Crisi d’impresa, cram down per i «vecchi» concordati
È possibile omologare un concordato preventivo in continuità aziendale, nonostante il voto contrario dei creditori, e ricorrere al cram down fiscale anche se la proposta era anteriore all’entrata in vigore del terzo decreto correttivo del Codice della crisi (Dlgs 136/2024), che l’ha espressamente prevista mettendo fine ai contrasti dottrinali e giurisprudenziali sorti sino a tale momento. Lo […] L'articolo Crisi d’impresa, cram down per i «vecchi» concordati proviene da Iusletter.
È possibile omologare un concordato preventivo in continuità aziendale, nonostante il voto contrario dei creditori, e ricorrere al cram down fiscale anche se la proposta era anteriore all’entrata in vigore del terzo decreto correttivo del Codice della crisi (Dlgs 136/2024), che l’ha espressamente prevista mettendo fine ai contrasti dottrinali e giurisprudenziali sorti sino a tale momento. Lo ha chiarito il Tribunale di Napoli, con la sentenza del 14 novembre 2024.
Nel caso in esame l’impresa (difesa dall’avvocato Francesco Marotta) aveva suddiviso i creditori in quattro classi e nessuna aveva approvato la proposta di concordato (due classi erano costituite da Inps e Inail). Ciononostante, il Tribunale ha omologato il concordato, in virtù della cosiddetta ristrutturazione trasversale prevista dal comma 2 dell’articolo 112 del Codice della crisi, attraverso un duplice percorso.
La revisione delle classi
Innanzitutto ha scisso in due, una delle classi che avevano espresso voto negativo, al fine di evitare una erronea e disomogenea conformazione del classamento.
Ha dato così vita a una suddivisione che, oltre a essere maggiormente conforme alla necessità di strutturare le classi in modo da accorpare i creditori titolari di interessi omogenei (sotto il profilo giuridico ed economico), è imposta dal precetto normativo, che impone la formazione di un’autonoma classe votante per i crediti tributari o previdenziali di cui non sia previsto il pagamento integrale. Infatti, in un’unica classe erano stati inseriti sia un creditore titolare di crediti ipotecari degradati al chirografo, sia l’agenzia delle Entrate (i cui crediti erano stati anch’essi degradati) e, a causa della mancata adesione di quest’ultima, il voto negativo dell’intera classe era risultato negativo, nonostante l’adesione del creditore ipotecario, il cui peso quantitativo era però inferiore a quello del creditore pubblico. In effetti, in base all’articolo 85 del Codice della crisi, il credito delle Entrate deve essere oggetto di un’unica classe di cui non deve far parte nessun altro credito e altrettanto vale per il credito degli enti previdenziali. La scissione operata è pertanto corretta.
A seguito di tale operazione le classi votanti sono quindi divenute cinque, una delle quali (la nuova classe costituita dal creditore ipotecario degradato) favorevole al concordato e le altre quattro contrarie. Così stando le cose, nemmeno dopo la predetta scissione il concordato risultava approvato dalla maggioranza delle classi richiesta dalla lettera d) del comma 2 dell’articolo 112 ai fini dell’omologazione del concordato mediante ristrutturazione trasversale.
L’estensione
Non era però detta l’ultima parola, perché alla luce del mutato assetto delle classi votanti il voto dei creditori pubblici (Entrate ed enti previdenziali) era divenuto determinante per il raggiungimento della maggioranza; conseguentemente si poneva il tema della possibilità di convertire tale voto – da negativo in positivo – attraverso il cram down, posto che per effetto di tale conversione la maggioranza sarebbe stata invece raggiunta, divenendo tre i voti favorevoli e riducendosi a due quelli contrari.
A questo riguardo il Tribunale di Napoli ha innanzitutto affermato, in merito alla disciplina del cram down, che, al caso in esame, non andava applicato quanto previsto dall’articolo 88 del Codice della crisi così come modificato dal terzo decreto correttivo (Dlgs 136/2024), poiché la proposta di transazione era stata presentata, contestualmente alla proposta di concordato, anteriormente all’entrata in vigore di tale decreto (28 settembre 2024), il cui articolo 56 stabilisce, appunto, che le nuove disposizioni si applicano solo alle proposte di transazione presentata a partire da tale data.
Ciò precisato il Tribunale ha ribadito, in contrasto con il prevalente indirizzo giurisprudenziale che anche prima del decreto correttivo nel concordato in continuità il cram down non era precluso dal disposto del comma 2-bis del citato articolo 88, applicabile alle proposte di transazione presentate sino alla data del 27 settembre 2024.
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