Processo Miteni: si avvicina la sentenza attesa da un decennio per uno dei più gravi disastri ambientali in Italia

Si avvicina alla conclusione il processo Miteni, che si fonda su una delle vicende più gravi di contaminazione ambientale della storia italiana. Venerdì, a Vicenza, il Tribunale entrerà nelle fasi finali di un procedimento che ha coinvolto 15 ex manager della storica fabbrica chimica di Trissino, ritenuti responsabili dell’avvelenamento delle acque con PFAS (sostanze poli-...

Feb 5, 2025 - 18:18
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Processo Miteni: si avvicina la sentenza attesa da un decennio per uno dei più gravi disastri ambientali in Italia

Si avvicina alla conclusione il processo Miteni, che si fonda su una delle vicende più gravi di contaminazione ambientale della storia italiana.

Venerdì, a Vicenza, il Tribunale entrerà nelle fasi finali di un procedimento che ha coinvolto 15 ex manager della storica fabbrica chimica di Trissino, ritenuti responsabili dell’avvelenamento delle acque con PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche). Questi composti chimici, usati in molteplici processi industriali, si sono accumulati per decenni nelle falde acquifere tra Vicenza, Verona e Padova, esponendo a un grave rischio sanitario circa 350mila persone.

L’allarme sulla contaminazione da PFAS emerse pubblicamente nel 2013, grazie a un’indagine condotta dal CNR-Irsa. Da allora, la questione si è trasformata in un caso giudiziario e ambientale di risonanza nazionale, portando alla chiusura della Miteni nel 2018. Tuttavia, nonostante l’interruzione dell’attività industriale, l’inquinamento continua a rappresentare una minaccia per la popolazione e l’ambiente.

Le accuse e il processo

Gli ex dirigenti della Miteni sono accusati di reati ambientali gravi, tra cui avvelenamento delle acque e disastro ambientale. Le analisi dell’Arpa Veneto hanno dimostrato che l’inquinamento ha avuto origine già negli anni ‘70 (l’ex fabbrica, erede della Rimar del Conte Marzotto, ha iniziato la sua attività nel 1965), ma per decenni non sono state adottate misure adeguate a prevenire la dispersione delle sostanze tossiche.

I PFAS, definiti “inquinanti eterni” per la loro incapacità di degradarsi nell’ambiente, sono stati trovati non solo nelle acque potabili, ma anche in alimenti e prodotti agricoli locali, aggravando ulteriormente il quadro sanitario. Alcuni studi scientifici collegano l’esposizione prolungata a queste sostanze a patologie gravi, inclusi tumori, malattie endocrine e disfunzioni del sistema immunitario.

La battaglia delle associazioni e dei cittadini

Da oltre un decennio, associazioni ambientaliste e comitati cittadini combattono per ottenere giustizia e per garantire un intervento di bonifica immediato. Greenpeace Italia, insieme ad altre realtà locali e nazionali, si è costituita parte civile nel processo e ha recentemente pubblicato una mappa nazionale dell’inquinamento da PFAS, evidenziando la necessità di misure più stringenti.

Le analisi indipendenti condotte da Greenpeace hanno rivelato la presenza di PFAS nel 79% dei campioni di acqua potabile analizzati in Italia, sollevando nuove preoccupazioni per la salute pubblica. Il problema, infatti, non riguarda solo il Veneto: altre aree del Paese, tra cui il Piemonte, mostrano livelli di contaminazione significativi.

La richiesta di bonifica

Nonostante la gravita della situazione, la bonifica del sito Miteni è ancora lontana dall’essere realizzata. Le istituzioni hanno più volte promesso interventi risolutivi, ma i ritardi burocratici e la mancanza di fondi adeguati hanno finora ostacolato le operazioni necessarie per fermare la contaminazione.

L’attenzione si concentra ora sulle decisioni che verranno prese nei prossimi mesi. Le associazioni chiedono non solo una condanna esemplare per gli imputati, ma anche un’azione immediata per mettere in sicurezza le falde acquifere e impedire che l’inquinamento si propaghi ulteriormente.

Il bando dei PFAS in Italia

A livello europeo, i PFAS sono sempre più sotto i riflettori, con nuove normative pronte a entrare in vigore nel 2026 per limitare la loro concentrazione nelle acque potabili. Tuttavia, Greenpeace e altre associazioni denunciano l’assenza di un piano nazionale per vietarne completamente la produzione e l’uso.

Il governo italiano è stato più volte sollecitato a prendere posizione, ma finora le risposte sono state insufficienti rispetto alla gravità della situazione, ha denunciato Greenpeace.

Verso la sentenza

Il processo Miteni rappresenta un test cruciale per la giustizia ambientale in Italia. La sentenza non determinerà solo le responsabilità dei dirigenti coinvolti, ma avrà anche un valore simbolico nella lotta contro l’inquinamento industriale. La richiesta della popolazione e degli ambientalisti è chiara: chi inquina deve pagare, e lo Stato deve fare di più per proteggere la salute pubblica e l’ambiente.

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