Trave crollata, il sollievo amaro di Simona: “Temevo che il mio Luigi fosse stato dimenticato”
Parla la vedova di Coclite, l’autotrasportatore rimasto ucciso nel crollo: “E’ come pensavo, Chi doveva fare i calcoli corretti, non li ha fatti”
Firenze, 6 febbraio 2025 – E’ da un anno che Simona Mattolini, 50enne di Livorno, non vede più rientrare a casa suo marito Luigi Coclite. L’operaio di origini abruzzesi trapiantato da trent’anni a Collesalvetti, è una delle vittime della strage di via Mariti del 16 febbraio 2024, insieme a Mohamed Toukabri, Mohamed El Farhane, Taoufik Haidar e Bouzekri Rahim. Ora, ad un anno di distanza, l’inchiesta della Procura di Firenze sembra essersi sbloccata: ci sono tre persone indagate e le ipotesi di errori nella progettazione. Il caso, anzi il lavoro, ha voluto che Simona Mattolini fosse a Firenze quando ieri sono trapelate le prime novità e la sua reazione è stata quella di andare in via Mariti, di fronte a quel cantiere che gli ha portato via un pezzo di cuore.
Intanto come sta, come ha preso le novità dell’inchiesta?
“Mi sono sentita sollevata. Perché vuol dire che la storia non è stata dimenticata”.
Temevate di finire nel dimenticatoio?
“Assolutamente si, avevamo paura di questo, come succede il 50% delle volte”.
Che sentimenti prova di fronte all’ipotesi, avanzata dalla Procura, che tutto sia dipeso da una serie di errori nella progettazione?
“La rabbia c’era e c’è ancora oggi, a prescindere. Con il passare del tempo, dei giorni, avvicinandoci l’anniversario, quella rimane. Ora, forse, riesco a vedere uno spiraglio. Che fosse un errore umano io lo avevo capito, non importava arrivare a un anno. Quanto accaduto in quel cantiere non è stata una mancanza di sicurezza, ma una conseguenza di calcoli errati. Da cui, ovviamente, poi deriva una scarsa sicurezza certo. Però, un conto è sprofondare per negligenza, cadere da un’impalcatura senza gli adeguati strumenti, ma se si spezza in due una trave e mi travolge, si parla di errore umano. Il lavoro della Procura non fa che confermare quello che già pensavo, ovvero che chi doveva fare i calcoli corretti evidentemente non li ha fatti”.
Fra dieci giorni sarà l’anniversario, come lo affronterà?
“Sarà come rivivere quella tragica giornata. Sarà una giornata molto lunga, con varie manifestazioni e commemorazioni. Non le nego che quando ieri ho letto le notizie sull’inchiesta ero a Firenze e la prima cosa che ho fatto è stata andare lì”.
Lì in via Mariti?
“Si. Sono andata al cantiere per sentirmi più vicina a mio marito. Sono stata lì ferma a guardare quello che rimane di quel giorno. Ma non era la prima volta, l’ho già fatto prima. Quando vado a Firenze per lavoro, trovo sempre il modo di passare da lì e ogni volta provo sempre rabbia. Perché poteva essere evitato. La fatalità sul lavoro esiste e su questo purtroppo i numeri delle morti bianche ce lo dimostrano. Però questo è un errore umano, dovuto a chi non ha saputo fare il proprio lavoro e per questo errore ci hanno rimesso la vita cinque persone, ma anche cinque famiglie”.
Per queste famiglie, la cui quotidianità è stata spazzata via da una frana di cemento, da un momento all’altro. Per Simona Mattolini e i figli Lucrezia e Alessio, il prossimo 16 febbraio sono stati organizzati varie iniziative. La città, ma non solo, si stringerà intorno a loro. Prima il raduno di fronte al cantiere in via Mariti, poi la processione e la messa alle 11. Nel pomeriggio un presidio. Per non dimenticare e soprattutto per chiedere giustizia.