L'agenda Trump e il rischio di stagflazione negli USA
Nel corso del mandato presidenziale, politiche come dazi, restrizioni sull’immigrazione, deregolamentazione e stimoli alle imprese potrebbero determinare una crescita economica più debole e un'inflazione superiore alle attese. L'articolo L'agenda Trump e il rischio di stagflazione negli USA proviene da FundsPeople Italia.
I pilastri dell’agenda Trump poggiano su dazi, immigrazione, deregulation e spinta fiscale. L’effetto complessivo stimato delle sue politiche potrebbe decretare nell’arco del quadriennio presidenziale una crescita economica mediamente inferiore dello 0,3% annuo rispetto alle attese, ed un’inflazione più alta di circa lo 0,75%. È questa l’analisi di Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset di Pictet Asset Management.
L’agenda Trump è fatta di quattro categorie di interventi: tariffe sul commercio (60% minacciate sulle merci cinesi e fino al 20% sul resto del mondo), immigrazione, deregolamentazione (che ha spinto il mercato azionario) e tema fiscale. Due di queste, immigrazione e tariffe, avrebbero un impatto negativo sull’offerta aggregata, mentre la deregolamentazione ne avrebbe uno positivo. Inoltre, gli sgravi fiscali rappresentano una politica di sostegno alla domanda aggregata, sebbene la finestra di azione sia oggi limitata, considerato ad esempio che le imposte sul reddito delle società sono già state ridotte dal 35% al 21% nel 2017 col TCJA. “A nostro parere, il risultato complessivo dell’agenda Trump dovrebbe concretizzarsi in un impatto leggermente negativo sulla crescita da un lato, generando dall’altro un rialzo dell’inflazione”, spiega Delitala. “Nel provare ad azzardare previsioni, la difficoltà sta nel capire cosa ci sia di vero nelle promesse di Trump: sulle tariffe, ad esempio, l’idea ad oggi è che potrebbero essere introdotte sulle merci in modo graduale. La nostra proiezione si basa sull’ipotesi che venga realizzata la metà di quanto minacciato sia per la Cina (ovvero il 30%) che per il resto del mondo (quindi il 10%)”, dice l’esperto di Pictet AM.
Il tema dell’immigrazione ha avuto indubbiamente una grande rilevanza sul piano elettorale, ma sul fronte mercati rappresenta secondo Pictet AM il tema più delicato. L’idea di Trump di limitare fortemente l’immigrazione, che ha avuto un ruolo chiave nel riportare in equilibrio un mercato del lavoro altrimenti surriscaldato, potrebbe rivelarsi controproducente per la crescita. “Se, infatti, le tariffe generano un impatto sull’inflazione definito e puntuale, che non si ripete nel tempo, l’immigrazione - che negli ultimi anni ha portato 3,5 milioni di lavoratori in più in America – potrebbe determinare effetti negativi più duraturi sui prezzi e più difficilmente quantificabili”, dice Delitala.
Infine, l’aspetto dell’agenda Trump più auspicabile in ottica mercato è senza dubbio quello della deregolamentazione, che vede tra i più favoriti i settori bancario e delle small cap, che sono però molto sensibili a tassi d’interesse più elevati. Servirà invece più tempo per poter valutare la politica fiscale, richiedendo processi approvativi più lunghi. “Sommando gli effetti complessivi di tutte queste politiche a partire dalle nostre ipotesi e proiezioni (Fig.1), stimiamo che la crescita complessiva nel corso del quadriennio potrebbe essere di circa l’1,5% più bassa di quella prevista, mentre l’inflazione potrebbe salire di tre punti in più (registrando un incremento di circa lo 0,75% all’anno)”, osserva. “Indubbiamente, tra i due effetti il secondo è il più temibile, specie da parte della Fed, in un’economia che cresce (2,7% la previsione IMF) ben sopra il suo potenziale (ca 2%)”, conclude l’esperto.
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