Almasri, denuncia alla Corte dell’Aja contro il governo. Ma “ad ora nessuna indagine aperta”
Fonti del governo: le comunicazioni devono essere vagliate e, solo ritenute fondate, possono dare origine a un procedimento. Un portavoce della Corte conferma: "Nessun caso aperto" L'articolo Almasri, denuncia alla Corte dell’Aja contro il governo. Ma “ad ora nessuna indagine aperta” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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C’è una denuncia – formalmente una “comunicazione” – contro il governo italiano presentata alla Corte penale internazionale. Ma al momento, secondo quanto riferiscono fonti dello stesso esecutivo, non c’è alcuna indagine nei confronti della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dei ministri coinvolti nel caso del torturatore libico Osama Almasri. A presentare la denuncia, come anticipato dal sito del quotidiano Avvenire, è stato un rifugiato sudanese. Nella comunicazione si ipotizza l’ostacolo all’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma per l’ormai noto mancato arresto e rimpatrio del generale, accusato delle violenze nel carcere di Mitiga.
Già nel 2019, lo stesso rifugiato – assistito dagli avvocati Juan Branco e Omer Shatz – aveva raccontato agli inquirenti dell’Aja le torture subite da lui e dalla moglie ad opera di Almasri, quando entrambi erano stati imprigionati in Libia. Ora la nuova mossa che dalla Corte penale internazionale hanno deciso di non commentare, spiegando solo che “secondo lo Statuto di Roma, il trattato istitutivo della Cpi, qualsiasi individuo o gruppo di qualsiasi parte del mondo può inviare informazioni al procuratore della Cpi”. Tuttavia, specifica la Corte, “l’Ufficio del procuratore non commenta tali comunicazioni”. Poco dopo è stato un portavoce della stessa Corte a confermare che “non vi è aperto alcun caso contro esponenti italiani”.
A farlo ci ha pensato il governo italiano, attraverso fonti, sostenendo che “ad oggi non esiste alcun procedimento aperto” contro l’Italia. Il procuratore della Cpi, spiegano le stesse fonti, non ha ufficialmente inviato la denuncia del cittadino sudanese né al registrar né ai giudici. Il rifugiato sudanese, viene spiegato ancora, ha inviato una mail all’indirizzo mail dedicato dell’ufficio del procuratore. Le comunicazioni sono moltissime, ognuna viene vagliata e solo se ritenuta fondata può originare un procedimento, che richiede mesi. “Il tutto viene di solito tenuto riservato, salvo – puntualizzano le fonti di Palazzo Chigi – che lo stesso denunciante non lo riveli al pubblico, cosa che pare essere avvenuta in questo caso”.
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