Crociati contro cristiani, la conquista di Zara

Non appena ascese al soglio pontificio nel 1198, Innocenzo III chiamò i principi cristiani a una nuova crociata in Terra Santa, la quarta. L’obiettivo era il recupero di Gerusalemme, caduta nel 1187 nelle mani di Saladino, potente sultano d’Egitto e di Siria. Invano i promotori della terza crociata, non ultimo l’audace Riccardo Cuor di Leone, re d’Inghilterra, avevano tentato di riconquistarla. L’appello di Innocenzo III fu inizialmente accolto con freddezza, ma dopo il torneo bandito nel novembre 1199 al castello di Ecry-sur-Aisne, nella Champagne, l’entusiasmo per la crociata si diffuse tra la nobiltà francese. Come base di partenza fu scelta Venezia, dove i capi crociati intendevano prendere a nolo le navi per condurre la loro imponente armata in Oriente. Con un notevolissimo sforzo produttivo, i veneziani allestirono in poco più di un anno una flotta grandiosa. Geoffroy de Villehardouin, maresciallo della Champagne, afferma nella sua opera Histoire de la conquête de Constantinople che «nessun cristiano ne aveva mai veduta una più bella né più numerosa«  E l’altro importante cronista-testimone della quarta crociata, Robert de Clary, conferma che «mai prima di allora s’era vista un’armata più possente». Tuttavia, la flotta sarebbe salpata dalla città lagunare solo dopo mesi di indecisioni e ritardi. Infatti, l’anziano ma ancora energico doge Enrico Dandolo si era impegnato a garantire il trasporto di un esercito di 30mila uomini, dietro il pagamento di 85mila marchi d’argento, ma una volta giunti a Venezia i capi crociati non furono in grado di versare neppure la metà dell’esorbitante somma pattuita. Le loro stime sul numero dei cavalieri e dei soldati che avrebbero risposto alla chiamata del pontefice erano state esagerate, così avevano ordinato l’armamento di troppe navi: alla fine, anche a causa delle defezioni di alcuni baroni, soltanto un terzo degli uomini previsti si era presentato per l’arruolamento.In ogni caso, Venezia aveva investito gran parte delle risorse cittadine per soddisfare le richieste dei crociati e non era disponibile ad alcun tipo di concessione. Dandolo, però, trovò il modo di volgere la situazione a proprio vantaggio. Il saldo del debito sarebbe stato dilazionato e la spedizione sarebbe partita, ma i veneziani ne avrebbero fatto parte e il doge avrebbe assunto il comando delle operazioni, utilizzando le truppe crociate per conquistare il fiorente porto di Zara (l’odierna Zadar, in Croazia), sulla costa dalmata, che si era ribellata al dominio veneziano. Nonostante i suoi 95 anni d’età, il doge Enrico Dandolo diresse l’armata veneziana contro ZaraLa strategia dei venezianiZara era un ex dominio veneziano che nel 1183 si era posto sotto la protezione del re d’Ungheria Béla III e da allora era in guerra con la Serenissima. La città dalmata era un punto chiave del commercio nell’Adriatico e i veneziani consideravano il suo possesso fondamentale per garantirsi la supremazia sulle vie dei traffici levantini. Perciò, prima del 1202 avevano già tentato tre volte di riconquistarla. Zara, tuttavia, era una città cattolica, appartenente al regno d’Ungheria, il cui sovrano, Emerico, godeva dell’appoggio di papa Innocenzo III. Attaccarla significava trasgredire ai dettami del pontefice che aveva espressamente proibito lo scontro tra cristiani. Malgrado ciò, come scrisse Robert de Clary, «i baroni e i grandi cavalieri crociati accettarono ciò che il doge aveva proposto», anche se «tutti quelli dell’armata non seppero nulla di questo piano, se non i più importanti». Dopo la ratifica dell’accordo, una flotta di oltre trecento navi partì finalmente da Venezia ai primi di ottobre del 1202. Secondo il cronista francese, «quando i crociati furono in alto mare ed ebbero teso le vele e alzate in alto sui castelli delle navi le loro bandiere e le loro insegne, sembrò che il mare tutto formicolasse e che fosse tutto invaso dalle navi su cui essi navigavano e dalla gran gioia che essi dimostravano». L’armata, al comando del doge, ottenne facilmente la sottomissione di altre città costiere che si erano ribellate alla Serenissima, quali Trieste, Muggia e il porto istriano di Pola, e raggiunse infine Zara tra il 10 e l’11 novembre. Frattanto Innocenzo III, venuto a conoscenza delle intenzioni dei crociati, aveva minacciato di scomunica chiunque avesse osato attaccare altri cristiani, ma era rimasto inascoltato. I nobili francesi preferirono disobbedire al papa pur di scongiurare il fallimento della spedizione; soltanto pochi baroni si opposero alla diversione della crociata. Tra questi vi era Simon IV de Montfort, che dopo l’assedio della città dalmata avrebbe abbandonato i compagni crociati. Assedio e razzieIl 13 novembre i crociati iniziarono le operazioni militari, ma intuirono subito che la conquista della città, «racchiusa da alte mura e alte torri», non sarebbe stata un’impresa facile: «Quando i pellegrini videro Zara», narra Geoffroy de Villehardouin, «si dissero l’un l’altro: come può una città simi

Feb 6, 2025 - 07:56
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Crociati contro cristiani, la conquista di Zara

Non appena ascese al soglio pontificio nel 1198, Innocenzo III chiamò i principi cristiani a una nuova crociata in Terra Santa, la quarta. L’obiettivo era il recupero di Gerusalemme, caduta nel 1187 nelle mani di Saladino, potente sultano d’Egitto e di Siria. Invano i promotori della terza crociata, non ultimo l’audace Riccardo Cuor di Leone, re d’Inghilterra, avevano tentato di riconquistarla

L’appello di Innocenzo III fu inizialmente accolto con freddezza, ma dopo il torneo bandito nel novembre 1199 al castello di Ecry-sur-Aisne, nella Champagne, l’entusiasmo per la crociata si diffuse tra la nobiltà francese

Come base di partenza fu scelta Venezia, dove i capi crociati intendevano prendere a nolo le navi per condurre la loro imponente armata in Oriente. Con un notevolissimo sforzo produttivo, i veneziani allestirono in poco più di un anno una flotta grandiosa. Geoffroy de Villehardouin, maresciallo della Champagne, afferma nella sua opera Histoire de la conquête de Constantinople che «nessun cristiano ne aveva mai veduta una più bella né più numerosa«  E l’altro importante cronista-testimone della quarta crociata, Robert de Clary, conferma che «mai prima di allora s’era vista un’armata più possente»Ritratto di Innocenzo III. Mosaico del XIII secolo, Museo di Roma

Tuttavia, la flotta sarebbe salpata dalla città lagunare solo dopo mesi di indecisioni e ritardi. Infatti, l’anziano ma ancora energico doge Enrico Dandolo si era impegnato a garantire il trasporto di un esercito di 30mila uomini, dietro il pagamento di 85mila marchi d’argento, ma una volta giunti a Venezia i capi crociati non furono in grado di versare neppure la metà dell’esorbitante somma pattuita. Le loro stime sul numero dei cavalieri e dei soldati che avrebbero risposto alla chiamata del pontefice erano state esagerate, così avevano ordinato l’armamento di troppe navi: alla fine, anche a causa delle defezioni di alcuni baroni, soltanto un terzo degli uomini previsti si era presentato per l’arruolamento.

In ogni caso, Venezia aveva investito gran parte delle risorse cittadine per soddisfare le richieste dei crociati e non era disponibile ad alcun tipo di concessione. Dandolo, però, trovò il modo di volgere la situazione a proprio vantaggio. Il saldo del debito sarebbe stato dilazionato e la spedizione sarebbe partita, ma i veneziani ne avrebbero fatto parte e il doge avrebbe assunto il comando delle operazioni, utilizzando le truppe crociate per conquistare il fiorente porto di Zara (l’odierna Zadar, in Croazia), sulla costa dalmata, che si era ribellata al dominio veneziano. 

Nonostante i suoi 95 anni d’età, il doge Enrico Dandolo diresse l’armata veneziana contro Zara

La strategia dei veneziani

Zara era un ex dominio veneziano che nel 1183 si era posto sotto la protezione del re d’Ungheria Béla III e da allora era in guerra con la Serenissima. La città dalmata era un punto chiave del commercio nell’Adriatico e i veneziani consideravano il suo possesso fondamentale per garantirsi la supremazia sulle vie dei traffici levantini. Perciò, prima del 1202 avevano già tentato tre volte di riconquistarlaChiesa di San Donato, a Zadar, eretta nel IX secolo. Fin da quell’epoca la città era un attivo porto commerciale

Zara, tuttavia, era una città cattolica, appartenente al regno d’Ungheria, il cui sovrano, Emerico, godeva dell’appoggio di papa Innocenzo III. Attaccarla significava trasgredire ai dettami del pontefice che aveva espressamente proibito lo scontro tra cristiani. Malgrado ciò, come scrisse Robert de Clary, «i baroni e i grandi cavalieri crociati accettarono ciò che il doge aveva proposto», anche se «tutti quelli dell’armata non seppero nulla di questo piano, se non i più importanti»

Dopo la ratifica dell’accordo, una flotta di oltre trecento navi partì finalmente da Venezia ai primi di ottobre del 1202. Secondo il cronista francese, «quando i crociati furono in alto mare ed ebbero teso le vele e alzate in alto sui castelli delle navi le loro bandiere e le loro insegne, sembrò che il mare tutto formicolasse e che fosse tutto invaso dalle navi su cui essi navigavano e dalla gran gioia che essi dimostravano». L’armata, al comando del doge, ottenne facilmente la sottomissione di altre città costiere che si erano ribellate alla Serenissima, quali Trieste, Muggia e il porto istriano di Pola, e raggiunse infine Zara tra il 10 e l’11 novembre

Frattanto Innocenzo III, venuto a conoscenza delle intenzioni dei crociati, aveva minacciato di scomunica chiunque avesse osato attaccare altri cristiani, ma era rimasto inascoltato. I nobili francesi preferirono disobbedire al papa pur di scongiurare il fallimento della spedizione; soltanto pochi baroni si opposero alla diversione della crociata. Tra questi vi era Simon IV de Montfort, che dopo l’assedio della città dalmata avrebbe abbandonato i compagni crociatiLa battaglia di Zara, conquistata da veneziani e crociati francesi nel 1202. Olio su tela di Jacopo Tintoretto, 1582-1587, Venezia

Assedio e razzie

Il 13 novembre i crociati iniziarono le operazioni militari, ma intuirono subito che la conquista della città, «racchiusa da alte mura e alte torri», non sarebbe stata un’impresa facile: «Quando i pellegrini videro Zara», narra Geoffroy de Villehardouin, «si dissero l’un l’altro: come può una città simile essere presa con la forza, se non con l’aiuto di Dio stesso?». In realtà, la roccaforte aveva ben poche speranze di poter resistere a un esercito così numeroso e a nulla sarebbero valse le croci che i suoi abitanti piantarono sulle mura, nel vano tentativo di muovere a pietà gli aggressori

Dopo aver spezzato le catene che impedivano l’accesso al porto, gli assalitori disposero le macchine da guerra, con l’obiettivo di attaccare le mura da terra e da mare. Secondo il racconto di Villehardouin, alcuni crociati isolarono la città da terra mentre i veneziani «dalla parte del mare drizzarono le scale sulle navi»: le macchine da lancio batterono le mura e gli zappatori scalzarono il piede di una torre. Dopo cinque giorni di combattimenti gli assediati si resero conto che non vi era altro scampo che la resa e aprirono le porte di Zara, chiedendo in cambio soltanto di aver salva la vita. 

Veneziani e francesi si diedero a un barbaro saccheggio e, poiché la stagione era ormai troppo inoltrata per rimettersi in mare, si suddivisero i quartieri della città per trascorrervi l’inverno. Tuttavia, non passarono pochi giorni che i francesi iniziarono ad accusare i veneziani di aver tenuto per sé le case più belle e più comode, e dopo liti e minacce i due schieramenti giunsero a scontrarsi armi in pugno. La città sprofondò nuovamente nel caos e fu necessaria un’intera settimana perché il doge e i baroni riuscissero a riportare l’ordine tra i loro uomini.Andrea Vicentino raffigurò nel 1578 il momento in cui il futuro imperatore bizantino Alessio IV Angelo invoca l’aiuto dei crociati

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Verso Costantinopoli

Nel frattempo giunse a Zara una lettera di Innocenzo III, con la quale il papa, indignato per l’attacco crociato contro una città cristiana, scomunicava gli autori del saccheggio e imponeva loro di restituire il maltolto. Subito i baroni inviarono a Roma una delegazione per implorare il perdono del papa; un perdono che il pontefice concesse, ma solo ai francesi, non ai veneziani, ritenuti responsabili di aver condotto i soldati di Cristo in quella guerra empia e sacrilega.

Del resto, nonostante le proteste di facciata, a conquista ultimata lo stesso Innocenzo III riteneva preferibile dissimulare i risentimenti affinché la spedizione in Terra Santa si compisse, sia pure dopo l’improvvisa deviazione. Ma di lì a poco arrivarono a Zara gli ambasciatori di Filippo di Svevia, con un’inaspettata proposta del principe bizantino Alessio Angelo, suo cognato: se i crociati lo avessero aiutato a deporre l’usurpatore del trono imperiale Alessio III, egli prometteva di saldare tutti i debiti con Venezia

Le truppe franco-veneziane, deviando ancora una volta dalla rotta stabilita, si diressero verso la capitale dell’impero romano d’Oriente, dove si sarebbero rese protagoniste di uno degli episodi più cruenti del Medioevo: l’assedio e il sacco di Costantinopoli

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Per saperne di più

La conquista di Costantinopoli. Geoffroy de Villehardouin, SE, Milano, 2024