Il castello di carte della finanza green sta venendo giù?
La Fed, la banca centrale degli Stati Uniti, si ritira dall'alleanza delle banche centrali per la finanza verde. L'analisi di Giuseppe Liturri.
La Fed, la banca centrale degli Stati Uniti, si ritira dall’alleanza delle banche centrali per la finanza verde. L’analisi di Giuseppe Liturri
Comincia a mostrare delle evidenti crepe il muro finora compatto costruito dai più grandi protagonisti del mondo della finanza a favore della lotta al cambiamento climatico.
È di queste ultime ore la notizia che la Fed ha annunciato di essersi ritirata dal Network delle banche centrali e dei supervisori per la finanza verde (Ngfs), ovvero una delle maggiori coalizioni globali per l’implementazione degli standard green all’interno delle istituzioni che si occupano di politica monetaria. Il Presidente Jerome Powell – che già mesi fa aveva espresso la sua opinione in modo inequivocabile – si è reso conto che tra i doveri statutari della Fed (evidentemente) non rientrava il contrasto al cambiamento climatico.
Quest’ultima notizia è giunta pochi giorni dopo una clamorosa sentenza di un tribunale federale texano che, ovviamente, ha avuto scarsa eco in Europa, ancora in preda ai fumi dell’ubriacatura ideologica del Green Deal. Ma che promette di diventare una pietra miliare nel lungo cammino per riportare un minimo di ragionevolezza ed equilibrio nell’affrontare la transizione energetica.
L’eccezionalità del pronunciamento è tale che «Ci sarà pure un giudice a Berlino!» è un’esclamazione che da venerdì si applica perfettamente alla sentenza del giudice federale del Texas, Reed O’Connor, il quale ha ritenuto fondate le accuse di Bryan Spence, un pilota dell’American Airlines (AA) che, con altri 100.000 colleghi, aveva citato in giudizio la compagnia aerea per aver violato il rapporto fiduciario nella gestione del suo piano di risparmio pensionistico.
La legge impone alla American e ai gestori a cui si affida (tra cui BlackRock è uno dei più rilevanti) di perseguire unicamente obiettivi di natura finanziaria nella gestione dei contributi previdenziali che vengono trattenuti ai dipendenti per affluire in un piano di risparmio molto popolare negli Usa, che va sotto il nome di piano 401(k). Tali ingenti somme (ben 26 miliardi di dollari) sono state affidate in gestione al colosso del risparmio gestito BlackRock che però ha da tempo il “vizietto” di occuparsi anche di obiettivi legati al cambiamento climatico, diversità, equità, inclusione e tutta la variegata paccottiglia che va sotto il nome di fattori ESG, nella scelta di impiego dei fondi che gestisce.
Il punto è che perseguire quegli obiettivi da parte di BlackRock, è una palese violazione del rapporto fiduciario tra compagnia e dipendenti che invece credevano che la gestione avvenisse attenendosi unicamente alle performance finanziarie. Le norme che regolano la gestione di questi fondi da parte delle società sono molto rigide e stringenti a carico dei datori di lavoro che amministrano il denaro destinato alla pensione dei loro dipendenti. Questo indipendentemente dai rendimenti ottenuti. Il giudice O’Connor ha infatti ribadito che quelle norme non consentono a chi ha la gestione fiduciaria dei risparmi di «perseguire obiettivi non economici, non importa quanto siano nobili». In ogni caso, il pilota che nel 2023 ha avviato il giudizio, ha contestato anche il fatto che il rendimento di strumenti finanziari con obiettivi ESG è spesso inferiore di circa il 10% rispetto a quelli tradizionali.
«Un legame incestuoso tra AA e BlackRock» l’ha definito il giudice, che ha consentito agli obiettivi ESG di BlackRock di «influenzare slealmente la gestione del piano pensionistico». Era invece preciso dovere della American vigilare sugli obiettivi che BlackRock perseguiva nella sua gestione che, invece di focalizzarsi esclusivamente sul rendimento finanziario delle somme in gestione, prendevano in considerazione altri obiettivi, come il contributo al contrasto del cambiamento climatico delle società in cui BlackRock investiva.
Alla American non è stata attribuita anche la violazione dei principi di prudenza nella gestione di quei fondi, come pure chiedevano i dipendenti, ma il giudice si è riservato di determinare i danni subiti dai dipendenti in una fase successiva del giudizio, dopo le controdeduzioni dei legali delle parti attese per fine mese.
Quello che apparentemente sembra un caso isolato da addetti ai lavori è invece un’importante crepa nel muro del dominio dei fattori ESG in campo finanziario e non solo. Come autorevolmente commentato sul Financial Times e sul Wall Street Journal, l’effetto deflagrante sull’industria del risparmio statunitense potrebbe essere di enorme portata, perché quasi tutti i piani pensionistici investono in strumenti finanziari con obiettivi ESG.
Curiosamente proprio il giorno prima della sentenza, BlackRock aveva annunciato, seguendo gli altri colossi del risparmio gestito Usa, il ritiro dall’associazione Net Zero Managers Initiative (Nzma), le cui imprese associate perseguono obiettivi di riduzione delle emissioni. In seguito all’abbandono di BlackRock, l’alleanza ha addirittura deciso di sospendere l’attività.
Ma la lezione è anche per le imprese europee e italiane di gestione del risparmio e non solo. Infatti gli amministratori che si sono invaghiti degli obiettivi di sostenibilità potrebbero presto dover dare conto ai rispettivi azionisti e investitori dell’efficacia e del rendimento di queste loro attivismo ESG, eccentrico rispetto agli obiettivi economico-finanziari.
Qualche magistrato potrebbe presto ricordargli che il Codice Civile gli richiede di non occuparsi della riduzione di temperatura del globo ma di perseguire l’economicità della gestione (tutelando l’ambiente e gli altri portatori di interessi con le leggi che già ci sono), così come potrebbero presto essere oggetto di scrutinio da parte dei giudici il comportamento di certe banche che subordinano il rating di credito di un’impresa all’accertamento di improbabili e discrezionali parametri di sostenibilità.
Il primo colpo di avvertimento è stato sparato in Texas.