Orestes Hütte: benvenuti a casa Squinobal

Il rifugio ai piedi del Monte Rosa fu costruito dai due fortissimi fratelli di Gressoney: Oreste e Arturo. Oggi è la figlia di quest’ultimo a portare avanti l’opera e il pensiero di famiglia, improntato alla sostenibilità e al rispetto per l’ambiente L'articolo Orestes Hütte: benvenuti a casa Squinobal proviene da Montagna.TV.

Feb 6, 2025 - 16:03
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Orestes Hütte: benvenuti a casa Squinobal

Pochi mesi fa Arturo Squinobal ha compiuto 80 anni. E ancora non ha smesso di solcare le creste e i ghiacciai del massiccio del Rosa, casa sua. Insieme al fratello Oreste, morto nel 2004, ha scritto delle grandi pagine di alpinismo nella seconda metà del XX secolo. Due alpinisti fortissimi, due fratelli affiatati ma soprattutto due montanari veri con un grande amore per la loro terra. Nel 1971 questa mitica cordata salì in prima invernale della parete sud del Cervino. L’anno dopo arrivò la prima invernale dell’integrale di Peuterey e nel 1978 ecco la prima invernale della ovest del Cervino, dalla via Direttissima. Nel frattempo, hanno vinto un Trofeo Mezzalama, quando le tutine iper-tecniche non esistevano ancora. Nel 1982 Oreste raggiunse senza ossigeno e in stile alpino la cima del Kanchenjunga, mentre il fratello dovette rimanere al campo base per problemi di salute. Ma se quella volta i due fratelli non furono insieme in cordata, rimasero comunque legati uno all’altro. Arturo, per sostenere Oreste dal campo base, gli diceva parole di incoraggiamento per sostenerlo, gli parlava alla radio in tisch, il dialetto parlato dalle popolazioni walser della valle di Gressoney. I due, infatti, erano molto legati al loro territorio e alle sue tradizioni e anni dopo mostrarono tutto il loro amore per la loro terra con un progetto di ospitalità tutta walser.

A 2600 metri di quota, alle pendici delle alte vette del Rosa, decidono di costruire un rifugio. Il luogo si presta bene: c’è una sorgente di acqua potabile e la presenza del ghiacciaio di Indren a monte risolve parzialmente i problemi di richiesta energetica. I due fratelli, che oltre ad essere eccellenti alpinisti, sono anche ottimi falegnami, acquistano il terreno e iniziano a sognare il loro piccolo presidio walser. Quando tutto è pronto, Oreste lascia la terra per un tumore e il fratello Arturo prosegue nella costruzione del rifugio, ovviamente dedicandolo a lui. Rispetto assoluto per le regole dell’architettura walser, armoniosa integrazione con l’ambiente naturale e scelta dei materiali fanno dell’Orestes Hütte un baluardo della tradizione e della cultura della valle di Gressoney. I blocchi di larice profumati si incastrano alla perfezione con la tipica tecnica del blockbau che regge gli spigoli del rifugio. La piccola turbina genera elettricità con la forza dell’acqua proveniente dal ghiacciaio e i pannelli solari fanno il resto.

A gestire il rifugio sono i figli di Arturo che, nel solco della tradizione di famiglia, hanno portato un’idea nuova di rifugio, con il rispetto della natura al primo posto. L’Orestes Hütte è un rifugio vegano, “una questione di responsabilità e consapevolezza” affermano i gestori. “Il cibo vegano è buono, sazia, non crea sofferenza ed è sostenibile. I piatti che proponiamo sono preparati con materie prime di qualità, di preferenza locali e biologiche. Creiamo gusti pieni a naturali”. Oltre al menù, Marta Squinobal e il suo staff si occupano di rendere il rifugio sostenibile in tutto e per tutto. “Ci affidiamo a una ditta specializzata in compost per smaltire i rifiuti nel miglior modo possibile anche con temperature molto basse, produciamo la nostra energia elettrica e non vendiamo acqua in bottiglia in rifugio, utilizziamo la sorgente!”

Intanto Arturo, il 15 agosto scorso, è stato festeggiato dalla comunità per i suoi 60 anni di servizio come Guida Alpina. Sulle sue scorribande sulle Alpi insieme a suo fratello c’è anche un libro, scritto da Maria Teresa Cometto, uscito nel lontano 1985. Come si chiama? Due montanari.

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