates around.
When the light is perfectly aligned with the sculpture, the shadow on the floor draws a QR code and, once this QR code is displayed, then on your phone there is a message that says breathe. And so as you breathe into your phone you have the ability to create a work of art. The act of blowing into your phone creates the work of art. And that to me represented the essence of life.
For me it was crucial to put this kind of living elements in this kind of place to make digital art alive. All my work is to find the bridges and the points of intersection between the code and the living. Remember that humans, living things and nature in general, is first of all a code. Reflecting on this gives a sense of vertigo, but I tried to make the public see and feel that it could all be connected.
About this project do you think there could be a continuation of this work in some city or museum that corresponds to your vision?
Actually yes, that is what we are talking about now because we have so many requests for it. The work Sigma Lumina, the sculpture, has interested many types of museums. I hope we can make one in Italy. I would love to. It would be fantastic!
Yes, it is also really connected to the concept of the album that develops on the study of the shadow. And seeing it, I don’t know if it’s a current interpretation, but I also think of Monet’s paintings of the Rouen Cathedral and the use of light that shapes the material. A contemporary interpretation of this type of work.
Absolutely. You know, I did an interview where I took the example of Monet’s Cathedral, which for me was the pioneer in a way of the first generative art works made by a human being. Painting the cathedral according to the weather and the day, every single day was really a fantastic process. It’s actually a great example. Maybe it was the first, even though biological generative art never existed. He was a visionary and that incredible series. I had the chance to see maybe most of Monet’s cathedral paintings in the same room. And it was absolutely mind-blowing.
For me the most interesting thing in your work, Agoria, is the way the elements come into contact and how the atoms become protagonists, making the most material part of the music the absolute protagonist. That’s why I refer to the organic part, because it’s something that is linked to the material perception, to the vibration that is then the central element in music.
Yes. I feel like it can touch frequencies that we all have. The difficult part of being human is that we analyze everything with our life, while being blind would help us to be really incredibly more open to other layers of life, other layers of perceptions. There is an anecdote about it, this ocean race called Vendée Globe Challenge and there is a sailor who is actually blind and he is incredibly fast. He doesn’t look at the waves, he can’t see the waves. He is blind. But his way of sailing is so particular and so powerful in feeling the waves. In feeling what is happening in the ocean without being able to see it. He is becoming the fastest. This example can also exist for ears, frequencies and sound.
And that’s why I’m trying to work even more nowadays because the frequencies of each song make us feel different and experience different emotions. Maybe a kind of little taste of who you are. The tracks guide you, but also some frequencies are very precise in influencing you in making you enter a state of total consciousness. The same thing happens with hypnosis. There is a perfect frequency for hypnosis. There are so many things that we are just starting to know about like intelligence, about consciousness, I would say. We tend to make sure that we know everything about everything, but we know absolutely nothing.
For example, where is intelligence? Where is intelligence? Is it in our brain? Is it in our whole body? Is it in our brain and in our body and also in the forces around the body? These are very interesting questions. I really tend to think that when people talk about artificial intelligence assimilating it to an intelligence specific to machines it is not entirely correct.I think of it as an alternative intelligence, that something that is in a computer or in a house or in a villa. My intelligence is connected to all the other intelligences just to make me do actions and to make me do things. So I love this interconnection that we all have. My artistic work aims to deeply connect all this information between humans and not only
I want to make another consideration with you regarding the experience at the Musée d’Orsay. You had the opportunity to perform a live set at the museum, well connected to your work, your vision and the place where you were. Now the trend sees a lot of DJ sets in places with a historical cultural character. How can we transform all this into a real experience and not into something that follows the fashion of the moment and therefore does not lead back to something necessary and authentic but to a repeated pattern?
I think I am a child of rave parties. So I have always been attracted to the idea of playing outside in unusual locations like in an abundant industry or in the middle of the fields. At the same time I played in a festival and indeed in a museum. I felt the same way with the ceremony of the Olympic Games.
I felt that playing this kind of electronics at the Musée d’Orsay represents, let’s say, a victory over what has been the history of electronic music in the last 30-40 years. It’s been a long road to get to this point where some of us can have access to these incredible places. So I don’t mind. At the same time I think I’ll be so happy to play in an abandoned factory again, because even when I created the Nuit Sonores festival in Lyon, I looked for representative places.
When I managed to do it, I said to the mayor of Lyon, one thing that is really important to me is that we need your help to create a gathering space, to find a place outside the venue. Because if we only go to classical theater halls to listen to music, we will lose the essence of what electronic music is, of what the birth of electronic music parties is. So I really did my best during the 10, 15 years that I helped the festival to achieve this goal, to feel this feeling and to achieve certain results. You can’t have the same party if you go to the same club every week or if you go to an event that will only happen once in your life.
Even when you go to an event, for example the Musée d’Orsay, it will only happen once. You have to be aware that you are giving a situation that has to be very special, because it is unique in itself. So this time it was the Musée d’Orsay or in September in France for the Olympic Games, or in June for the Elysée. But it happened often in such different places during my career. I can’t say that one is more unique than the others because they were all unique in themselves.
I want to ask you the last question which is a summary of the things you told me today: What do you wish for Agoria and what do you wish for the future of electronic music?
My wish for the music industry is that entertainment and this obsessive pursuit of fame does not hinder the need to highlight the real artists. This is my main wish for the younger generations.
While for myself I wish to Be as happy as possible with my family. It is often very difficult for artists, especially for artists in the electronic music field, to maintain the balance between touring, clubs and raising a family, it is hard work. Few artists manage to do it, because you have to be with a wife or husband who is very independent and very understanding. And I have been so lucky to have found an extraordinary woman who understands me.
Thank you so much. It is always very nice to chat with you because you are a great inspiration and you say many uncomfortable things but as far as I am concerned I totally agree with them.
I think the scene needs to really understand the importance and depth of certain reflections. Even if people don’t agree, I’m fine with that. I think we need people to focus on music and not just fame and entertainment, and not just in the industry, but in society as a whole. You don’t have to simplify concepts, and sometimes accepting the controversial contrast that exists within society and in the vision is fundamental. It’s not an easy process, people now don’t understand why they want to simplify things that are not simple because they are complex by nature. Like art, science and all the things that are connected to something to do.
Thank you Agoria!
Thank you!
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