Dazi sulle auto elettriche. Byd, Geely e Saic tamponano la Ue
Mentre gigantesche navi cargo battenti bandiera cinese hanno la prua puntata sul Vecchio continente pronte a invadere il mercato europeo con le auto elettriche contenute nelle stive, Byd, Geely e Saic fanno causa alla Ue per i dazi varati dalla Commissione
Mentre gigantesche navi cargo battenti bandiera cinese hanno la prua puntata sul Vecchio continente pronte a invadere il mercato europeo con le auto elettriche contenute nelle stive, Byd, Geely e Saic fanno causa alla Ue per i dazi varati dalla Commissione
Proprio nelle stesse ore in cui Donald Trump minaccia di scatenare una guerra commerciale senza precedenti che si abbatterà anche e soprattutto su un mondo dell’auto già in affanno (ma tende in maniera inattesa una mano alla Cina) e l’Europa viene imbarazzata dall’inchiesta giornalistica che ha fatto emergere un sostegno multimiliardario offerto durante la prima commissione Ursula alle lobby green per far passare la linea oltranzista dettata dall’ex numero 2 dell’esecutivo comunitario Frans Timmermans, Byd, Geely e Saic hanno deciso di passare al contrattacco con una causa sui dazi maggiorati che dallo scorso autunno devono pagare alla dogana se vogliono vendere le loro auto elettriche nei 27 Paesi membri Ue.
BYD, GEELY E SAIC NON CI STANNO
Per i tre colossi dell’industria automobilistica, i dazi sarebbero destituiti di ogni fondamento, in quanto secondo i dettagli forniti dal South China Morning Post, testata che per prima ha rivelato l’esistenza degli atti depositati al Tribunale Generale di Lussemburgo, non avrebbe ragion d’essere l’accusa mossa dalla Ue sugli aiuti multimiliardari di Stato di Pechino che per Bruxelles avrebbero alterato il gioco della concorrenza, permettendo ai marchi del Dragone di arrivare sul suolo europeo forte di prezzi che le rivali autoctone non potranno mai presentare all’utenza, non beneficiando dei medesimi fondi pubblici.
I DAZI RIMASTI SUL GOZZO
Da qui la decisione di impugnare le tariffe in vigore dallo scorso 31 ottobre, strutturate dalla Ue secondo una gradualità che tiene in considerazione anzitutto degli aiuti ricevuti dalle singole Case da Pechino, come pure dalla collaborazione assicurata durante le indagini dai marchi asiatici ai funzionari europei. In diversi casi i costruttori cinesi si sono infatti rifiutati di rispondere e di condividere le informazioni richieste dall’Unione europea e in quel caso pagheranno il massimo previsto dalla legge comunitaria.
Saic con la novella autunnale alla dogana è quella che pagherà di più dovendo aggiungere dazi del 35,3% alla tariffa base preesistente del 10%, mentre Byd deve supportare un incremento delle tariffe del 17 per cento e Geely del 18,8%.
L’INVASIONE NON SI FERMA
Tutto questo mentre dal porto cinese di Yangzhou levava l’ancora la più grande nave cargo per il trasporto auto del mondo, la Byd Shenzen (battezzata con il nome del marchio automobilistico e la città del suo quartier generale). Il cargo Ro-Ro lungo 219 metri, largo 37 e con un pescaggio di 9, pari a tre piani di una casa, è in grado di trasportare fino a 9.200 auto elettriche. Insomma, l’invasione non si ferma.
Sul piano politico, Pechino ha risposto aumentando le tariffe doganali del brandy europeo, dei prodotti caseari e mettendo nel mirino anche le auto di lusso prevalentemente tedesche. La mossa dei dazi al momento non danneggia realmente i conti dei marchi cinesi dato che in Europa il mercato delle auto elettriche è ancora al palo ma non sta nemmeno incentivando, come sperato dalla Commissione, l’apertura di gigafactory asiatiche sul suolo comunitario.