Ornella Vanoni e Mahmood, amore, arte e spiritualità in un dialogo senza tempo
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Un incontro tra generazioni, un abbraccio che supera le barriere del tempo e delle convenzioni; Ornella Vanoni e Mahmood, protagonisti dell’ultimo artwork di Francesco Vezzoli, sono il simbolo di un sentimento puro e universale che lega due anime affini. L’intervista, condotta per Vanity Fair, ci guida tra memorie, emozioni e riflessioni che spaziano dalla musica alla spiritualità, dall’amore alla paura della morte.
La scintilla che ha unito Ornella e Mahmood si è accesa con la reinterpretazione di Sant’allegria, un brano di Ornella del 1997, tornato alla ribalta grazie al remix di Jack Sani. L’emozionante duetto dal vivo al Forum di Milano e in televisione ha toccato il cuore del pubblico e degli stessi artisti. Mahmood racconta: «Sul palco con Ornella mi sono emozionato profondamente, una cosa che accade raramente. È stato come entrare in una sfera tutta nostra». Ornella, d’altro canto, confessa: «Guardandolo, mi sono commossa. Nei suoi occhi c’era tutto ciò che conosco bene: malinconia, tenerezza, fragilità».
Francesco Vezzoli, che ha immortalato i due in una speciale copertina per Vanity Fair, sottolinea la forza di questo legame: «Mahmood è il portatore della dolcezza e malinconia di Ornella. Il loro rapporto è un riconoscimento emotivo reciproco».
La conversazione tocca anche Sanremo, con Mahmood pronto a debuttare come conduttore accanto a Carlo Conti. «Mi ha detto di essere me stesso, e questo mi riesce bene». Ornella, con la saggezza di chi il Festival lo conosce bene, lo incoraggia: «Sii te stesso, e poi che ti frega? Hai già vinto due volte!». E ricorda un aneddoto del 1965: «Arrivai a Sanremo in mezzo alla neve, con una parrucca quadrata che mi faceva sembrare uscita da Il pianeta delle scimmie. Non fu la mia esibizione migliore, ma a volte bisogna semplicemente lasciarsi andare».
Quando si parla di amore, Mahmood e Ornella si aprono con sincerità. Mahmood confida che si innamora ogni giorno, anche solo incrociando uno sguardo: «A otto anni, in Egitto, vidi due occhi azzurri in un benzinaio al Cairo. Non ricordo il volto, ma quegli occhi sono rimasti con me». Ornella, invece, torna con la memoria al suo primo bacio a Santa Margherita: «Avevo 15 anni, un ragazzo dell’Est mi baciò dietro una persiana. Anni dopo l’ho rivisto e ho pensato: ammazza che bello!».
La discussione si fa più seria quando si tocca il tema delle canzoni dai contenuti sessisti. Ornella riflette sull’importanza del linguaggio: «Abbiamo il dovere di non offendere. Rappresentare il vero è importante, ma anche il registro con cui lo si fa conta». Mahmood ribatte: «Gli artisti devono raccontare il vero, ma l’educazione spetta alla scuola e alla famiglia».
Parlando di Dio, Ornella offre una visione universale: «Tutto l’universo è Dio. È così immenso che non dovremmo nemmeno nominarlo». Mahmood, più cauto, ammette: «Credo ci sia un’entità superiore». E sulla vita dopo la morte, entrambi trovano conforto nell’idea di un’energia che continua a esistere: «La lampadina si spegne, ma l’energia rimane», ricorda Ornella citando Strehler.
Il rapporto tra Ornella Vanoni e Mahmood è più di una collaborazione artistica. È un’amicizia che li lega profondamente. «Nei suoi occhi vedo qualcosa di me», dice Ornella, mentre Mahmood ammette: «Non avrei mai immaginato di trovare una connessione così profonda con una persona così diversa da me».
Questa intervista ci regala un ritratto autentico e sincero di due artisti straordinari, uniti da una sensibilità unica e da un amore per la vita, l’arte e la bellezza che trascende ogni limite.
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