Concorsi, negato risarcimento danni se successo è statisticamente non significativo

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Gen 31, 2025 - 13:42
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Concorsi, negato risarcimento danni se successo è statisticamente non significativo

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Non è possibile il risarcimento danni se le mere possibilità di successo nei concorsi risultano statisticamente non significative: il Dottor Marcello Lupoli approfondisce una recente sentenza del Consiglio di Stato.


L’assoluta mancanza della prova della probabilità di verificazione dell’evento favorevole al ricorrente è preclusiva del risarcimento, non potendo essere risarcite mere possibilità di successo statisticamente del tutto non significative.

Il risarcimento è escluso allorquando l’interesse legittimo leso ha ricevuto idonea tutela con l’annullamento determinato da un’illegittimità da cui non è derivato l’accertamento della fondatezza della pretesa del privato, ma un vincolo per l’amministrazione a rideterminarsi, senza esaurimento della discrezionalità ad essa spettante.

A tanto perviene, in sintesi, la sentenza 23 dicembre 2024, n. 10324 resa dalla settima sezione del Consiglio di Stato.

Il caso

I supremi giudici amministrativi sono stati chiamati a decidere sull’appello proposto avverso la sentenza del giudice amministrativo di prime cure territorialmente competente, con cui era stato respinto il ricorso proposto per l’accertamento del diritto al risarcimento dei danni richiesto da un dirigente pubblico in virtù dell’illegittima esclusione, per erronea valutazione dei titoli in possesso dell’interessato, dalla procedura selettiva bandita da un ministero per il conferimento di due incarichi dirigenziali ex art. 19, comma 6, del d. lgs n. 165/2001.

In particolare, l’appellante aveva partecipato alla predetta procedura selettiva e, non essendo risultato vincitore, aveva impugnato tutti gli atti procedimentali con ricorso straordinario al Capo dello Stato, ricorso deciso con decreto del Presidente della Repubblica, adottato su parere del Consiglio di Stato, recante l’annullamento di tutti gli atti per illogicità e sproporzione dei punteggi assegnati agli indicatori della griglia valutativa, fatta eccezione per il provvedimento di indizione della procedura e con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.

In forza di tanto l’interessato aveva proposto ricorso dinanzi al giudice amministrativo di primo grado territorialmente competente al fine di sentire accertare il suo diritto al risarcimento del danno patrimoniale da mancato conferimento dell’incarico e da perdita di chance, nonché del danno curriculare e del danno non patrimoniale.

Il tribunale adito aveva respinto la doglianza interposta in base alla mancata dimostrazione circa la sussistenza di un danno e del nesso di causalità tra esclusione e danno, tale da poter ritenere che dall’annullamento della procedura (ovvero da una corretta valutazione dei punteggi) sarebbe derivata la spettanza del bene della vita, quantomeno in termini di chance, da intendersi come concreta probabilità di conseguimento del bene della vita.

Avverso detta pronuncia è insorto l’appellante, chiedendone la riforma per ritenuti errores in iudicando.

Svolgimento del processo

Il gravame portato all’attenzione dei giudici di Palazzo Spada è stato dichiarato infondato, con conseguente conferma della sentenza impugnata nella parte in cui era stata ritenuta non provata la sussistenza del danno e del nesso di causalità tra esclusione e presunto danno.

La pronuncia in disamina a tanto perviene affidando la parte motiva al richiamo di alcuni consolidati principi giurisprudenziali affermati in materia.

Ed invero, viene rammentato che:

  • il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo, ma richiede la verifica di tutti i requisiti dell’illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso) e, nel caso di richiesta di risarcimento del danno conseguente alla lesione di un interesse legittimo pretensivo, è subordinato alla dimostrazione, secondo un giudizio prognostico, con accertamento in termini di certezza o, quanto meno, di probabilità vicina alla certezza, che il provvedimento sarebbe stato rilasciato in assenza dell’agire illegittimo della Pubblica Amministrazione” (Cons. Stato, sez. III, 3 giugno 2022, n. 4536; cfr., altresì, sez. V, 2 maggio 2023, n. 4453; 27 maggio 2022, n. 4279; 19 agosto 2019, n. 5737; 23 marzo 2018, n. 1859);
  • per danno ingiusto risarcibile ai sensi dell’art. 2043 c.c. si intende non qualsiasi perdita economica, ma solo la perdita economica ingiusta, ovvero verificatasi con modalità contrarie al diritto; ne consegue quindi la necessità, per chiunque pretenda un risarcimento, di dimostrare la c.d. spettanza del bene della vita, ovvero la necessità di allegare e provare di essere titolare, in base ad una norma giuridica, del bene della vita che ha perduto od al quale anela, e di cui attraverso la domanda giudiziale vorrebbe ottenere l’equivalente economico” (Cons. Stato, sez. V, 21 aprile 2020, n. 2534);
  • relativamente alla prova del danno subito, con riguardo al petitum risarcitorio e, più in generale, in materia di diritti soggettivi, “l’azione risarcitoria innanzi al giudice amministrativo è retta dal generale principio dell’onere della prova ex artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., con il corollario che grava sul ricorrente l’onere di dimostrare la sussistenza di tutti i presupposti della domanda al fine di ottenere il riconoscimento della responsabilità dell’amministrazione per danni derivanti dall’illegittimo svolgimento dell’attività amministrativa di stampo autoritativo, da ricondurre al modello della responsabilità per fatto illecito di cui all’art. 2043 c.c.: in particolare, è a carico del presunto danneggiato l’onere della prova degli elementi costitutivi della fattispecie aquiliana” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 febbraio 2016, n. 486).

Comparazione curriculum e criteri dei punteggi

Delineato nei termini che precedono il perimetro dei principi giurisprudenziali affermati in subiecta materia ed applicando gli stessi alla fattispecie concreta, i giudici di Piazza Capo di Ferro hanno ritenuto che “è sfornita di prova la tesi dell’appellante, che costituisce l’architrave del ricorso, secondo cui, se la griglia di valutazione avesse previsto punteggi non irragionevoli, egli si sarebbe certamente classificato al primo posto e, quindi, avrebbe ottenuto l’incarico”.

Al riguardo, il gravame si sofferma sulla comparazione tra il curriculum dell’interessato e quello di una delle due candidate risultate vincitrici, intendendo porre in luce che – come avvenuto in altra procedura selettiva alla quale entrambi avevano partecipato (e nella quale detta candidata si era classificata in posizione non utile) – qualora i punteggi fissati per i criteri di valutazione fossero stati corretti, l’appellante sarebbe risultato vincitore.

Sul punto la sentenza in disamina ha osservato che, fermo restando che non sono comparabili gli esiti di procedure diverse, tale impostazione avrebbe avuto la valenza di un principio di prova se alla procedura in questione avessero preso parte soltanto le due vincitrici e l’appellante, atteso che su una platea di concorrenti così ridotta la probabilità (non anche la certezza) che l’appellante avesse potuto conseguire l’utilità sperata sarebbe stata più elevata.

Diversamente – ha evidenziato la pronuncia de qua – nella procedura selettiva per cui è causa hanno partecipato ben 97 candidati, dei quali 23 sono stati esclusi poiché privi dei requisiti, di guisa che la selezione comparativa è avvenuta fra 74 contendenti e, pertanto, l’appellante “non è stato illegittimamente ‘escluso’”, ma è rimasto tra i candidati valutati, “verosimilmente penalizzato nella valutazione del curriculum, dal momento che, relativamente ad alcuni criteri, non gli sono stati attribuiti i punteggi che (in ipotesi e ferma restando la discrezionalità della commissione) avrebbe potuto ottenere sia per dottorati di ricerca e master […] sia per le pubblicazioni […]” e “rispetto alle candidate risultate vincitrici, ha comunque ottenuto punteggi più bassi su tutti gli altri indicatori […], fatta eccezione per l’indicatore […] in cui tutti tre hanno conseguito il massimo”.

Conseguentemente, “non è affatto certo (ed è anzi altamente improbabile […]) che, con punteggi meno irragionevoli agli indicatori […], egli sarebbe prevalso sulle altre due e, segnatamente, su una delle due” e, pertanto, quanto precede esclude la sicura spettanza del bene della vita.

Concorsi, negato risarcimento danni se successo è statisticamente non significativo

Orbene – hanno osservato ulteriormente i giudici di Palazzo Spada – con riferimento alla perdita di chance di risultare vincitore, “l’appellante non ha dimostrato che, con un maggiore punteggio ai criteri in discussione, avrebbe avuto chance di vittoria: sicché, stante la elevata differenza di punteggio con le due vincitrici […], può concludersi che lo stesso non avesse concrete possibilità di classificarsi in posizione utile”.

La sentenza in disamina, nella parte motiva, ha richiamato, con riferimento proprio ad una procedura di conferimento di incarico dirigenziale, una recente pronuncia del giudice di legittimità (Cass. Sez. Lavoro, 23 settembre 2024, n. 25442), secondo cui “il risarcimento del danno da c.d. perdita di ‘chance’ non segue automaticamente a una procedura concorsuale illegittima ma va individuato nella sussistenza di elevate probabilità di esito vittorioso della selezione, la cui prova, anche presuntiva, non può essere integrata dall’esistenza di probabilità tutte pari tra i vari concorrenti alla selezione di conseguire il risultato atteso, occorrendo che si dimostri il nesso di causalità tra l’inadempimento datoriale e il suddetto danno in termini prossimi alla certezza”.

Pertanto – come ulteriormente precisato dalla sentenza in disamina – “a fronte di una domanda di risarcimento del danno da perdita di chance, il giudice è chiamato ad effettuare una valutazione che si svolge su due diversi piani in quanto occorre innanzitutto che, sulla base di elementi offerti, venga ritenuta sussistente una concreta e non meramente ipotetica probabilità dell’esito positivo della selezione e solo qualora detto accertamento si concluda in termini positivi vi potrà essere spazio per la valutazione equitativa del danno, da effettuare in relazione al canone probabilistico riferito al risultato utile perseguito”.

Prendendo le mosse da tali consolidati principi, i supremi giudici amministrativi hanno evidenziato il diverso orientamento giurisprudenziale venutosi a creare con riguardo alla prova del nesso causale tra comportamento illegittimo e danno risarcibile per perdita di chance.

Il rapporto tra reali chance e conseguimento del beneficio

Ed invero – dopo aver rammentato che secondo un orientamento è richiesto l’apprezzamento del probabile trasformarsi della chance in reale conseguimento del beneficio in termini di “elevata probabilità, prossima alla certezza” o quantomeno un grado di probabilità almeno pari al 50 per cento – il dictum in commento ha condiviso altro approdo giurisprudenziale (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 6268/2021), secondo cui “il richiamo alla ‘elevata probabilità’ (ad es., almeno pari al 50 %) di realizzazione, quale condizione affinché la chance acquisti rilevanza giuridica, è fuorviante, in quanto così facendo si assimila il trattamento giuridico della chance alla causalità civile ordinaria (ovvero alla causalità del risultato sperato), mentre la risarcibilità della perdita di chance è stata elaborata al fine di ‘traslare’ sul versante delle situazioni soggettive e, quindi, del danno ingiusto, un problema di causalità incerta non per accertare l’esistenza della chance come bene a sé stante, bensì per misurare in modo equitativo il ‘valore’ economico della stessa, in sede di liquidazione del quantum risarcibile”, di guisa che non vi è una “una percentuale di probabilità da dover essere superata e allo stesso tempo non si possono risarcire mere possibilità di successo, statisticamente del tutto non significative”.

Ulteriori conclusioni dei giudici

Al riguardo – hanno osservato ulteriormente i giudici di Piazza Capo di Ferro – “una cosa è la determinazione di un nesso causale tra un comportamento e un danno certo (nel qual caso, in ambito civilistico, vale appunto la c.d. regola del “più probabile che non”: Cass., s.u., 11 gennaio 2008, n. 576) e altro è stabilire i criteri di valutazione della rilevanza di un pregiudizio che, pur essendo cagionato anch’esso dal comportamento altrui, è addirittura incerto nella sua reale verificazione in senso giuridico (ovverosia quale perdita di un’utilità alla quale si avesse diritto), quale è il danno da perdita di chance”, rammentando “un orientamento risalente di questa Adunanza plenaria, mai posto in discussione”, secondo cui “il risarcimento è […] escluso quando l’interesse legittimo riceva tutela idonea con l’accoglimento dell’azione di annullamento, ma quest’ultimo sia determinato da una illegittimità, solitamente di carattere formale, da cui non derivi un accertamento di fondatezza della pretesa del privato ma un vincolo per l’amministrazione a rideterminarsi, senza esaurimento della discrezionalità ad essa spettante (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 3 dicembre 2008, n. 13; §§ 3.3 – 3.5)”.

Proprio a tale fattispecie presa in considerazione dalla richiamata pronuncia dell’Adunanza plenaria è riconducibile la res litigiosa de qua, ragion per cui “va escluso il risarcimento, in quanto l’interesse legittimo leso ha ricevuto tutela idonea con l’annullamento determinato da una illegittimità da cui non è derivato l’accertamento della fondatezza della pretesa del privato ma un vincolo per l’amministrazione a rideterminarsi, senza esaurimento della discrezionalità ad essa spettante” e il mancato riconoscimento della pretesa risarcitoria avanzata è da rinvenire nell’”assoluta mancanza della prova della probabilità di verificazione dell’evento favorevole al ricorrente, non potendo essere risarcite – come già detto – mere possibilità di successo, statisticamente del tutto non significative”.

Il testo della sentenza

Qui il documento completo.

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