Sciopero dei magistrati proclamato per il 27 febbraio contro la riforma della giustizia
L'Anm ha proclamato un sciopero dei magistrati per il 27 febbraio, probabili disagi nei tribunali, si critica la riforma della giustizia e la separazione delle carriere di inquirenti e giudicanti
L’Associazione nazionale magistrati (Anm) ha proclamato uno sciopero per il 27 febbraio, per protestare contro la riforma della giustizia in discussione in Parlamento. Il punto più criticato della nuova legge è la cosiddetta separazione delle carriere, che impedirà ai magistrati di cambiare ruolo tra pubblici ministeri e giudici.
La mobilitazione potrebbe creare disagi nei tribunali, facendo annullare o rimandare udienze. Lo sciopero non sarà però l’unica protesta che l’Anm organizzerà nei prossimi giorni.
Magistrati in sciopero contro la riforma della giustizia
Lo sciopero dei magistrati si terrà proprio nei giorni in cui la Camera voterà la riforma della giustizia. La data è simbolica: la riforma della giustizia è una legge che cambia la Costituzione, quindi deve essere approvata nella stessa forma per due volte da ogni ramo del Parlamento, per un totale di quattro passaggi. L’Anm ha comunque voluto protestare, in particolare contro la separazione delle carriere.
Oltre allo sciopero del 27 febbraio, i magistrati protesteranno anche nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, il 25 gennaio, che tradizionalmente prevede una cerimonia alla presenza del ministro della Giustizia. L’Anm ha invitato i suoi membri a esibire cartelli fuori dai tribunali e ad abbandonare il cerimoniale al momento dell’intervento del Guardasigilli Carlo Nordio.
Secondo l’Anm la riforma della giustizia mette a rischio l’indipendenza della categoria, sancita dalla Costituzione. Lo sciopero del 27 febbraio potrebbe causare disagi nei tribunali. Anche se non sono ancora state comunicate le fasce orarie della mobilitazione, è probabile che questa includa l’intera giornata.
Come funziona la separazione delle carriere
Come detto, la protesta dei magistrati, pur criticando l’intera riforma della giustizia, si concentra in maniera particolare contro la norma che prevede la separazione delle carriere. Oggi una persona che supera il concorso pubblico ed entra in magistratura, può scegliere se intraprendere il ruolo di magistrato inquirente (il pubblico ministero, che rappresenta l’accusa in un processo) o di magistrato giudicante (il giudice, che decide l’esito del processo). Entro i primi nove anni dall’entrata in servizio e sottoponendosi a vincoli molto stringenti, un magistrato può passare da una funzione a un’altra.
Chi critica questa norma sostiene che il fatto che chi giudica (il magistrato giudicante) e chi accusa (il magistrato inquirente) un imputato faccia parte della stessa categoria metta a rischio l’integrità dei processi. L’Anm invece ritiene che la possibilità di cambiare carriera sia parte integrante dell’indipendenza della magistratura.
L’attuale riforma della giustizia non prevede però soltanto che il cambio di carriera diventi impossibile, ma crea anche due Consigli superiori della magistratura (Csm) separati. Il Csm è l’organo di autogoverno della magistratura e rappresenta in ambito costituzionale uno dei tre poteri dello Stato (gli altri sono il legislativo, rappresentato dal Parlamento e l’esecutivo, rappresentato dal Governo). È questa, più della separazione delle carriere in sé, la norma che secondo l’Anm minaccia l’indipendenza della magistratura.
Il passaggio di carriera infatti è stato reso molto complesso negli ultimi decenni. Diverse riforme, approvate da governi di centrodestra, di centrosinistra e di unità nazionale, hanno aggiunto requisiti che hanno ridotto il cambiamento di ruolo dei magistrati. Oggi soltanto poche decine di Pm ogni anno diventano giudici, mentre il passaggio da magistrato giudicante a inquirente è ancora più raro.