Oro ai massimi storici per l’incertezza sui dazi
Per le tensioni commerciali globali legate alle tariffe di Trump il metallo registra nuovi record. Un trend rialzista che secondo gli esperti potrebbe proseguire. L'articolo Oro ai massimi storici per l’incertezza sui dazi proviene da FundsPeople Italia.
L’oro continua la sua corsa senza sosta, toccando nuovi massimi storici. Le tensioni commerciali legate ai dazi imposti da Trump, l’incertezza geopolitica e gli acquisti delle banche centrali spingono il metallo prezioso sempre più in alto. Lo scorso lunedì ha raggiunto un nuovo record di 2.830,49 dollari per oncia e, secondo gli analisti, il trend rialzista potrebbe proseguire. Le previsioni parlano di un possibile ulteriore aumento verso i 2.900-3.000 dollari per oncia entro la fine dell’anno.
La rapida esecuzione della minaccia sui dazi di Trump ha colto di sorpresa i mercati, stimolando la volatilità dei mercati azionari, mentre beni rifugio, l'oro e il dollaro, sono saliti. “La nostra ricerca mostra che un rallentamento dei volumi del commercio globale è tipicamente associato a un dollaro USA più forte, a un aumento dell'oro e dei prezzi dei Treasury USA e a un calo dei mercati azionari”, avverte Peter van der Welle, Strategist di Robeco.
La relazione con il dollaro
Gli esperti di GAM sono da tempo siamo positivi su dollaro e oro. Storicamente, i due asset si muovono in direzioni opposte: quando il dollaro si rafforza, l’oro tende a indebolirsi. Tuttavia, questa relazione si è notevolmente attenuata. “Attualmente, la correlazione inversa tra il dollaro e i metalli preziosi è scesa a -0,14, un livello statisticamente debole, con momenti in cui è persino diventata positiva”, analizza Massimo De Palma, Head of Multi Asset Team di GAM (Italia) SG.
Questo cambiamento mette in discussione l’idea tradizionale che un dollaro forte penalizzi i metalli preziosi e viceversa. “Potremmo dunque assistere a una fase in cui oro e dollaro si muovono nella stessa direzione, senza necessariamente influenzarsi a vicenda”, avverte De Palma.
Sorge tuttavia un grande interrogativo: la moneta americana manterrà la sua posizione dominante sulle altre valute anche nel 2025? Questa domanda non è scontata, in quanto la politica del nuovo presidente Donald Trump è oggi un grande elemento di incertezza, esattamente come lo è la geopolitica, che nonostante la recente tregua in Medio Oriente resta una grande fonte di volatilità. “Lo scenario globale e le misure inflazionistiche del nuovo governo di Washington (se saranno pienamente attuate) spingono gli investitori a cercare soluzioni considerate un rifugio sicuro e quindi andrebbero a sostenere la crescita dell’oro”, afferma Elisa Piscopiello, Senior ETF Analyst di L&G Asset Management
Oro e inflazione
Anche il rischio di un rimbalzo dell’inflazione sostiene il metallo giallo: “Il processo disinflazionistico post-2022 ha subito una pausa negli ultimi mesi e i dati recenti relativi agli Stati Uniti e all'Eurozona indicano una modesta ripresa delle pressioni inflazionistiche”, dichiara Peter Kinsella, Global Head of Forex Strategy di UBP. “Questo fenomeno dovrebbe diventare sempre più evidente nella seconda metà del 2025 e, nel tempo, gli effetti cumulativi dell'inflazione dovrebbero favorire i prezzi dell'oro”, dice. Secondo UBP, l'oro potrebbe anche beneficiare dell'aumento dei rendimenti obbligazionari a lungo termine. “In generale, l’aumento dei rendimenti tende a far scendere il prezzo del metallo giallo, ma dal 2022 abbiamo osservato una netta interruzione della correlazione tra l'oro e le aspettative sui tassi di interesse reali”, aggiunge Kinsella.
Continuano gli acquisti delle banche centrali
L'oro sta beneficiando anche del forte incremento delle riserve da parte delle banche centrali di tutto il mondo. Il World Gold Council (WGC) stima che gli acquisti di oro da parte degli istituti centrali abbiano spinto il prezzo al rialzo di circa il 15%. “Rispetto al 2022, gli acquisti di oro fisico da parte delle banche centrali sono più che raddoppiati. La decisione dei Paesi occidentali di porre sanzioni sulle riserve della banca centrale russa ha rappresentato un punto di non ritorno, e suggerisce che, in futuro, qualsiasi paese che si dovesse trovare in forte disaccordo politico con l'Occidente potrebbe implicitamente correre il rischio di vedere i propri asset confiscati”, analizza Kinsella. “Di conseguenza, le banche centrali di tutto il mondo hanno incrementato le riserve di oro e questa tendenza è destinata a continuare nel 2025”, spiega. Secondo l’esperto, anche se la guerra in Ucraina sembra avviarsi verso una soluzione negoziata, è probabile che le prospettive geopolitiche restino piuttosto incerte.
La Cina, in particolare, a causa delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti, sta facendo di tutto per ridurre la sua dipendenza dal dollaro e, a questo scopo, la Banca Popolare Cinese ha fatto registrare il più grande volume di acquisti di oro nel 2023, per un ammontare di 225 tonnellate aggiunte alle sue riserve esistenti.
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