Caso Almasri: Nordio distorce le carte della CPI per difendere la scarcerazione

Ieri, mercoledì 5 febbraio, i ministri della Giustizia Carlo Nordio e dell’Interno Matteo Piantedosi hanno reso l’informativa sul caso Almasri al Parlamento. Al di fuori delle solite diatribe da palcoscenico che fanno da sfondo ai dibattiti tra maggioranza e opposizioni, quello che è certo è che le motivazioni addotte dai rappresentanti del governo sulla liberazione […] The post Caso Almasri: Nordio distorce le carte della CPI per difendere la scarcerazione appeared first on L'INDIPENDENTE.

Feb 6, 2025 - 10:28
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Caso Almasri: Nordio distorce le carte della CPI per difendere la scarcerazione

Ieri, mercoledì 5 febbraio, i ministri della Giustizia Carlo Nordio e dell’Interno Matteo Piantedosi hanno reso l’informativa sul caso Almasri al Parlamento. Al di fuori delle solite diatribe da palcoscenico che fanno da sfondo ai dibattiti tra maggioranza e opposizioni, quello che è certo è che le motivazioni addotte dai rappresentanti del governo sulla liberazione e il conseguente rimpatrio del torturatore capo della polizia giudiziaria libica non sono affatto soddisfacenti. Nel corso dell’informativa i ministri si sono trincerati dietro a cavilli burocratici poco credibili, non troppo velate accuse alla Corte Penale Internazionale, e fumose ipotesi di minaccia alla sicurezza e all’ordine pubblico, finendo per aggirare il merito della questione. Un’attenta lettura delle carte della CPI, inoltre, suggerisce una parziale comprensione dei documenti da parte di Nordio, che ne ha così distorto del tutto il contenuto.

Sia alla Camera che al Senato il primo a prendere parola è stato Nordio. In primo luogo, il ministro ha fornito una ricostruzione degli eventi per spiegare come le tempistiche non fossero dalla sua parte. Il mandato è stato emesso il 18 gennaio, l’arresto effettuato il 19 alle 9:30, e lo stesso giorno, poco dopo le 12, l’Interpol ha informato il ministero con «una comunicazione assolutamente informale». La comunicazione ufficiale dell’arresto gli è arrivata il giorno seguente, alle 12:40 e un’ora dopo sono giunte le carte relative al mandato d’arresto. Il mandato è «arrivato in lingua inglese senza essere tradotto con una serie di criticità che avrebbero reso impossibile l’immediata adesione del ministero alla richiesta arrivata dalla Corte d’appello». Tra questa sorta di barriera linguistica, a cui Nordio ha fatto riferimento svariate volte, e il «pasticcio» formale della CPI, Nordio ha tardato nella lettura degli atti, che in ogni caso avrebbe giudicato «nulli», e Almasri è stato scarcerato. A quel punto, ha spiegato Piantedosi, Almasri è stato espulso a causa del suo «profilo di pericolosità» e «nelle esigenze di salvaguardia della sicurezza dello Stato e della tutela dell’ordine pubblico».

Nel corso del suo intervento Nordio ha fatto riferimento a quel vizio di forma che ha portato alla scarcerazione del cittadino libico, ossia al fatto che l’arresto è avvenuto senza la convalida del ministero. Sebbene al ministro sarebbe bastato dare conferma dell’arresto per risolvere ogni mancanza, Nordio ha giustificato la mancata convalida con la presunta confusione delle carte della CPI. Almasri è accusato di diversi crimini contro l’umanità e di avere commesso una serie di reati continuati a partire dal 2015, e dunque dopo la caduta di Gheddafi – di cui Almasri era un oppositore – del 2011. Secondo il ministro, dalle 42 pagine di mandato di arresto, «emergeva una incertezza assoluta sulla data dei delitti commessi», che in certi passi sembravano iniziati nel 2015, e in altri proprio nel 2011 (dal 15 febbraio, dice Nordio), sotto Gheddafi. Insomma, secondo Nordio, dalle carte non si riusciva a capire quando fossero iniziati i reati di Almasri, e a causa di questo «vizio genetico» le conclusioni apparivano illogiche tanto che se ne sarebbe accorta la stessa CPI, che il 24 gennaio avrebbe aggiornato il mandato di arresto.

Forse a causa della barriera linguistica a cui fa riferimento, le affermazioni di Nordio sembrano imprecise. I documenti pubblicati dalla Corte menzionano effettivamente il 15 febbraio, ma non come data di inizio dei crimini di Almasri. Questa data, infatti, segna il momento in cui la Corte ha acquisito giurisdizione sui crimini commessi in Libia, a seguito dell’adozione della cosiddetta “Risoluzione 2011”. Nordio cita un passaggio dell’opinione dissenziente di un giudice, in cui si afferma che non è chiaro se «il presunto conflitto armato non internazionale fosse lo stesso di quello iniziato nel 2011 o se fosse un conflitto diverso». Tuttavia, leggendo l’intero paragrafo, emerge che la questione sollevata dal giudice non riguarda l’inizio dei crimini di Almasri, ma il fatto che non si può stabilire un legame tra la situazione pre-Gheddafi – su cui la Corte ha giurisdizione – e il conflitto attuale in Libia. Secondo il giudice Flores Liera, infatti, il conflitto attuale è diverso. In sintesi, l’opinione dissenziente sostiene che la Risoluzione 2011 non attribuisce alla Corte giurisdizione sui crimini più recenti in Libia. Non si mette in discussione quando Almasri abbia iniziato a commettere crimini, ma si evidenzia piuttosto un problema di competenza della Corte rispetto alla situazione odierna.

Se Nordio distorce le carte e schiva agilmente il motivo per cui il caso Almasri è finito in Parlamento, Piantedosi fa riferimento a vaghe questioni di sicurezza e ordine pubblico senza mai spiegarle. Verso la fine del suo intervento, però, dice che «sì è reso necessario agire rapidamente per i profili di pericolosità riconducibili al soggetto e per i rischi che la sua permanenza in Italia avrebbe comportato soprattutto con riguardo a valutazioni concernenti la sicurezza dei cittadini italiani e la sicurezza degli interessi del nostro Paese all’estero in scenari di rilevante valore strategico, ma al contempo di enormi complessità e delicatezza», ammettendo indirettamente che i rapporti tra Italia e Libia sono troppo «rilevanti» per venire minati. Effettivamente i nostri rapporti con la Libia sono particolarmente stretti: recentemente Tripoli è tornata a essere il primo fornitore di petrolio all’Italia. Negli ultimi anni il commercio col Paese è triplicato e, da quando è in carica, Meloni ha visitato Tripoli almeno quattro volte. Secondo la Camera di Commercio Italo-Libica, inoltre: «Siamo il primo importatore e il terzo esportatore verso il Paese».

[di Dario Lucisano]

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