“Mio papà Paolo Villaggio mangiava così tanto da ammazzarsi da solo. Aveva il diabete e si fiondava nelle pasticcerie”: lo rivela la figlia Elisabetta
Il 27 marzo si celebreranno i 50 anni dall’uscita del primo film della saga di Fantozzi L'articolo “Mio papà Paolo Villaggio mangiava così tanto da ammazzarsi da solo. Aveva il diabete e si fiondava nelle pasticcerie”: lo rivela la figlia Elisabetta proviene da Il Fatto Quotidiano.
“La cosa che più mi ha colpita tra le tante che mi ha detto mio padre prima di andarsene? Che da piccolo pensava di essere pazzo”. È una confessione a cuore aperto quella che Elisabetta Villaggio fa in una lunga intervista a La Stampa, alla vigilia di un anniversario importante: il 27 marzo si celebreranno infatti i cinquant’anni dall’uscita del primo film della saga di Fantozzi, diretto da Luciano Salce e interpretato da Villaggio, che con quel personaggio entrerà nella storia del cinema italiano.
Una maschera straordinaria, grottesca e malinconica che a Villaggio ha dato tanto ma allo stesso tempo ha tolto molto. Tanto che la figlia Elisabetta ammette di averlo veramente felice nel ’92, quando ricevette il Leone d’oro alla carriera alla Mostra di Venezia. “Non stava nella pelle, era come essere riabilitato. Le critiche negative di chi lo aveva considerato un pagliaccio, un attore di serie B, lo avevano sempre ferito, anche se non lo aveva mai detto”, racconta la figlia del comico genovese. Che col la figura ingombrante del padre ha dovuto fare i conti si da bambina: “Da piccola non ero affatto contenta di essere Elisabetta Villaggio. In famiglia siamo stati tutti travolti dal successo improvviso, a casa c’erano sempre fotografi e giornalisti, non mi piaceva, così come non mi piaceva essere diventata ‘la figlia di’”. L’essere continuamente presentata come “la figlia di Villaggio” le è sempre andato stretto, ancora di più quando ha cominciato a muovere i primi passi nel mondo del lavoro e veniva trattata come una raccomandata.
Ci sono voluti anni e un trasferimento in America lungo cinque anni per prendere le distanze, recuperare la propria identità e costruire un nuovo rapporto col padre. Con cui litigò furiosamente quando l’attore decise di vendere casa di famiglia a Cortina, scelta che Elisabetta con gli ha mai perdonato: “L’avevano comprata i nonni quando io ero nata. Ero molto legata a quella casa, mi riportava alla nostra infanzia e giovinezza, era la casa di famiglia per antonomasia. Per un lungo periodo, dopo la vendita, non ho più rivolto la parola a mio padre”. La pace arrivò poco dopo, anche perché, ammette, non era difficile perdonarlo. Da persona stimolante, intelligente ecuriosa qual era, con lui non ci si annoiava mai: “Ci ha insegnato a ragionare sempre con la testa propria, senza preconcetti, non lamentarsi, rimboccarsi le maniche e conservare la propria onestà intellettuale”.
Elisabetta Villaggio analizza poi anche il rapporto complicato con il cibo che ha avuto suo padre, che mangiava così tanto da arrivare al “punto da finire per ammazzarsi da solo. Aveva il diabete, lo accompagnavo alle visite mediche e, appena ne usciva, si fiondava nelle pasticcerie. Solo che non comprava una sola ‘pastarella’, le comprava tutte”.
Villaggio non solo era goloso e gli piaceva qualunque cosa, ma per lui “mangiare era un po’ come prendere un ansiolitico. Se si svegliava di notte, andava in cucina e mangiava quello che trovava. Quando a Roma hanno aperto i primi ristoranti etnici, siamo stati i primi a frequentarli. Per mio padre, quando eravamo in viaggio all’estero, visitare un Museo era importante esattamente come provare il cibo locale, ma non nei grandi ristoranti, anche per strada, dove si mangiano le cose tipiche del luogo. Lo faceva anche a Roma”.
Un rapporto complesso col cibo che camuffava anche certi “baratri di infelicità”: “Era molto timido e li nascondeva. Aveva quel pudore tipicamente ligure che lo spingeva a non rivelare i propri sentimenti. Era tormentato, si poneva tante domande, ma erano tutte cose sue, che non gli piaceva mostrare”. Ma qual è la cosa che più ha colpito Elisabetta delle cose che gli raccontò il padre prima di morire:
“Una volta, nei suoi ultimi mesi di vita, mi confessò: ‘Sai che io che, da piccolo, pensavo di essere pazzo?’ Non l’aveva mai detto prima, ho riflettuto sul fatto che poi, nella sua vita, aveva avuto successo proprio facendo il pazzo, cioè recitando”.
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