Chiusura attività: quando si applica la procedura di licenziamento speciale ex L. 234/2021
![CDATA[Il Ministero del Lavoro, con la risposta all’interpello n. 1 del 27 gennaio 2025, ha chiarito che il datore di lavoro che - avendo occupato, nell'anno precedente, più di 250 dipendenti - decide di procedere alla chiusura di più distinte unità, così come definite dalla L. 234/2021, è tenuto ad attivare la procedura dettata da tale norma, ove anche in una sola di esse si determini un esubero di almeno 50 unità di personale, dovendosi ritenere in tali casi impraticabili percorsi alternativi per pervenire alla risoluzione dei rapporti di lavoro come, ad esempio, la procedura di licenziamento collettivo ex lege 223/1991. Allo scopo, appare opportuno ricordare come la L. 234/2021 ha l'obiettivo di attenuare gli effetti occupazionali e produttivi derivanti da iniziative unilaterali dei datori di lavoro finalizzate alla chiusura di una sede, di uno stabilimento, di una filiale o di un ufficio o reparto autonomo situato nel territorio nazionale, con la cessazione definitiva delle relative attività e i conseguenti esuberi occupazionali. Nella citate ipotesi, il legislatore ha inteso prevedere - al fine di "garantire la salvaguardia del tessuto occupazionale e produttivo", specifiche misure a tutela dei lavoratori interessati dai possibili licenziamenti, quali la presentazione da parte del datore di lavoro di un piano elaborato per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura, nonché la sua discussione e condivisione con le organizzazioni sindacali interessate, con il coinvolgimento del Ministero del Lavoro e del Ministero delle imprese e del made in Italy (art. 1, c. 228). Tale disciplina, ai sensi del c. 224 del medesimo art. 1, si applica al "datore di lavoro in possesso dei requisiti dimensionali di cui al c. 225 che intenda procedere alla chiusura di una sede, di uno stabilimento, di una filiale, o di un ufficio o reparto autonomo situato nel territorio nazionale, con cessazione definitiva della relativa attività e con licenziamento di un numero di lavoratori non inferiore a 50" e precisamente ai "datori di lavoro che, nell'anno precedente, abbiano occupato con contratto di lavoro subordinato, inclusi gli apprendisti e i dirigenti, mediamente almeno 250 dipendenti" (c. 225). Da un punto di vista letterale, la disposizione in esame risulta chiara nell'individuare il proprio ambito di applicazione, riferendolo a quei datori di lavoro che — in presenza del requisito dimensionale dei 250 dipendenti - procedano sul territorio nazionale alla chiusura di una struttura aziendale, con cessazione definitiva della relativa attività e conseguente licenziamento di almeno 50 dipendenti. Si tratta, dunque, di un presupposto in presenza del quale deve ritenersi obbligatoria, per il datore di lavoro considerato, l'applicazione della disciplina di cui alla L. 234/2021. Sussistendo i requisiti per l'applicazione di quest'ultima disciplina, risulta, pertanto, irrilevante lo scrutinio di eventuali alternative ulteriori laddove, ad esempio, come nella fattispecie ipotizzata con il quesito posto con l'interpello in commento, si intenda procedere ad altre chiusure di sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo dalle quali consegua il licenziamento di un numero di dipendenti inferiore a 50.]]
Il Ministero del Lavoro, con la risposta all’interpello n. 1 del 27 gennaio 2025, ha chiarito che il datore di lavoro che - avendo occupato, nell'anno precedente, più di 250 dipendenti - decide di procedere alla chiusura di più distinte unità, così come definite dalla L. 234/2021, è tenuto ad attivare la procedura dettata da tale norma, ove anche in una sola di esse si determini un esubero di almeno 50 unità di personale, dovendosi ritenere in tali casi impraticabili percorsi alternativi per pervenire alla risoluzione dei rapporti di lavoro come, ad esempio, la procedura di licenziamento collettivo ex lege 223/1991.
Allo scopo, appare opportuno ricordare come la L. 234/2021 ha l'obiettivo di attenuare gli effetti occupazionali e produttivi derivanti da iniziative unilaterali dei datori di lavoro finalizzate alla chiusura di una sede, di uno stabilimento, di una filiale o di un ufficio o reparto autonomo situato nel territorio nazionale, con la cessazione definitiva delle relative attività e i conseguenti esuberi occupazionali.
Nella citate ipotesi, il legislatore ha inteso prevedere - al fine di "garantire la salvaguardia del tessuto occupazionale e produttivo", specifiche misure a tutela dei lavoratori interessati dai possibili licenziamenti, quali la presentazione da parte del datore di lavoro di un piano elaborato per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura, nonché la sua discussione e condivisione con le organizzazioni sindacali interessate, con il coinvolgimento del Ministero del Lavoro e del Ministero delle imprese e del made in Italy (art. 1, c. 228).
Tale disciplina, ai sensi del c. 224 del medesimo art. 1, si applica al "datore di lavoro in possesso dei requisiti dimensionali di cui al c. 225 che intenda procedere alla chiusura di una sede, di uno stabilimento, di una filiale, o di un ufficio o reparto autonomo situato nel territorio nazionale, con cessazione definitiva della relativa attività e con licenziamento di un numero di lavoratori non inferiore a 50" e precisamente ai "datori di lavoro che, nell'anno precedente, abbiano occupato con contratto di lavoro subordinato, inclusi gli apprendisti e i dirigenti, mediamente almeno 250 dipendenti" (c. 225).
Da un punto di vista letterale, la disposizione in esame risulta chiara nell'individuare il proprio ambito di applicazione, riferendolo a quei datori di lavoro che — in presenza del requisito dimensionale dei 250 dipendenti - procedano sul territorio nazionale alla chiusura di una struttura aziendale, con cessazione definitiva della relativa attività e conseguente licenziamento di almeno 50 dipendenti. Si tratta, dunque, di un presupposto in presenza del quale deve ritenersi obbligatoria, per il datore di lavoro considerato, l'applicazione della disciplina di cui alla L. 234/2021. Sussistendo i requisiti per l'applicazione di quest'ultima disciplina, risulta, pertanto, irrilevante lo scrutinio di eventuali alternative ulteriori laddove, ad esempio, come nella fattispecie ipotizzata con il quesito posto con l'interpello in commento, si intenda procedere ad altre chiusure di sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo dalle quali consegua il licenziamento di un numero di dipendenti inferiore a 50.]]