Nucleare, Pichetto: “Quando sapremo i costi valuteremo gli incentivi”
Il governo, come si legge nella relazione illustrativa del recente ddl “nucleare sostenibile”, vuole il ritorno all’atomo per “aumentare la competitività nazionale, contribuendo a contenere i costi” dell’energia. Peccato che ancora non si sia fatta una valutazione di quanto potrebbero costare i nuovi reattori, salvo dire che saranno messi in campo eventuali incentivi. Lo ha […] The post Nucleare, Pichetto: “Quando sapremo i costi valuteremo gli incentivi” first appeared on QualEnergia.it.
Il governo, come si legge nella relazione illustrativa del recente ddl “nucleare sostenibile”, vuole il ritorno all’atomo per “aumentare la competitività nazionale, contribuendo a contenere i costi” dell’energia.
Peccato che ancora non si sia fatta una valutazione di quanto potrebbero costare i nuovi reattori, salvo dire che saranno messi in campo eventuali incentivi. Lo ha ammesso lo stesso ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, in aula alla Camera ieri.
Parlando di costi, intanto, si apprende che anche gli obiettivi futuri di Enel, cioè i valori che si vorrebbero raggiungere quando e se la tecnologia degli Smr (Small Modular Reactor) sarà affermata e la filiera a regime, sono più alti di quelli che il fotovoltaico con batterie ha già raggiunto nel 2024.
Incentivi e divisioni nella maggioranza
Già il ddl, ricordiamo, spiega che per il nucleare “potranno essere definite e disciplinate eventuali modalità di sostegno”, che affianchino la “fondamentale” iniziativa economica privata, “sia per la ricerca che per la produzione”.
Ieri, mercoledì 5 febbraio, rispondendo a un’interrogazione alla Camera, Pichetto ha chiarito: “Solo nel momento in cui vi sarà lo strumento di valutazione del costo della produzione di energia da nucleare, a valle del quadro normativo che si sta delineando, lo Stato valuterà se ed eventualmente di quanto integrare la tariffa, allo stesso modo di quanto sta facendo con il fotovoltaico o l’eolico, per creare il maggior vantaggio possibile al Paese”.
Nella stessa maggioranza, d’altra parte, c’è chi è scettico sull’opportunità di inseguire la produzione nucleare con la fissione e gli Smr, anziché limitarsi alla ricerca sulla fusione. Ad esempio, al convegno di Fratelli d’Italia su ambiente ed energia del 3 febbraio a Roma, Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera dei deputati, è tornato a fare critiche in pubblico.
“Le centrali a fissione non le abbiamo più, le dovremmo mettere in campo, le dovremmo realizzare, dovremmo dialogare con il territorio”, ha osservato, aggiungendo che “sarebbe forse meglio essere l’avanguardia planetaria della fusione, che ci farebbe vincere la terza guerra mondiale, piuttosto che la retroguardia della fissione, che negli altri Paesi sta 10-20-30 anni avanti a noi”.
Le stime sui costi di Enel e Edison
Nei giorni scorsi, poi, alcuni numeri sui costi sono emersi dalle audizioni nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul nucleare, davanti alle Commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera (slide e video in basso).
Per gli Smr, Edison, che si è proposta di realizzare i primi reattori “prima del 2040”, premettendo che “si tratta di una tecnologia non ancora chiusa, per cui ci sono ampi margini di incertezza”, ha fornito una stima di “100 euro/MWh con un range del più o meno 15%”, mentre per gli Amr (Advanced Modular Reactor) ha ammesso che “ancora non si è in grado di dire” quanto costeranno.
Enel, invece, ha mostrato il suo obiettivo, da raggiungere una volta che ci sia una filiera degli Smr in grado di ridurre i tempi di costruzione: Lcoe a 70-110 $/MWh (cioè 67-106 euro/MWh) e un Capex a 3-5.000 $/kWe.
Il fotovoltaico con batterie in grandi impianti a terra, va ricordato, già nella prima metà del 2024 ha un Lcoe tra 60 e 108 €/MWh, secondo l‘ultimo report sugli LCOE del Fraunhofer Institute (che peraltro dà una stima più prudente di quella che si potrebbe fare per l’Italia, data la nostra radiazione solare e i costi delle batterie proposti negli ultimi mesi).
Impossibile quantificare
Per gli Smr, trattandosi di reattori di cui non esistono impianti commerciali operativi e che sono basati su tecnologie non ancora validate su scala industriale, le previsioni sui costi sono da prendere con le pinze, molto molto lunghe.
La storia del nucleare lo insegna, come mostra questo grafico (dalla presentazione Enel), in cui si vede quanto, anche per i reattori con tecnologia matura, per ogni centrale nucleare realizzata costi e tempi siano sempre lievitati rispetto ai preventivi.
Per gli Smr le cose non sembrano andare diversamente. Tra i pochissimi prototipi funzionanti, in Russia c’è una coppia di reattori di seconda generazione da 35 MW, la centrale galleggiante di Akademik Lomonosov; c’è un altro Smr in Cina di quarta generazione, attivo dal 2021. In entrambi i casi, ci sono stati costi tra il triplo e il quadruplo del previsto, mentre un Smr in costruzione in Argentina ha già registrato costi otto volte superiori alle stime.
Come mostra il report Ieefa “Small Modular Reactors: Still too expensive, too slow and too risky”, per tutte le principali soluzioni Smr in campo dal 2015 al 2023, tempi e costi previsti si sono impennati anziché ridursi (si vedano anche i nostri articoli Nucleare, perché non c’è futuro per i piccoli reattori modulari e I Piccoli Reattori Modulari, l’ultimo inganno nucleare).
Il programma di Enel sugli Smr con reattori di terza generazione plus, infatti, prevede nei prossimi tre anni “il superamento delle sfide ancora irrisolte” e, poi, “la realizzazione di un prototipo dimostratore di un impianto completo in Italia con meccanismo di finanziamento pubblico-privato”.
“È necessario – si è precisato in audizione – che le istituzioni pongano le condizioni” e ciò “richiederà azioni di risk-sharing e de-risking”, cioè che sia il pubblico a condividere con il privato il rischio economico.
Le obiezioni di Armaroli
Nelle audizioni, un bagno di realtà anti-nucleare è arrivato dall’intervento di Nicola Armaroli, ricercatore del Cnr, per questo contestato da Luca Squeri, responsabile energia di Forza Italia (nel video dal minuto 38.45).
La quota di elettricità da nucleare a livello mondiale è scesa dal 17,2% nel 1996 al 9,2% nel 2024, ha premesso il ricercatore, e le tecnologie su cui vuole puntare l’Italia “ancora non esistono”.
Quanto alla presunta indipendenza energetica che l’atomo ci darebbe, il 43% della produzione mondiale di uranio proviene dal Kazakistan e il prezzo di questa risorsa è aumentato del 137% tra il 2021 e il 2025, ha sottolineato.
Dei 31 reattori costruiti dal 2017 a oggi, 27 sono di progettazione russa o cinese, mentre il nucleare francese, spesso citato come modello, sta affrontando una spirale dei costi, ha ricordato Armaroli, menzionando la recente segnalazione della Corte dei conti d’Oltralpe.
Ma soprattutto, ha fatto notare, l’Italia ha il problema della localizzazione degli impianti – il 95% del territorio nazionale è classificato a rischio idrogeologico – è un Paese scarsamente attrattivo per gli investimenti esteri e, soprattutto, non ha tempo. “Dobbiamo completare la decarbonizzazione del sistema elettrico entro il 2040, mentre un eventuale programma nucleare richiederebbe almeno 15-20 anni per entrare in funzione”.
Il video delle audizioni del 4 febbraio (nell’ordine: Société des professionnels italiens du nucléaire en France; Bpifrance; Westinghouse Electric Company LLC; Consiglio nazionale delle ricerche; Edison; Enel.; Sogin ; Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione).
- Slide Enel (pdf)
- Slide Edison (pdf)
- Slide Armaroli (pdf)