Il punto sui Mercati
Battuta d’arresto, pur con performance molto solide in tutte le classi d’investimento, nella fine dell’anno appena concluso. A dicembre, l’MSCI World ha perso il 2,5%, in linea con l’indice MSCI USA. Con 8 degli 11 settori in calo e solo 54 società in guadagno nel mese, il che spiegherebbe il calo del 6,2% della versione […] L'articolo Il punto sui Mercati proviene da ilBollettino.
Battuta d’arresto, pur con performance molto solide in tutte le classi d’investimento, nella fine dell’anno appena concluso. A dicembre, l’MSCI World ha perso il 2,5%, in linea con l’indice MSCI USA. Con 8 degli 11 settori in calo e solo 54 società in guadagno nel mese, il che spiegherebbe il calo del 6,2% della versione equamente ponderata dell’indice, a sua volta in linea con l’indice MSCI USA Small Cap e Value. L’indice MSCI USA Growth ha per contro segnato a Dicembre una performance positiva del 1,65%.
I rendimenti degli investimenti
I rendimenti obbligazionari sono stati trascinati al rialzo dal rimbalzo di quelli a più lunga scadenza, con il rendimento del US Treasury decennale che si attesta nelle ultime rilevazioni intorno al 4,66%, ovvero ai valori risalenti ad aprile, nonostante il tasso overnight della Federal Reserve sia ora un punto percentuale inferiore rispetto a quel periodo. Il rendimento del Treasury a 30 anni è aumentato ancora di più, raggiungendo il livello più alto da più di un anno. In ultima analisi, l’aumento dei tassi di interesse a lungo termine sarà negativo per le azioni. Le azioni sono valutate in relazione ai rendimenti dei bond quindi, di norma, se questi ultimi iniziano a offrire rendimenti più alti, le azioni diventano relativamente meno attraenti.
La Borsa
In più i settori normalmente più sensibili ai tassi d’interesse tendono a subire una pressione maggiore, in particolare quelli soggetti a richieste di finanziamenti come le tecnologie e il settore immobiliare. Nei primi giorni di trading del 2025, la Borsa sta andando bene. Gli indici MSCI USA sopra menzionati si attestano tutti su una performance positiva di circa 0,6%. Ma il fatto rilevante è certamente il rialzo dei rendimenti dei bond, il cui aumento è dovuto a diverse ragioni: problemi tecnici legati a una maggiore offerta di obbligazioni da aste recenti e cambiamenti nell’outlook della Fed con preoccupazioni divergenti su deficit di bilancio governativi, una crescita economica più veloce e l’impatto dei piani del Presidente USA Donald Trump di aumentare le tariffe sulle importazioni.
Le conclusioni
Tutte queste ragioni giocano un ruolo in quella direzione. La conclusione principale sugli investimenti, tuttavia, è che gli operatori finanziari si aspettano che l’inflazione a lungo termine sia più ripida di quanto previsto nel recente passato. E ciò implica tassi di interesse più alti rispetto a quanto si pensava inizialmente. Inoltre, nonostante le prospettive economiche per il 2025 siano piene di incertezze, gli ultimi dati pubblicati dimostrano che l’economia statunitense mantiene ancora il suo slancio. I verbali della Fed di dicembre hanno evidenziato infatti le preoccupazioni dei policy maker, secondo le quali si potrebbero dover attendere tempi più lunghi per riportare l’inflazione al target del 2%.
Gli investimenti in obbligazioni
Sulla vendita di obbligazioni — i cui rendimenti si muovono in senso inverso rispetto ai prezzi — è rilevante sottolineare che si tratta di un fenomeno a livello globale, con la sola esclusione della Cina. Quelli dei governativi decennali, in particolare nell’Eurozona, sono aumentati in media di 25 punti base dalla rilevazione precedente alle festività di fine anno. Il rendimento del benchmark dei bond del governo britannico a 10 anni ha ormai raggiunto il livello di 4,89%, che non si toccava dall’anno della crisi finanziaria globale del 2008.
Le preoccupazioni
Ma c’è una crescente preoccupazione per gli investimenti. Ovvero che le autorità britanniche potrebbero dover aumentare le tasse o emettere più obbligazioni per coprire i deficit di finanziamento, aggravati dalla crescita economica debole e da un insolito fenomeno della sterlina in calo, rispetto al dollaro, nonostante i tassi di interesse più alti. Invece negli Stati Uniti la valuta continua a rafforzarsi: l’indice è aumentato del 6% negli ultimi tre mesi.