Pensioni e disparità: i dati INPS rivelano ancora il divario di genere

Le donne italiane continuano a confrontarsi con un mercato del lavoro che spesso non offre loro le stesse opportunità degli uomini. Secondo i dati Inps del 2024, le pensioni femminili si attestano in media a 1.047,71 euro mensili, ben 400 euro in meno rispetto ai 1.475,28 euro degli uomini. Questo divario di genere è il […] The post Pensioni e disparità: i dati INPS rivelano ancora il divario di genere appeared first on The Wom.

Gen 30, 2025 - 02:37
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Pensioni e disparità: i dati INPS rivelano ancora il divario di genere
Quando pensiamo alla pensione, immaginiamo un momento di riposo, una sorta di traguardo raggiunto dopo anni di lavoro e sacrifici. Ma per molte donne è davvero così? No, purtroppo la realtà è ben diversa: le pensioni femminili sono mediamente più basse di quasi un terzo rispetto a quelle degli uomini. Questa disparità, come emerge dai recenti dati Inps, non è solo una questione di numeri, ma riflette disuguaglianze strutturali che attraversano l’intera vita lavorativa e personale delle donne

Le donne italiane continuano a confrontarsi con un mercato del lavoro che spesso non offre loro le stesse opportunità degli uomini. Secondo i dati Inps del 2024, le pensioni femminili si attestano in media a 1.047,71 euro mensili, ben 400 euro in meno rispetto ai 1.475,28 euro degli uomini. Questo divario di genere è il risultato di una serie di fattori concatenati: il gender pay gap, il ricorso forzato al part-time e le interruzioni di carriera legate alla cura dei figli e dei genitori spesso anziani.

A ciò si aggiunge il fatto che, a parità di mansioni, una donna può guadagnare fino al 30% in meno rispetto a un uomo per lo stesso ruolo e condizioni contrattuali.

Divario di genere nelle pensioni: le cause

L’Italia ha uno dei tassi di occupazione femminile più bassi d’Europa e il record di contratti part-time spesso involontari. Molte donne lavorano meno ore, spesso non per libera scelta, ma per mancanza di alternative. Questo quadro si complica ulteriormente se consideriamo che le donne, più spesso degli uomini, si trovano a dover scegliere tra lavoro e famiglia, sacrificando inevitabilmente parte della loro carriera.

La cultura del lavoro non supporta ancora abbastanza la conciliazione tra vita professionale e privata, lasciando molte donne in una posizione svantaggiata

Inoltre, le carriere delle donne sono spesso caratterizzate da una minore progressione professionale. Nonostante i progressi degli ultimi anni, le donne sono sottorappresentate nelle posizioni di leadership, che offrono stipendi e contributi previdenziali più alti. Questa assenza nei ruoli apicali non solo limita il loro potenziale economico, ma influisce direttamente sul calcolo delle pensioni future.

Non è solo una questione economica, ma anche di riconoscimento sociale. Ogni euro in meno rappresenta un pezzo di valore non riconosciuto al contributo che le donne hanno dato alla società, sia sul lavoro che nella sfera familiare.

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È questo il futuro che vogliamo?

Come donna, giurista e professionista, non posso fare a meno di chiedermi: è davvero questa la società che vogliamo lasciare alle prossime generazioni? Questa disuguaglianza è un problema che richiede interventi immediati, non solo sul sistema previdenziale, ma anche nella mentalità collettiva e nelle politiche che riflettono il valore del contributo delle donne.

Serve un impegno concreto per ridurre il gender pay gap, incentivare la condivisione delle responsabilità familiari e creare condizioni di lavoro che permettano alle donne di esprimere tutto il loro potenziale. Solo così potremo garantire pensioni dignitose a tutte le lavoratrici.

La strada è lunga, ma ogni passo avanti può fare la differenza. È il momento di mettere al centro il tema delle disuguaglianze di genere non solo nei discorsi, ma nelle scelte politiche e sociali. Perché, come spesso ripeto, l’inclusione non è solo una parola: è una responsabilità condivisa.

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