Se avessi 20 anni sarei con i giovani che protestano per l’ambiente, a scandalizzare i vecchi

Sento “i vecchi” parlare dei “giovani” e penso a quello che in ecologia si chiama “lo slittamento dei punti di riferimento”. Un pescatore di 70 anni vi dirà che oggi la pesca va male. Andava bene 50 anni fa. Per quello di 60 anni andava bene 40 anni fa; 30 anni fa per quello di […] L'articolo Se avessi 20 anni sarei con i giovani che protestano per l’ambiente, a scandalizzare i vecchi proviene da Il Fatto Quotidiano.

Feb 8, 2025 - 11:54
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Se avessi 20 anni sarei con i giovani che protestano per l’ambiente, a scandalizzare i vecchi

Sento “i vecchi” parlare dei “giovani” e penso a quello che in ecologia si chiama “lo slittamento dei punti di riferimento”. Un pescatore di 70 anni vi dirà che oggi la pesca va male. Andava bene 50 anni fa. Per quello di 60 anni andava bene 40 anni fa; 30 anni fa per quello di 50. La pesca andava bene quando avevano vent’anni! Slittano i punti di riferimento, e ogni deviazione è negativa. I vecchi amano la loro giovinezza.

Chi era giovane 50 anni fa, io sono tra quelli, ritiene molto diversi i giovani attuali: ai miei tempi eravamo impegnati, volevamo cambiare il mondo. Oggi i giovani se ne fregano, non si impegnano.

Ho fatto il liceo negli anni Sessanta e l’università negli anni Settanta, a Genova. Una città molto impegnata politicamente. Nella mia classe di 30 alunni, al liceo, eravamo in cinque o sei a discutere di politica. Se c’era uno sciopero, scioperavamo tutti, ma pochi partecipavano a manifestazioni, occupazioni e assemblee. Gli altri affollavano i bar, o facevano “vasche” nelle strade dello struscio. Le discussioni, dal lunedì al mercoledì, erano sulla partita della domenica precedente, con sfottò tra tifosi del Genoa e della Samp; dal giovedì al sabato sulla partita della domenica successiva.

Le cose non sono cambiate. I giovani impegnati oggi appartengono ai Fridays for Future, a Extinction Rebellion e ad altre organizzazioni che chiedono cose prima non considerate importanti: fermare il degrado ambientale, il saccheggio della natura. Qualcosa unisce le proteste di allora e di oggi. Bob Dylan, in Masters of War, parla dei padroni della guerra. Oggi i giovani denunciano le collaborazioni tra le università e l’industria delle armi. Per i “vecchi” sono gretini velleitari; le loro proteste, per il momento mai violente, vanno punite duramente.

Dietro ai giovani di allora c’erano vecchi pensatori, tipo Marcuse. Oggi ce ne sono altri, da Jeffrey Sachs agli scienziati che denunciano l’impatto dei nostri sistemi di produzione e consumo sulla natura. Greta non propone soluzioni, denuncia i problemi evidenziati dai “vecchi” e chiede che i proponimenti enunciati nelle Conferenze delle Parti siano messi in atto. Ma la massa dei giovani, oggi come allora, si occupa di calcio, e di fenomeni di costume amplificati dalle reti sociali. Oggi come allora molti giovani mirano ad entrare nel mondo dello sport o dello spettacolo, a diventare influenzatori di altri giovani. Chi “si impegna” di solito è una minoranza.

La categoria “giovani” non è mai stata omogenea. Alcuni hanno forti cariche innovative, moltissimi altri no. I “vecchi” possono essere attirati dall’innovazione, ma moltissimi sono ancorati ai loro vent’anni, e non capiscono il nuovo. Io non faccio eccezione. Nella musica attuale, ad esempio, non trovo nulla di originale. La ascolto e mi pare copiata da quella di ieri. Nessuno mi emoziona e mi sorprende come Hendrix, Dylan, Beatles, Stones, Zappa e moltissimi altri che, a loro volta, si riferirono a “vecchi” come Howlin’ Wolf, Jonny Guitar Watson, Edgar Varése e Igor Stravinski. Una continuità lega le generazioni o, meglio, le loro avanguardie, ma la maggior parte della popolazione, di ogni età, mi pare abbastanza simile ai miei compagni di liceo e di università.

Senza deviazione dalla norma il progresso è impossibile. I giovani, per definizione, dovrebbero deviare dalle norme stabilite dai vecchi. Ma i deviatori sono sempre una minoranza: le “avanguardie”. Un tempo le ribellioni giovanili avvenivano per motivi sociali oggi sono quelli ambientali ad avere più spazio. Resta invariata l’opposizione alle guerre, contrapposta a una propensione, per molti, all’aggressività, vedi le guerre tra tifoserie, tanto per tornare al calcio, o alle risse convocate via social. Sembra che tutto cambi ma, in fondo, le cose tendono a restare invariate.

Come spiega l’ipotesi della Regina Rossa, espressa da Charles Darwin ne l’Origine delle Specie. Non esiste un posto dove tutte le specie siano perfettamente adattate le une alle altre. Se una “migliora” anche le altre dovranno farlo, per mantenere invariati i loro rapporti, o saranno sterminate. Darwin non riferì questa intuizione alla Regina Rossa di Alice attraverso lo specchio, e l’ipotesi fu riscoperta da un ricercatore che si attribuì l’intuizione, utilizzando la metafora della Regina Rossa che disse ad Alice: d’ora in poi, se vuoi restare ferma, devi iniziare a correre.

Ogni cambiamento genera altri cambiamenti ma, nel complesso, le cose non cambiano granché. Lo disse anche il Gattopardo: cambiare tutto perché tutto resti come prima.

In effetti, sia in ecologia sia in politica, le cose comunque cambiano, e sono le deviazioni dalla norma a farle cambiare, spesso con repentini cambi di regime, legati a eventi eccezionali come il 68, la caduta dell’Urss, l’11 settembre, il Covid, la crisi del 2008, l’Ucraina, il 7 ottobre e Gaza. Le cose, però, non vanno quasi mai come speravano quelli che le volevano cambiare, e affiora la nostalgia del passato, di quando si sperava che sarebbero cambiate come avremmo voluto noi. Se avessi 20 anni sarei con i giovani che protestano per l’ambiente, a scandalizzare i vecchi. Meno male che ci sono giovani così. Si comincia a morire quando si cede al pensiero che nulla possa cambiare.

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