Honda, roadmap spinosa: l’esclusiva Aston Martin può essere penalizzante
Honda e Aston Martin insieme. Un partenariato che doveva produrre scintille. E invece, a quanto pare, che sia pre tattica o meno, uno dei partecipanti è preoccupato. Mette la mani avanti. Vediamo perché. Certe ferite fanno fatica a cicatrizzarsi anche dopo tanto tempo. In questo modo si può sintetizzare lo stato d’animo del colosso nipponico […]
Honda e Aston Martin insieme. Un partenariato che doveva produrre scintille. E invece, a quanto pare, che sia pre tattica o meno, uno dei partecipanti è preoccupato. Mette la mani avanti. Vediamo perché. Certe ferite fanno fatica a cicatrizzarsi anche dopo tanto tempo. In questo modo si può sintetizzare lo stato d’animo del colosso nipponico alla vigilia della rivoluzione regolamentare in materia di power unit. I successi ottenuti con Red Bull, in veste ufficiale e non, sono stati il coronamento di un lungo processo di rincorsa tecnica rispetto ai riferimenti della categoria.
Il ritorno in F1, nel 2015 con McLaren, era stato preceduto da una campagna di comunicazione mirata a rievocare i fasti del passato, inerenti il sodalizio a cavallo tra gli anni ottanta e novanta. L’immaturità tecnica del Sol Levante fu palese però, e la partnership con il team di Woking fu fallimentare sotto tutti i punti di vista. Il nuovo regolamento tecnico ha modificato in modo sensibile l’architettura delle prossimo unità di potenza e ha convinto Honda a tornare sui propri passi. I cambiamenti nel corpo normativo sulle PU sono stati ritenuti coerenti con la visione del costruttore giapponese.
Una prospettiva che ha intrapreso nel compimento della neutralità carbonica. È opinione diffusa che proprio le nuove power unit possano diventare il fattore determinante a vantaggio di chi saprà realizzare l’unità turbo-ibrida più competitiva. Proprio Adrian Newey, designer Aston Martin e diretto interessato, si è recentemente espresso in tal senso. Lo ha fatto affermando che la prossima rivoluzione tecnica potrebbe essere vinta da chi realizzerà il miglior propulsore, nonostante il paradigma aero-meccanico delle monoposto sarà anch’esso stravolto.
Insomma, una sorta di déjà del 2014, quando Mercedes sbaragliò la concorrenza con un dominio tecnico schiacciante. Le sfide imposte dal nuovo quadro normativo sono complesse. Il contributo della parte endotermica sarà minore rispetto. La partita si giocherà sulla bontà delle componenti elettriche e sulla gestione software delle stesse. Al momento, i costruttori che stanno sviluppando i propulsori 2026 non sanno con precisione dove possa essere fissata l’asticella e dove si trovano rispetto alla concorrenza, e questo clima di incertezza rende molto complesso il lavoro degli ingegneri.
Honda, i dubbi nella partnership con Aston Martin
Il presidente della Honda Racing Corporation (HRC), Koji Watanabe, ha ammesso che il processo di sviluppo delle future unità di potenza sta incontrando diverse insidie. Il manager giapponese ha espresso quali siano le principali preoccupazioni in chiave 2026. Il motore elettrico, che dovrà garantire 355 kW (il triplo della potenza attuale), dovrà essere molto compatto, così come il pacco batteria che, unitamente a dimensioni contenute, dovrà essere molto leggero. Obiettivi sfidanti che richiedono il ricorso alle tecnologie più avanzate per la miniaturizzazione di tutte le componenti della nuova architettura dei propulsori.
Dichiarazioni assai diverse rispetto a quelle pronunciate poco più di un anno fa, quando il dirigente giapponese si dipingeva super fiducioso di poter ambire alla conquista del titolo 2026 con Aston Martin. Presto capiremo se si tratta di semplice chiacchiera o se i timori espressi da Koji Watanabe sono la sintesi di un reale ritardo tecnologico. Honda ha sperimentato sulla propria pelle cosa significhi, in termini di immagine e investimenti, recuperare un gap tecnologico. Con le unità turbo-ibride furono necessari quattro anni per riassaporare la gioia del successo, dopo innumerevoli bocconi amari.
Ricorderemo quel “GP2 Engine” proferito da Fernando Alonso proprio sul circuito di Suzuka. Parole che rimarranno per sempre scolpite nell’immaginario collettivo, a testimonianza della pochezza del progetto tecnico nipponico nei primi anni di collaborazione con la McLaren. In tal senso, la scelta di stringere nuovamente una partnership esclusiva potrebbe essere penalizzante. È necessario ricordare che il sodalizio con Red Bull è iniziato prima con lo Junior Team nel 2018 e solo successivamente con la scuderia proprietaria dell’allora Toro Rosso.
Una duplice fornitura delle power unit a entrambi i team del colosso delle bevande energetiche avvenne solamente più tardi, dopo una marea di Gran Premi spesi a riparare i motori che puntualmente si rompevano. Insomma, per concludere, possiamo sostenere che i rapporti di collaborazione esclusivi possono essere una grande opportunità, oppure, come teme Honda, un “isolazionismo deleterio” simile al sodalizio con McLaren. Senza dimenticare i motori Renault, che, dopo la rottura della partnership con Red Bull, hanno equipaggiato solo le monoposto di Enstone con risultati pessimi.
Autore: Zander Arcari – @berrageiz
Immagini: Scuderia Ferrari – F1Tv