Nell’azienda in Brianza. I dipendenti sconvolti: "Non abbiamo dormito"
Il dolore dei lavoratori, ma la produzione nei reparti è proseguita come sempre. Tanti si chiedono cosa accadrà. Il sindacalista: "L’azienda resti in famiglia".
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BIASSONO (Monza e Brianza)
Gli operai più anziani se lo ricordano in pantaloncini corti con il papà in reparto. E oggi non riescono a credere che Lorenzo Rovagnati non ci sia più. Ne parlano con deferenza, ma per loro era uno di famiglia. Per chi ha trascorso in azienda una vita, lo stabilimento di Biassono, dove tutto è cominciato, è un po’ casa. E ora, nella tragedia, "i parenti, l’impresa e noi" non si danno pace. "Ieri notte non abbiamo dormito, siamo senza parole, mancano pochi giorni alla nascita del bambino", raccontano Fabio Sala e Alessandro Mazzetti. È l’ora della pausa pranzo, addosso hanno la divisa con il nome della dinastia sul taschino. Qui anche i camion, come l’elicottero precipitato, sono firmati. Livrea rosso metallizzato e crema. La voce degli operai si incrina per il piccolo che non abbraccerà mai il papà e che sta per nascere, terzo figlio dell’amministratore delegato che l’aristocrazia della fabbrica conosceva da quando aveva imparato a camminare. Un’immagine che racconta molto dell’impero del GranBiscotto. Eppure, ieri, nei reparti è andato avanti tutto come sempre. Lavoro e poche parole. Il via vai di tir, la produzione, i controlli di qualità. Come se la disgrazia troppo grande lì non dovesse entrare. Il lutto va dalla Brianza all’America, dove nel 2021 era stato aperto un altro impianto, a Vineland (New Jersey). Consacrazione di un processo di internazionalizzazione che ha portato in dote 335 milioni di fatturato all’anno e 1.200 dipendenti, metà dei quali esternalizzati, con una presenza in 20 Paesi. Lorenzo e il fratello Ferruccio nel 2010 avevano raccolto il testimone del padre Paolo, il fondatore morto nel 2008 a soli 64 anni.
Figura leggendaria per i dipendenti, "conosceva vita, morte e miracoli di ciascuno. Chiamava tutti per nome". Il racconto di un padrone d’altri tempi. L’uomo che da ragazzino, quando in bici faceva le consegne di formaggio e burro per la bottega di famiglia, ebbe l’intuizione geniale: puntare sui salumi, un mercato che aveva ancora tanto spazio. Erano gli anni Cinquanta, la guerra era alle spalle, a Monza era nata la Candy, e lui, a una manciata di chilometri dalla Villa Reale, diede il via a un’altra delle avventure imprenditoriali più riuscite del Made in Italy. Fino al colpo di genio del Gran Biscotto, il prosciutto con il marchio a fuoco sulla cotenna, come fino ad allora faceva solo il consorzio di Parma. L’altra intuizione, nel 1991, con la pubblicità di Mike Bongiorno. E gli impianti diventano sei: accanto ai tre brianzoli - Biassono, Arcore, Villasanta - Felino, Sala Baganza e Faenza. Un ampliamento sempre tenendo fede alla filosofia di Paolo: "La qualità è la risposta a ogni domanda". I figli hanno continuato la missione, aprendo la rotta americana e prima tante altre. Oggi che Lorenzo non c’è più, in fabbrica si chiedono cosa accadrà: Stefano Bosisio, della Cisl, si augura "che resti la famiglia, che è più attenta di un fondo di investimenti, e non sia un altro caso Star", il colosso alimentare brianzolo che, colpito dalla morte del capo-azienda, fu ceduto agli spagnoli. Dalla direzione di Rovagnati stringate parole per dire che la "comunità dell’impresa, in ogni parte del mondo, si stringe attorno alle famiglie". Nulla di più.
A Biassono, dove non c’è nessuno che non abbia un parente in fabbrica, bandiere a mezz’asta. Anche al Palazzetto, che porta il nome della famiglia. "Una perdita difficile da accettare – dice Luciano Casiraghi, il sindaco -. Lorenzo era un giovane buono, onesto, operoso, amato e stimato da chi lo conosceva in stabilimento e non solo. Aveva davanti a sé ancora un grande futuro". "Lorenzo ha dimostrato in questi anni la passione e la determinazione tipici di quel fare impresa che rende grande il Made in Italy", dice Alessandro Spada, presidente di Assolombarda.