Le stragi nazifasciste, oltre l’accordo di Bonn: "La Germania paghi per i crimini di guerra"
L’avvocato Diego Cremona lancia l’appello ai ministri degli Esteri "Gli indennizzi del 1961 servirono solo per i danni patrimoniali. L’Italia non sia lasciata sola"
Empolese Valdelsa, 5 febbraio 2025 – Il cammino verso la giustizia è iniziato. Le sentenze, una dopo l’altra, stanno inchiodando la Germania alle proprie responsabilità ricostruendo il dramma di tanti italiani trucidati dalla mano nazifascista. Il cammino verso la giustizia è iniziato, sì. Ma a pagare per i crimini di guerra tedeschi sono, al momento, gli italiani stessi con fondi del Ministero delle finanze. Un paradosso che potrebbe essere risolto soltanto attraverso "un tavolo di confronto tra i ministri degli Esteri dei due Paesi con uno sforzo diplomatico sicuramente non semplice ma neppure impossibile".
L’avvocato Diego Cremona lo crede e lo spera, anche e soprattutto per chi è rimasto sulla Terra a piangere quelle vittime innocenti (in tanti gli eredi da lui assistiti in tutta la Toscana e oltre che hanno intentato causa per accedere ai ristori ad hoc previsti con il ’fondo Draghi’ vincendo in primo grado, ndr) e che sta aspettando da 80 anni un gesto, un segno, una vittoria davanti intanto al tribunale degli uomini.
"Da un lato la Repubblica federale di Germania si arrocca, ma non mi arrenderei a questo arroccamento, sul fatto di aver dato compiuto adempimento all’Accordo di Bonn del 1961 – spiega il noto legale –. Accordo teso, come reca il suo titolo, al “regolamento di alcune questioni di carattere patrimoniale, economico e finanziario”, per cui il Governo tedesco avrebbe versato 40 milioni di marchi, cosa che effettivamente fece, per vedere definite tutte le rivendicazioni e le richieste della Repubblica italiana o di persone fisiche o giuridiche italiane, ancora pendenti nei confronti della Germania per fatti risalenti alla seconda guerra mondiale fino all’8 maggio 1945".
Una compensazione sufficiente? "Ora la Germania ritiene di estendere il contenuto di tale Intesa a tutti i tipi di diritti, anche non patrimoniali – risponde Cremona –, mentre la giurisprudenza, ormai risalente, ritiene invece, già dal titolo della stessa Intesa, che gli unici diritti risarciti con quei 40 milioni di marchi avessero carattere patrimoniale. Ovvero indennizzi, ad esempio, per la casa distrutta dai nazisti, piuttosto che per la perdita della ’fonte di reddito’ vitale perché i nazisti avevano ucciso l’unico lavoratore della famiglia". Ma l’ondata devastante di una strage, di una deportazione, dell’uccisione di un civile inerme piuttosto che di un “internato militare“, così come Hitler definì i soldati catturati dopo l’8 settembre del 1943, va ben oltre.
Ed è qui che si apre la voragine dei cosiddetti danni non patrimoniali, del cosiddetto ‘prezzo del dolore’: il dramma psicologico e morale della perdita affettiva del più disumano dei lutti, per migliaia di genitori, fratelli, vedove, orfani. Migliaia di anime spezzate che devono ancora trovare pace. "Questo tipo di dolore, questo tipo di danno, nessuno lo aveva sin qui indennizzato. Certamente non il Governo tedesco – commenta il legale fiorentino –. Con il decreto legge Draghi del 2022 si è aperta una breccia anche su questo fronte, ma non possiamo non chiederci se sia giusto che gli oneri che derivano dal risarcimento di quei danni debba essere il Governo italiano a pagarli, e interamente".
Dunque cosa fare? "Se non riuscissimo a convincere i tedeschi che l’Accordo di Bonn non copre i danni non patrimoniali – insiste Cremona –, potremmo provare a convincerli, solo per fare un esempio, a investire di più, molto di più, nella fondazione ’Memoria, Responsabilità e Futuro’ che la Germania ha promosso e finanziato già dal 2000 e la cui legge istitutiva già prevedeva che, con l’aiuto dell’industria tedesca, si mettessero a disposizione risorse per il risarcimento di ex lavoratori coatti e deportati. Tra l’altro questa legge è successiva alla riunificazione della Germania del 1990, evento che secondo l’Accordo di Londra del 1953 sui “debiti germanici“ avrebbe fatto scattare nuovi obblighi per il Governo tedesco, a suo tempo sospesi per evitare il fallimento finanziario del Paese. Debiti che la Germania si impegnava a saldare una volta conseguita appunto la riunificazione e quindi la piena sovranità". Insomma, un motivo in più per tornare a chiederlo con forza ora.