Giornata Memoria: 7 motivi per cui bisogna ricordare (ancora) la Shoah

Il 27 gennaio, in tutto il mondo, si celebra la Giornata della Memoria, una data fondamentale per riflettere sulle atrocità della Shoah e sulle sue conseguenze. Conoscere ciò che è accaduto non è solo un dovere morale, ma un modo per evitare che simili orrori si ripetano. Durante l’Olocausto, tra il 1933 e il 1945, un numero spropositato di persone fu perseguitato e ucciso nei campi di sterminio come Auschwitz, simbolo per eccellenza di tali barbarie. Stime dello United States Holocaust Memorial Museum parlano di 15-17 milioni di vittime, tra ebrei, prigionieri politici, omosessuali, disabili e altre minoranze. Attraverso le testimonianze dei sopravvissuti, come quelle di Goti Bauer, Sami Modiano, Lidia Maksymowicz, Liliana Segre e altri, possiamo comprendere meglio le dimensioni dell’orrore vissuto.  Ecco i 7 motivi per cui è essenziale ricordare la Shoah, perché la memoria non è solo un tributo al passato, ma un monito per il futuro. [instagram]DFU_7Lks_rO[/instagram] Indice Perché la disumanizzazione è il primo passo verso la distruzione Un genocidio pianificato Per dare voce a chi non ce l’ha più Il futuro che dobbiamo proteggere Per combattere l’indifferenza: un nemico silenzioso Contro l’ignoranza e la manipolazione della storia Perché l’odio non nasce dal nulla: guardare al passato per leggere il presente Perché la disumanizzazione è il primo passo verso la distruzione Uno degli aspetti più terribili della Shoah fu il processo di disumanizzazione sistematica, progettato per ridurre le persone a numeri, oggetti o "pezzi". Ogni individuo veniva spogliato della propria identità, dignità e umanità, già al momento dell’arrivo nei campi di sterminio. Liliana Segre racconta con precisione quel momento: “75190 doveva sostituire in tutto e per sempre le mie generalità: non ero più una persona, ero diventata un pezzo. La spersonalizzazione avveniva immediatamente, quando una donna veniva obbligata a spogliarsi nuda, di colpo, davanti ai soldati che passavano. Venivi rasata, tatuata e rivestita con una divisa a righe”. Conclude Segre: “Entravi in quella baracca in un modo e uscivi che eri già una schiava”. Un genocidio pianificato La Shoah è un unicum storico per la sua precisione organizzativa. Non si trattava di un massacro spontaneo, ma di un progetto deliberato e sistematico per eliminare interi gruppi umani. Auschwitz e gli altri campi di sterminio furono fabbriche di morte, dove ogni aspetto era studiato per ottimizzare l’eliminazione delle persone. Numeri al posto dei nomi, camere a gas progettate per massimizzare il numero delle vittime, corpi trattati come rifiuti: la Shoah rappresenta il punto più basso dell’umanità. E questo non va dimenticato. Per dare voce a chi non ce l’ha più Milioni di persone sono morte senza poter raccontare la propria storia. Le testimonianze dei sopravvissuti sono l’unico ponte con quei silenzi.  E questo rende ancora più prezioso il racconto di Sami Modiano, che racconta le ultime parole del padre: “Avendo capito che aveva perso sua figlia, non voleva sapere che aveva perso anche suo figlio. E allora ha voluto lui stesso farla finita prima che arrivasse il momento. Ma prima di lasciarmi ha voluto darmi la sua benedizione, che ancora porto dentro di me. Mi disse: ‘Tieni duro Sami, tu ce la devi fare. Vai avanti, vai avanti. Ti prego’”. Perché dietro i numeri ci sono volti, vite e speranze spezzate.  Il futuro che dobbiamo proteggere Durante la Shoah, i bambini non erano solo vittime, ma simboli di un futuro distrutto. La loro sofferenza e il loro sterminio erano un modo per annientare intere generazioni, impedendo loro di costruire un domani.  Lidia Maksymowicz ricorda: “Ogni mattina mancava qualche numero, perché i bambini morivano ogni notte. Noi lo abbiamo visto come venivano tirati fuori da queste baracche i corpicini di questi bambini, come venivano buttati su un carro che poi veniva trascinato al forno crematorio.Non tutti riuscivano a tornare dopo essere stati presso il laboratorio di Mengele perché una parte dei bambini veniva trucidata tramite una vaccinazione di fenolo”. Ricordare il destino dei bambini uccisi significa anche impegnarsi a proteggere le nuove generazioni, insegnando loro il valore della vita, della tolleranza e del rispetto. Solo attraverso il ricordo possiamo costruire un futuro in cui simili atrocità non abbiano mai più spazio. Per combattere l’indifferenza: un nemico silenzioso La Shoah non fu solo il risultato della crudeltà nazista, ma anche dell’indifferenza di chi guardò altrove. In molti scelsero di non agire, anche sapendo cosa stava accadendo. Come racconta Goti Bauer, la vita nei campi cancellava ogni senso di umanità, spingendo anche i prigionieri stessi all’indifferenza per sopravvivere: “L’abbrutimento, la perdita dei valori [...]. Tutto era concentrato soltanto sull’arrivare al giorno dopo, sul non morire durante la giornata.Cercare di arrivare al giorno dopo era prevalente su ogni cosa. E purtr

Gen 27, 2025 - 19:41
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Giornata Memoria: 7 motivi per cui bisogna ricordare (ancora) la Shoah

Monumento alla Shoah

Il 27 gennaio, in tutto il mondo, si celebra la Giornata della Memoria, una data fondamentale per riflettere sulle atrocità della Shoah e sulle sue conseguenze. Conoscere ciò che è accaduto non è solo un dovere morale, ma un modo per evitare che simili orrori si ripetano.

Durante l’Olocausto, tra il 1933 e il 1945, un numero spropositato di persone fu perseguitato e ucciso nei campi di sterminio come Auschwitz, simbolo per eccellenza di tali barbarie. Stime dello United States Holocaust Memorial Museum parlano di 15-17 milioni di vittime, tra ebrei, prigionieri politici, omosessuali, disabili e altre minoranze.

Attraverso le testimonianze dei sopravvissuti, come quelle di Goti Bauer, Sami Modiano, Lidia Maksymowicz, Liliana Segre e altri, possiamo comprendere meglio le dimensioni dell’orrore vissuto. 

Ecco i 7 motivi per cui è essenziale ricordare la Shoah, perché la memoria non è solo un tributo al passato, ma un monito per il futuro.

[instagram]DFU_7Lks_rO[/instagram]

Indice

  1. Perché la disumanizzazione è il primo passo verso la distruzione
  2. Un genocidio pianificato
  3. Per dare voce a chi non ce l’ha più
  4. Il futuro che dobbiamo proteggere
  5. Per combattere l’indifferenza: un nemico silenzioso
  6. Contro l’ignoranza e la manipolazione della storia
  7. Perché l’odio non nasce dal nulla: guardare al passato per leggere il presente

Perché la disumanizzazione è il primo passo verso la distruzione

Uno degli aspetti più terribili della Shoah fu il processo di disumanizzazione sistematica, progettato per ridurre le persone a numeri, oggetti o "pezzi". Ogni individuo veniva spogliato della propria identità, dignità e umanità, già al momento dell’arrivo nei campi di sterminio.

Liliana Segre racconta con precisione quel momento: “75190 doveva sostituire in tutto e per sempre le mie generalità: non ero più una persona, ero diventata un pezzo. La spersonalizzazione avveniva immediatamente, quando una donna veniva obbligata a spogliarsi nuda, di colpo, davanti ai soldati che passavano. Venivi rasata, tatuata e rivestita con una divisa a righe”. Conclude Segre: “Entravi in quella baracca in un modo e uscivi che eri già una schiava”.

Un genocidio pianificato

La Shoah è un unicum storico per la sua precisione organizzativa.

Non si trattava di un massacro spontaneo, ma di un progetto deliberato e sistematico per eliminare interi gruppi umani. Auschwitz e gli altri campi di sterminio furono fabbriche di morte, dove ogni aspetto era studiato per ottimizzare l’eliminazione delle persone.

Numeri al posto dei nomi, camere a gas progettate per massimizzare il numero delle vittime, corpi trattati come rifiuti: la Shoah rappresenta il punto più basso dell’umanità. E questo non va dimenticato.

Per dare voce a chi non ce l’ha più

Milioni di persone sono morte senza poter raccontare la propria storia. Le testimonianze dei sopravvissuti sono l’unico ponte con quei silenzi. 

E questo rende ancora più prezioso il racconto di Sami Modiano, che racconta le ultime parole del padre: “Avendo capito che aveva perso sua figlia, non voleva sapere che aveva perso anche suo figlio. E allora ha voluto lui stesso farla finita prima che arrivasse il momento. Ma prima di lasciarmi ha voluto darmi la sua benedizione, che ancora porto dentro di me. Mi disse: ‘Tieni duro Sami, tu ce la devi fare. Vai avanti, vai avanti. Ti prego’”.

Perché dietro i numeri ci sono volti, vite e speranze spezzate. 

Il futuro che dobbiamo proteggere

Durante la Shoah, i bambini non erano solo vittime, ma simboli di un futuro distrutto. La loro sofferenza e il loro sterminio erano un modo per annientare intere generazioni, impedendo loro di costruire un domani. 

Lidia Maksymowicz ricorda: “Ogni mattina mancava qualche numero, perché i bambini morivano ogni notte. Noi lo abbiamo visto come venivano tirati fuori da queste baracche i corpicini di questi bambini, come venivano buttati su un carro che poi veniva trascinato al forno crematorio.
Non tutti riuscivano a tornare dopo essere stati presso il laboratorio di Mengele perché una parte dei bambini veniva trucidata tramite una vaccinazione di fenolo”.

Ricordare il destino dei bambini uccisi significa anche impegnarsi a proteggere le nuove generazioni, insegnando loro il valore della vita, della tolleranza e del rispetto. Solo attraverso il ricordo possiamo costruire un futuro in cui simili atrocità non abbiano mai più spazio.

Per combattere l’indifferenza: un nemico silenzioso

La Shoah non fu solo il risultato della crudeltà nazista, ma anche dell’indifferenza di chi guardò altrove. In molti scelsero di non agire, anche sapendo cosa stava accadendo.

Come racconta Goti Bauer, la vita nei campi cancellava ogni senso di umanità, spingendo anche i prigionieri stessi all’indifferenza per sopravvivere: “L’abbrutimento, la perdita dei valori [...]. Tutto era concentrato soltanto sull’arrivare al giorno dopo, sul non morire durante la giornata.
Cercare di arrivare al giorno dopo era prevalente su ogni cosa. E purtroppo i metodi disumani che vigevano lì dentro contagiavano, per cui se uno si è salvato da questa trasformazione è solo perché ha avuto la fortuna di trovarsi lì per poco”.

Contro l’ignoranza e la manipolazione della storia

La memoria è un antidoto potente contro l’ignoranza e la manipolazione dei fatti storici. Ancora oggi, ci sono tentativi di minimizzare o distorcere la portata della Shoah, spesso facendo leva sull’indifferenza o sulla mancanza di conoscenza. 

Ecco allora che le testimonianze dirette dei sopravvissuti sono strumenti cruciali per contrastare questa deriva.

Nedo Fiano racconta con precisione l’orrore delle camere a gas: “C’erano quelli più forti che cercavano di camminare sui corpi di quelli più anziani per cercare di respirare l’aria che aveva ancora ossigeno. Ma dopo cinque minuti era comunque finita. E con queste centinaia di morti accatastati nelle posizioni più inverosimili, venivano aperti gli sfiatatoi per far fuoriuscire il gas”.

Perché l’odio non nasce dal nulla: guardare al passato per leggere il presente

L’odio non nasce dal nulla, e la Shoah dimostra cosa può accadere quando viene trasformato in ideologia. L’antisemitismo, che per secoli era rimasto latente, divenne un motore centrale del regime nazista, legittimato da leggi, propaganda e complicità diffuse.

Goti Bauer, sopravvissuta, ricorda bene quell’odio, che si manifestava anche in un continuo clima di terrore: “'Volete vedere dove sono finiti genitori e tutti quelli da cui siete state separati?' Portandoci a una finestra della baracca ci hanno fatto vedere il camino da cui usciva una perenne, orribile fiamma. E senza tanti complimenti hanno detto: ‘Se non sono bruciati stanno, stanno bruciando adesso’”.

Ricordare la Shoah non significa solo guardare indietro, ma anche usare il passato come lente per interpretare il presente

Le dinamiche di discriminazione, oppressione e odio che hanno portato all’Olocausto non appartengono esclusivamente alla storia. Ancora oggi (ce lo abbiamo davanti agli occhi), eventi di esclusione sistematica, conflitti e persecuzioni mostrano quanto sia importante mantenere vivo il ricordo per riconoscere i segnali di pericolo.

Studiare ciò che è accaduto durante la Shoah ci insegna a individuare i meccanismi che possono condurre alla negazione dei diritti e alla violenza. Ogni epoca ha le sue sfide, ma il passato offre strumenti preziosi per decifrare i fenomeni del presente e impedirne l’escalation. 

La memoria non è solo un omaggio alle vittime, ma un’arma per costruire una società più consapevole e vigile.