Una nuova ricostruzione dell'eruzione del Vesuvio
Una ricerca ha ricostruito le strazianti 32 ore di eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che portarono alla distruzione di Pompei ed Ercolano.
L'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., è stata una delle catastrofi vulcaniche più letali della Storia: un fenomeno che spazzò via intere città, lasciando una cicatrice indelebile nel tempo. Ora, una nuova ricerca svela, minuto per minuto, l'angosciante cronaca di quelle 32 ore di terrore.. La timeline. Era mezzogiorno, presumibilmente tra il 24 agosto e il 24 ottobre del 79 d.C., quando il gigante dormiente, il Vesuvio, alto 600 metri e affacciato sul Golfo di Napoli, si risvegliò con un ruggito, anche se nei giorni precedenti aveva dato segni di risveglio con violenti terremoti. Una colonna eruttiva, una nube apocalittica di frammenti rocciosi e gas incandescenti, si innalzò minacciosa nel cielo.. Alle 14, iniziò a piovere una grandine di pomici, pietre vulcaniche porose, alcune delle quali raggiunsero dimensioni impressionanti, fino a tre metri di diametro. Questa pioggia di fuoco si abbatté su Pompei, Ercolano e gli altri insediamenti circostanti, distruggendo edifici e seminando il panico tra la popolazione. Alcuni, disperatamente, cercarono riparo, illudendosi di sfuggire alla furia del vulcano. Ma il peggio doveva ancora venire.
Alle 19:06, cinque ore dopo l'inizio dell'eruzione, il Vesuvio scatenò la sua arma più letale: le correnti piroclastiche. Flussi roventi di gas e particelle vulcaniche, a temperature infernali, si riversarono a valle con una velocità devastante. Chiunque si trovasse sulla loro traiettoria venne vaporizzato all'istante, i tessuti umani trasformati in vetro in un macabro processo di vetrificazione.. Dopo la prima ondata. Queste ondate di morte continuarono per tutta la notte e fino al mattino seguente, intervallate da circa 80 minuti l'una dall'altra. All'alba del 25, verso le 5:30, la colonna eruttiva crollò al suolo, preludio a un nuovo, terribile evento.
Alle 7:07, la più devastante delle correnti piroclastiche si abbatté sul territorio, un fiume di fuoco che si propagò per 25 chilometri, seminando distruzione e morte.
Nel pomeriggio, intorno alle 16, l'interazione del vulcano con le falde acquifere innescò nuove esplosioni, generando correnti piroclastiche più fini e meno dense, ma ancora capaci di percorrere 15 chilometri. Queste ultime ondate, pur distruttive, non rivelano resti umani, suggerendo che ormai ben pochi fossero i sopravvissuti a Pompei.
Alle 20:05, finalmente, l'eruzione cessò, lasciando dietro di sé uno scenario apocalittico. Studi successivi ipotizzarono che anche un terremoto infierì sui pochi scampati. I corpi delle vittime, intrappolati sotto uno spesso strato di cenere, si decomposero nel tempo, lasciando dei vuoti che, a partire dalla metà del 1800, vennero riempiti con gesso, creando i famosi calchi che ci restituiscono oggi l'immagine tragica dei loro ultimi istanti.. Fuggire? Impossibile. La nuova ricerca, pubblicata sul Journal of the Geological Society e riportata da Science, amplia la cronologia dell'eruzione da 19 a 32 ore. Questa scoperta cruciale rivela che, tra le 14 e le 19 del primo giorno, ci sarebbe potuta essere una finestra di tempo in cui alcuni abitanti avrebbero potuto salvarsi, se solo fossero riusciti a fuggire. Ma le correnti piroclastiche, giunte implacabili alle 19, non lasciarono scampo a chi aveva cercato rifugio negli edifici.. Il Vesuvio, sottovalutato. All'epoca del disastro, il Vesuvio era considerato inattivo, non avendo eruttato per circa 1.800 anni. Questa falsa sicurezza condannò la popolazione locale, colta completamente impreparata. «Ora abbiamo un quadro molto più chiaro dell'impatto sugli edifici e sugli esseri umani nel corso delle ore», ha affermato Claudio Scarpati, autore dello studio.
I vulcanologi dell'Università di Napoli Federico II hanno analizzato la distribuzione e il volume degli strati vulcanici, incrociando i dati con la preziosa testimonianza oculare di Plinio il Giovane, che descrisse vividamente l'eruzione in una serie di lettere. Plinio, allora diciassettenne, si trovava a Miseno, sull'altro lato del Golfo di Napoli, e intorno alle 13 aveva osservato una nube a forma di ombrello incombere sul Vesuvio: la colonna eruttiva.. I rischi oggi. Il Vesuvio, oggi considerato uno dei vulcani più pericolosi al mondo, è ancora attivo e potrebbe eruttare di nuovo. Prevedere con precisione quando ciò accadrà è una sfida complessa per i vulcanologi.
Una nuova eruzione potrebbe avere conseguenze devastanti non solo per gli abitanti del Golfo di Napoli, ma anche per il traffico aereo. Nel 79 d.C., la colonna di cenere e gas raggiunse i 34 chilometri di altezza, più del triplo dell'altitudine di crociera della maggior parte degli aerei di linea. «C'è una grande differenza per un aereo se la cenere si trova a 5 chilometri o a 35 chilometri», ha spiegato il vulcanologo Benjamin Andrews dello Smithsonian Institution.
L'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., pur nella sua tragicità, non è la più mortale della storia. L'eruzione del monte Tambora in Indonesia nel 1815 causò la morte diretta di circa 100.000 persone e, a causa delle conseguenze climatiche, la morte indiretta di milioni. Più recentemente, nel 1985, l'eruzione del Nevado del Ruiz in Colombia causò circa 25.000 vittime..