Parole e rivoluzione: tre consigli letterari
“La militanza era una catena interminabile, peggio del rosario di una beghina popolana, di riunioni da mattina a sera; circoli di studio in cui si ripetevano litanie, si rielaboravano schemi, si pensava poco, si spettegolava sulle coppiette e tutti avevano uno pseudonimo anche se tutti conoscevano i nostri nomi veri. C’erano spartachisti puri e impuri, […] L'articolo Parole e rivoluzione: tre consigli letterari proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“La militanza era una catena interminabile, peggio del rosario di una beghina popolana, di riunioni da mattina a sera; circoli di studio in cui si ripetevano litanie, si rielaboravano schemi, si pensava poco, si spettegolava sulle coppiette e tutti avevano uno pseudonimo anche se tutti conoscevano i nostri nomi veri. C’erano spartachisti puri e impuri, maoisti e neomaoisti, qualcosa come quattro varianti di trotskisti e ovviamente gli eterni menscevichi del PC, quei fantomatici massimi nemici della sinistra-sinistra, che erano, e questo era il tanto disprezzato aggettivo, molto più grave della peggiore macchia morale, “riformisti”. Visti dalla distanza del presente, bisogna ammettere che eravamo davvero strani”.
‘68, di Paco Ignacio Taibo II (traduzione di Simone Cattaneo, prefazione di Gianni Minà, prologo di Elena Poniatowska; Mimesis Edizioni), è uno straordinario memoir (che nelle intenzioni dell’autore doveva diventare un romanzo) sulla stagione della contestazione in Messico dalla nascita del movimento di protesta, con l’occupazione di scuole e università, fino alla repressione dello Stato e al sanguinoso epilogo.
PIT II, che era membro della Commissione sciopero nella facoltà di Scienze politiche, compone un collage (formula riuscita già usata nelle altre sue opere) di ricordi personali e di cronache appassionate che tentano di mantenere viva la memoria di una generazione che ha fatto della mobilitazione sociale la sua arma più potente. Cerca di rispondere alle tante domande che, quattro decenni dopo, ronzano ancora nella testa di chi, allora, è stato protagonista, e vogliono testimoniare la partecipazione collettiva, la gioia, la creatività, la follia di chi voleva un mondo diverso.
Furono mesi esaltanti e tragici, mesi di ribellione e di azioni dirette per le strade, in mezzo al popolo. Mesi conclusisi con il massacro di Tlatelolco, il 2 ottobre 1968, dieci giorni prima dell’inizio dei Giochi della XIX Olimpiade, quando l’esercito sparò sulla folla pacifica, lasciando sul selciato della piazza oltre trecento morti. Di questo e di Bob Dylan, minigonne, scritte libertarie sui muri, mense collettive intitolate a rivoluzionari vietnamiti, materassi, coriandoli, occupazioni, chitarre e amore, parla ’68, una testimonianza scritta imprescindibile per chi voglia una versione meno bugiarda e istituzionale di come andarono le cose.
“Se un uomo ti colpisce con un pugno, non puoi difenderti colpendo la sua mano, perché non riusciresti ad arrecargli danni significativi in quel modo. Per poter vincere la battaglia, devi colpire dove gli farà più male. Il che vuol dire che devi andare oltre il suo pugno, colpendo le parti più sensibili e vulnerabili del corpo del tuo aggressore (…) affinché noi possiamo colpire il Sistema dove fa più male, dobbiamo selezionare questioni e problemi su cui il Sistema non può arretrare, per cui lotterà fino alla fine. Per questo è necessario non scendere a compromessi con il Sistema, ma lottare fino alla morte”.
Colpisci dove fa più male, di Theodore John Kaczynski (traduzione e cura di Emmanuele J. Pilia; D Editore), raccoglie una serie di saggi di colui diventato famoso come “UnaBomber”, scritti in decenni di lavoro e che attaccano in modo lucido e diretto la società tecnologica, e analizzano ciò che dovrebbe essere un movimento rivoluzionario. Kaczynski incita a combattere il Sistema, a non accontentarsi mai di vittorie ininfluenti, ma di colpire al cuore il nemico, distruggerlo per costruire una società nuova. I saggi, molti dei quali inediti in Italia, sono stati scritti nel carcere di Florence, in Colorado (dove, fino al giugno del 2023, quando si è impiccato, Kaczynski scontava un ergastolo), sono interessanti anche da un punto di vista storiografico, in quanto analizzano, demonizzandolo, i cambiamenti del Sistema e le strategie da utilizzare per sconfiggerlo definitivamente.
“Quando nella Haiti rivoluzionaria, afflitta dalla febbre gialla, i soldati polacchi agli ordini del generale Charles Leclerc, inviato da Napoleone per restaurare la schiavitù, sentirono i loro avversari intonare, al calar della notte, la Marsigliese e il Ça ira!, reagirono a questo sonoro rimprovero rifiutandosi di obbedire all’ordine di massacrare i prigionieri di colore (…) il romanticismo, la democrazia, l’idealismo, il marxismo, l’anarchismo e persino il fascismo ebbero, in misura variabile, una dimensione globale e la capacità di collegare nazioni diverse. Il nazionalismo, l’elemento con maggior valenza, si è così combinato con gli altri secondo modalità e tempistiche differenti”.
Anarchismo e immaginario anticoloniale (traduzione di Claudia Campisano, prefazione di Stefano Boni; Elèuthera), è una delle ultime, riuscite, opere del sociologo irlandese, naturalizzato statunitense, Benedict Anderson. In questo testo i concetti di nazionalismo, imperialismo e antimperialismo vengono analizzati dalla prospettiva dei colonizzati, e non dei colonizzatori bianchi, aspetto che rende originale e accattivante l’opera. Partendo dalle rivolte a di Cuba e delle Filippine sul finire dell’Ottocento, l’autore traccia le tappe dei protagonisti di questi fermenti popolari, trovando un raccordo con i concetti radicali occidentali grazie alla prigione dove questi venivano sbattuti in compagnia degli anarchici europei.
Da questo incontro nasce quella reciproca spinta di emancipazione dal potere che porterà alle lotte di liberazione e alla consapevolezza politica di milioni di sfruttati. Dai Caraibi all’Europa imperiale al Mar della Cina, Anarchismo e immaginario anticoloniale è la testimonianza scritta di un produttivo incrocio di culture sovversive e anarchiche che gettano una nuova luce per capire il mondo globalizzato odierno.
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