Pedofilia in Alto Adige, il vescovo di Bolzano chiede scusa alle vittime
AGI - Dalla Chiesa dell'Alto Adige arriva il mea culpa. Dopo i risultati shock dell'indagine sui casi di abusi sessuali da parte del clero, il vescovo di Bolzano-Bressanone Ivo Muser chiede perdono a tutte le persone coinvolte ammettendo di essere stato responsabile, durante il suo episcopato, di omissione, tra cui la "riluttanza nell'adottare chiare misure preventive nei confronti dei sacerdoti accusati". Quante sono le vittime Il report, commissionato dalla stessa diocesi allo studio legale Westpfahl-Spilker-Wastl di Monaco, ha provocato un vero e proprio terremoto nella Chiesa altoatesina. I dati emersi sono sconvolgenti: i sacerdoti accusati di abusi sessuali nei confronti di minori e persone vulnerabili sono 41, 75 le vittime (67 i casi riscontrati), di cui 59 minorenni (il 51% bambine). Gli episodi di violenza sono avvenuti dal 1964 al 2023. Le scuse di monsignor Muser "Chiedo perdono alle persone coinvolte, alle comunità parrocchiali e ai fedeli", ha detto monsignor Muser in una conferenza stampa precisando che la perizia che è stata commissionata "non è un punto di arrivo ma un mandato per continuare a lavorare con tutta la determinazione possibile" perché è urgente "un cambiamento culturale". Muser quindi ha annunciato delle linee guida che saranno attuate entro la fine 2025. Tra esse l'istituzione di un gruppo interdisciplinare per esaminare i casi dei sacerdoti accusati ancora in vita. Dopo aver ricordato San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, il vescovo Muser, ha riferito che nel leggere la perizia, si è "profondamente commosso". Nel citare bambini e giovani vittime di abusi rimasti invisibili "o resi tali", Muser ha osservato che "famiglie, parrocchie e comunità coinvolte nel dolore sono state semplicemente trascurate come vittime e lasciate a sè stesse, nelle famiglie e nelle parrocchie ci si rifiutava di guardare, si sapeva, ma si taceva per preservare la propria reputazione e quella della Chiesa". Nel corso della conferenza stampa tenutasi oggi presso la Curia a Bolzano è emerso che i casi sospetti non erano stati perseguiti, i casi di abuso non erano stati segnalati a Roma, i sacerdoti accusati e i colpevoli erano stati trasferiti senza provvedimenti a loro carico e altri ancora inseriti nelle parrocchie senza avvertire i fedeli. "La relazione evidenzia gravi omissioni, non solo a livello sistemico, ma anche personale e personalmente voglio dirvi: mi assumo la responsabilità per gli errori che sono stati commessi durante il mio mandato e da me", ha aggiunto il numero uno della Diocesi di Bolzano-Bressanone che si è autoaccusato di "insufficiente controllo dei sacerdoti sospetti, riluttanza nell'adottare chiare misure preventive nei confronti dei sacerdoti accusati, documentazione carente nel delineare i passaggi nella gestione dei casi di abuso". Occorre "rendere la Chiesa un luogo sicuro" e questo "è possibile in modo duraturo solo attraverso un radicale cambiamento culturale". Da qui l'invito a "condividere, anche in forma anonima", storie ed esperienze "per sostenere il processo di cambiamento". Il progetto "Coraggio di guardare" Le linee guida del progetto "Coraggio di guardare" prevedono, l'ottimizzazione dei servizi, misure di monitoraggio e controllo per prevenire reiterazioni, gestione dell'autorita' e dei ruoli guida, donne in posizioni dirigenziali (il 68% delle persone coinvolte erano donne) e gestione degli errori ("il rapporto ha evidenziata una cultura dell'errore bisognosa di miglioramento", ha detto Muser). Durante la conferenza stampa il vicario generale della diocesi altoatesina, Eugen Runggaldier, ha rimarcato che "i casi di abuso nella Chiesa non possono essere considerati come episodi isolati". Tali abusi "si basano su deficit sistemici come la sessualita' immatura, l'isolamento dei sacerdoti, le strutture clericali, la mancanza di una cultura dell'errore e poca trasparenza".
AGI - Dalla Chiesa dell'Alto Adige arriva il mea culpa. Dopo i risultati shock dell'indagine sui casi di abusi sessuali da parte del clero, il vescovo di Bolzano-Bressanone Ivo Muser chiede perdono a tutte le persone coinvolte ammettendo di essere stato responsabile, durante il suo episcopato, di omissione, tra cui la "riluttanza nell'adottare chiare misure preventive nei confronti dei sacerdoti accusati".
Quante sono le vittime
Il report, commissionato dalla stessa diocesi allo studio legale Westpfahl-Spilker-Wastl di Monaco, ha provocato un vero e proprio terremoto nella Chiesa altoatesina. I dati emersi sono sconvolgenti: i sacerdoti accusati di abusi sessuali nei confronti di minori e persone vulnerabili sono 41, 75 le vittime (67 i casi riscontrati), di cui 59 minorenni (il 51% bambine). Gli episodi di violenza sono avvenuti dal 1964 al 2023.
Le scuse di monsignor Muser
"Chiedo perdono alle persone coinvolte, alle comunità parrocchiali e ai fedeli", ha detto monsignor Muser in una conferenza stampa precisando che la perizia che è stata commissionata "non è un punto di arrivo ma un mandato per continuare a lavorare con tutta la determinazione possibile" perché è urgente "un cambiamento culturale". Muser quindi ha annunciato delle linee guida che saranno attuate entro la fine 2025. Tra esse l'istituzione di un gruppo interdisciplinare per esaminare i casi dei sacerdoti accusati ancora in vita.
Dopo aver ricordato San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, il vescovo Muser, ha riferito che nel leggere la perizia, si è "profondamente commosso". Nel citare bambini e giovani vittime di abusi rimasti invisibili "o resi tali", Muser ha osservato che "famiglie, parrocchie e comunità coinvolte nel dolore sono state semplicemente trascurate come vittime e lasciate a sè stesse, nelle famiglie e nelle parrocchie ci si rifiutava di guardare, si sapeva, ma si taceva per preservare la propria reputazione e quella della Chiesa".
Nel corso della conferenza stampa tenutasi oggi presso la Curia a Bolzano è emerso che i casi sospetti non erano stati perseguiti, i casi di abuso non erano stati segnalati a Roma, i sacerdoti accusati e i colpevoli erano stati trasferiti senza provvedimenti a loro carico e altri ancora inseriti nelle parrocchie senza avvertire i fedeli.
"La relazione evidenzia gravi omissioni, non solo a livello sistemico, ma anche personale e personalmente voglio dirvi: mi assumo la responsabilità per gli errori che sono stati commessi durante il mio mandato e da me", ha aggiunto il numero uno della Diocesi di Bolzano-Bressanone che si è autoaccusato di "insufficiente controllo dei sacerdoti sospetti, riluttanza nell'adottare chiare misure preventive nei confronti dei sacerdoti accusati, documentazione carente nel delineare i passaggi nella gestione dei casi di abuso". Occorre "rendere la Chiesa un luogo sicuro" e questo "è possibile in modo duraturo solo attraverso un radicale cambiamento culturale". Da qui l'invito a "condividere, anche in forma anonima", storie ed esperienze "per sostenere il processo di cambiamento".
Il progetto "Coraggio di guardare"
Le linee guida del progetto "Coraggio di guardare" prevedono, l'ottimizzazione dei servizi, misure di monitoraggio e controllo per prevenire reiterazioni, gestione dell'autorita' e dei ruoli guida, donne in posizioni dirigenziali (il 68% delle persone coinvolte erano donne) e gestione degli errori ("il rapporto ha evidenziata una cultura dell'errore bisognosa di miglioramento", ha detto Muser).
Durante la conferenza stampa il vicario generale della diocesi altoatesina, Eugen Runggaldier, ha rimarcato che "i casi di abuso nella Chiesa non possono essere considerati come episodi isolati". Tali abusi "si basano su deficit sistemici come la sessualita' immatura, l'isolamento dei sacerdoti, le strutture clericali, la mancanza di una cultura dell'errore e poca trasparenza".