Esclusivo: Vincent Lindon racconta a TPI “il mestiere dell’attore”
Ruvido, perfezionista, non sopporta i social, protegge la sua privacy anche a costo di litigare con fotografi e curiosi e sempre di più detesta le interviste. Difficile approcciarsi a cuor leggero quando incontriamo Vincent Lindon, fra gli attori francesi più ammirati al mondo (interprete di pellicole come “La crisi!”, “La legge del mercato”, “Titane”) in […]
Ruvido, perfezionista, non sopporta i social, protegge la sua privacy anche a costo di litigare con fotografi e curiosi e sempre di più detesta le interviste. Difficile approcciarsi a cuor leggero quando incontriamo Vincent Lindon, fra gli attori francesi più ammirati al mondo (interprete di pellicole come “La crisi!”, “La legge del mercato”, “Titane”) in un hotel di Firenze, prima di un affollato incontro con il pubblico del festival del cinema francese France Odeon. L’evento lo vede protagonista assoluto con due film importanti, “Noi e loro” di Delphine e Muriel Coulin, per cui ha vinto la Coppa Volpi all’ultimo Festival di Venezia, nelle sale dal 27 febbraio, e “Le choix de Joseph Cross” di Gilles Bourdos, remake di “Locke” di Steven Knight.
Sessantacinque anni, occhi chiari, aria stropicciata di chi ne ha vissute tante, voce profonda, e parole veloci che corrono nervose insieme ai suoi tic che gli stravolgono il viso in mille smorfie, senza intaccare l’intensità del suo sguardo. «Se lo chiedono tutti e immagino anche Lei. Come faccio a recitare con tutti questi tic?», ci chiede con tono di sfida. «Sul set i ciak si ripetono mille volte. Riesco a controllarli quando sono estremamente concentrato, ma quando non sono a mio agio, prendono il sopravvento. Ma anche se mi piace sempre meno il circo mediatico intorno alla promozione di un film, alla fine se non c’è una videocamera puntata addosso o un telefono cellulare, mi piace dialogare con voi vis a vis».
In “Noi e Loro” interpreta Pierre, un ferroviere cinquantenne che si trova a crescere da solo i suoi due figli, Louis (interpretato da Stefan Crepon) e Fus (Benjamin Voisin). I tre sono molto uniti, fino a quando Fus, il fratello più grande, si lascia coinvolgere in gruppi violenti di estrema destra. Un tema piuttosto attuale.
«Di questa sceneggiatura oltre al tema urgente e politico della diffusione dell’estrema destra fra i giovani francesi, mi ha interessato il taglio scelto dalle registe: possono volersi bene ancora delle persone che hanno idee opposte e soprattutto come possono andare in direzione contraria due fratelli, educati nella stessa maniera? È questa la visione interessante di questo film oltre alla grande interpretazione di Voisin e Crepon, che sono giovani talenti straordinari».
Ne “La scelta” che uscirà in Italia a marzo, ha girato tutto il film nell’abitacolo di un’auto.
«È stato come fare una scalata senza ramponi di salvataggio. Il cinema, solitamente, è un affare di squadra: la troupe, il regista, gli attori. In questo caso ero solo dentro un’auto. Mentre gli altri attori, di cui si sente la voce, erano in un’auto vicina e parlavano con me al viva voce. È stato il ruolo più difficile della mia vita. Non credo che lo rifarei».
Le piace sempre recitare?
«La parte che preferisco è l’inizio quando immagino come sarà il film, e la fine, quando l’ho fatto. In mezzo è una sofferenza. È un mestiere che riesco a fare sempre meglio, ma mi piace sempre meno. In realtà a me piace fare un lavoro nel modo migliore possibile. Sono competitivo, questo sì, ma non sgomito per questo. Vivo il momento: ora per un paio di giorni andrò a restaurare una casa in campagna insieme ad alcuni amici. Se il telefono squilla per una proposta di un ruolo, aspetteranno fino a quando non avrò finito».
È vero che non ha né agenti né ufficio stampa?
«È vero. Siamo in due al mondo io e Bill Murray. Faccio la spesa, vado in moto, prendo il treno regionale per andare a trovare degli amici in campagna. Certo, se sto girando un film la produzione mi dà un assistente che viene a prendermi al mattino, ma quando il film finisce torno a occuparmi delle mie cose da solo. Sul set non ho un camerino, anche perché non mi trucco. Nella pausa mangio alla mensa come tutti, non da solo nella mia roulotte. Quando torno a casa, spesso vado in un bar che conosco e mi faccio un bicchiere di vino e chiacchiero un po’ al bancone, come una persona normale, quale sono».