Nutrire il pianeta, il libro fotografico che svela come viene prodotto il cibo nel mondo

Il fotografo George Steinmetz ha girato il mondo per raccontare la produzione di cibo e ha raccolto i suoi scatti in un libro che ci restituisce più consapevolezza su quello che mangiamo.

Gen 26, 2025 - 20:16
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Nutrire il pianeta, il libro fotografico che svela come viene prodotto il cibo nel mondo
  • Nutrire il pianeta è il libro fotografico di George Steinmetz sulla produzione mondiale di cibo.
  • Attraverso le foto scattate, l’autore raffigura l’impatto globale del sistema agroalimentare globale e la necessità di renderlo sostenibile.
  • La strada passa dalla consapevolezza e dalle scelte dei consumatori.

Da dove provengono e come sono prodotti gli alimenti di cui ci nutriamo? Come vengono coltivati, allevati, pescati, lavorati e trasportati fino ad arrivare nei nostri piatti? Nutrire il pianeta (Apogeo Editore) di George Steinmetz ci aiuta a scoprirlo, ad approfondire la conoscenza della produzione di cibo oltre lo scaffale del supermercato, e lo fa in un viaggio fotografico, spesso svelando quello che l’industria alimentare vorrebbe non vedessimo.

produzione cibo
La copertina del libro fotografico “Nutrire il pianeta” di George Steinmetz © Apogeo Edizioni

La produzione di cibo raccontata dal libro fotografico di George Steinmetz

Dopo un decennio di ricerca e documentazione attraverso 36 paesi, 6 continenti e 5 oceani, l’autore (conosciuto come “il fotografo volante” per i suoi scatti aerei a bassa quota) e collaboratore del National Geographic e del New York Times, ci restituisce immagini dall’alto che rivelano le dimensioni e la scala delle filiere produttive, da quelle più tradizionali a quelle più tecnologiche e avanzate per interrogarsi sull’impatto del sistema agroalimentare sul nostro pianeta e per fare scelte consapevoli su quello che mangiamo.

“Una volta le persone sapevano esattamente da dove proveniva il cibo, perché erano loro stesse agricoltori o acquistavano direttamente dai contadini o dagli altri produttori alimentari delle loro comunità”, scrive nella prefazione del libro Michael Pollan, autore di best seller di fama internazionale ed esperto di cibo, alimentazione e tematiche ambientali. “Oggi non è più così. Le catene che ci forniscono il cibo ora si estendono in tutto il mondo, modificando terra e mare in modi che possono essere allo stesso tempo affascinanti e terribili”. 

Prendiamo per esempio certi gamberetti in vaschetta: il libro ci racconta di come trascorrano la loro breve vita in una laguna artificiale vicino al Golfo del Bengala, nutriti con pellet di farina di pesce composta con acciughe pescate al largo delle coste del Perù mescolate con soia brasiliana coltivata su un terreno disboscato dell’Amazzonia e di come poi vengano sgusciati da giovani donne indiane che guadagnano 8 dollari al giorno.

Foto di agricoltura tra bellezza, ingegno e alterazione del pianeta

File ordinate di coltivazioni, trattori che avanzano creando linee geometriche, il grano raccolto in covoni e il sale in cumuli: sempre nella prefazione, Pollan sottolinea anche la capacità di Steinmetz di cogliere il “sublime agricolo”, ovvero la sua “capacità di scovare estrema bellezza negli schemi, nei colori e nei ritmi visivi che noi essere umani abbiamo strappato alla natura mentre cercavamo di nutrirci”. Così facendo risveglia in noi anche una sorta di “ammirazione per la nostra intraprendenza e ingegnosità come specie”.

Il testo spiega come gli antropologi classifichino lo sviluppo dell’agricoltura al pari del camminare su due piedi in termini di impatto sull’evoluzione umana e come la nostra capacità di produrre cibo ci distingua da ogni altra specie, ma abbia alterato il pianeta. 

Attualmente l’agricoltura copre circa la metà della superficie abitabile della terra, prosciuga il 70 per cento dell’acqua dolce disponibile sul pianeta e, con lavorazione, commercio e trasporto, è responsabile di quasi un terzo del consumo energetico annuale del mondo. 

Ora più che mai, è necessario ripensare il futuro del sistema agroalimentare in chiave sostenibile poiché l’aumento della popolazione mondiale, unito alla crescita del tenore di vita nei Paesi in via di sviluppo, determinerà un aumento del fabbisogno alimentare globale. “Ho cominciato la stesura di questo libro nel 2013 quando la rivista National Geographic mi chiese di fotografare una storia che parlasse di soddisfare la futura domanda di cibo dell’umanità senza sopraffare il nostro pianeta”, spiega Steinmetz nella postfazione del libro, raccontando alcune delle realtà immortalate e perfino del suo arresto mentre fotografava alcuni allevamenti di bestiame in Kansas

“Scattando queste foto mi sono reso conto dell’impatto globale delle nostre scelte alimentari e dell’importanza di mangiare più in basso nella catena alimentare. Non sono vegano o vegetariano, e non ho iniziato questo progetto con alcun tipo di programma nutrizionale o politico. Ma la conclusione che traggo da questi dieci anni di lavoro è che, per avere un futuro sostenibile, dobbiamo ridurre il consumo di risorse naturali e aumentare la produttività del nostro sistema alimentare. Come arrivarci dipende da noi e dalla creatività e laboriosità delle persone che ci forniscono il cibo”. 

La strada per un futuro sostenibile della produzione di cibo passa dalle nostre scelte

Al di là di quanto ciascuno di noi possa condividere queste affermazioni e appoggiare certe soluzioni piuttosto che altre (il fotografo cita per esempio l’editing genetico che ha osservato in alcuni laboratori), la conclusione dell’autore è una verità oggettiva: “Tutti votiamo con la forchetta tre volte al giorno; le decisioni che prendiamo avranno un impatto significativo sul pianeta che condividiamo”.

L’autore dei testi del libro, Joel K. Bourne Jr., giornalista, autore e storico collaboratore del National Geographic, spiega di come fondamentalmente ci troviamo davanti a due strade: c’è quella che stiamo percorrendo che ci porterà a esaurire tutte le risorse, a consumare principalmente alimenti trasformati da una manciata di gigantesche aziende globali e a produrre emissioni che genereranno un clima non più in grado di sostenere le nostre coltivazioni.

E poi c’è l’altra strada, quella guidata dai consumatori che chiedono sempre di più al loro cibo. Più nutrimento, meno pesticidi, alimenti più gentili con gli animali e con il pianeta. Consumando meno carne rossa, latticini e alimenti ad alta intensità energetica, non avremmo forse bisogno di disboscare il resto dell’Amazzonia, radere al suolo la foresta pluviale per l’olio di palma o sacrificare le mangrovie per i gamberi di allevamento.