“Per noi bambini di Auschwitz ogni giorno è quello della memoria. E nulla andrà perduto: i ragazzi che hanno sentito i nostri racconti ne parleranno ai loro figli”
Intervista ad Andra Bucci, sopravvissuta al campo di sterminio dove fu rinchiusa a 4 anni: "La storia dei bimbi imprigionati lager non è stata considerata perché dicevano che eravamo piccoli. Oggi non è più così: abbiamo voce finalmente. A Meloni direi: cara Giorgia, perché eravamo dalla parte sbagliata?" L'articolo “Per noi bambini di Auschwitz ogni giorno è quello della memoria. E nulla andrà perduto: i ragazzi che hanno sentito i nostri racconti ne parleranno ai loro figli” proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Nulla andrà perduto. Tutti i ragazzi che hanno conosciuto la tragedia della Shoah grazie anche ai racconti dei sopravvissuti, come me e mia sorella, ne parleranno ai loro figli”. Sono trascorsi più di ottant’anni da quando Andra e Tatiana Bucci vennero arrestate: avevano 4 e 6 anni. Quel 28 marzo 1944 anni furono deportate insieme alla mamma, alla zia, al cuginetto Sergio. Per le due sorelle l’orrore vissuto nel campo di sterminio di Auschwitz si è fatto impegno quotidiano tra i più giovani. Andra e Tati furono tra le cinquanta bambine e bambini con meno di dieci anni che si salvarono. Oggi vivono in Belgio e negli Stati Uniti ma in occasione della Giornata della memoria tornano in Italia o tornano a Birkenau con l’amico storico Marcello Pezzetti per accompagnare classi di ragazzi. Ilfattoquotidiano.it ha intervistato Andra, che oggi ha 85 anni, contattata mentre a Bruxelles si prepara ad una serie di tappe nel nostro Paese con la sorella.
Andra Bucci, qual è il suo pensiero ogni 27 gennaio?
Non penso alla Shoah solo una volta l’anno ma ogni giorno. Ogni mattina, ogni sera la memoria va alla mia famiglia, a mia madre che credevamo morta, alla mia nonna che venne uccisa. Sa, la celebrazione del 27 gennaio è importante per gli altri, per chi non ha subito e ha la necessità di fermarsi a ricordare. Per noi ogni giorno è la Giornata della memoria.
Oggi la vostra storia grazie alla vostra testimonianza, all’editoria, allo special prodotto dalla Rai La stella di Andra e Tati è nota a tutti. Teme che il ricordo di quanto è accaduto a voi e agli altri si possa perdere nel tempo?
No, assolutamente. Sono positiva. Non andrà perduto nulla. Tutti i ragazzi che hanno fatto i viaggi a Auschwitz e a Birkenau con noi ne parleranno ai loro figli e così questi ultimi alle future generazioni. Certo, con il passare dei decenni la narrazione andrà scemando ma non cederà il passo all’oblio. Se così non fosse allora sarebbe stata inutile la nostra testimonianza. E’ chiaro che tra centinaia di anni, forse, si studierà a scuola come oggi ci si approccia ai Romani o ai Greci ma la Shoah resterà nella storia. E’ singolare, ad esempio, che per anni la storia dei bambini imprigionati nei campi di sterminio non sia stata considerata proprio perché dicevano che eravamo piccoli. Oggi non è più così. Abbiamo voce finalmente.
Qual è il ricordo più cupo e quello più consolatorio del tempo che ha trascorso ad Auschwitz?
La partenza di mio cugino Sergio è senz’altro il momento più triste.
(Un giorno di novembre la blockova – l’addetta alla sorveglianza della baracca dei bambini e delle donne – prese da parte Andra e Tatiana e disse loro: “Verranno degli uomini, raduneranno tutti voi bambini e vi diranno: chi vuole vedere la mamma e tornare con lei, faccia un passo avanti. Voi dovete rimanere ferme al vostro posto, non rispondete assolutamente nulla”. Le due sorelle lo dissero anche a Sergio affinché si potesse salvare insieme a loro ma il cugino fece il passo in avanti e venne prelevato insieme ad altri diciannove bambini, per essere trasferito al campo di concentramento di Neuengamme dove subì orribili esperimenti e trovò infine la morte, ndr).
E’ impossibile, invece, parlare di consolazione pensando ad Auschwitz, a quell’età soprattutto. Noi abbiamo ritrovato la felicità solo quando abbiamo rivisto i nostri genitori.
Prova ancora rabbia, sofferenza?
Rabbia perché nessuno ha mai fatto nulla per noi, per impedire quanto accadeva. Nessuno è venuto a salvarci. Nessuno si è mosso. Tanti avrebbero potuto intervenire.
Com’è riuscita a superare tutte quelle atrocità? Il passare del tempo ha avuto o vi siete fatte aiutare da qualche specialista?
Non siamo mai andate da uno psicologo. Certo, dopo la liberazione quando siamo state in Inghilterra dove accoglievano i bambini orfani ebrei ci hanno seguito ma la vera cura sono stati mamma e papà: abbiamo avuto due genitori fantastici capaci di stare in silenzio. Quest’ultimo è stato prezioso. Quando ho incontrato mio marito mi ha insegnato a parlare e ad aprirmi.
La spaventa il ritorno a certe forme di neofascismo?
Sì. Parecchio. Sono contenta di avere una certa età perché non assisterò più a ciò che ho subito ma ho paura per i giovani di tutto il mondo. Gli italiani hanno la memoria corta. Oggi parliamo di neofascismo ma non dobbiamo abbassare la guardia: il passo è breve nel passare dal neofascismo al fascismo.
Cosa direbbe alla premier Giorgia Meloni se la dovesse incontrare?
Le direi: cara Giorgia, perché eravamo dalla parte sbagliata? La presidente del Consiglio non ha mai preso – per quanto ne so – una posizione netta di condanna al fascismo. Sono felice che in Italia al governo vi sia una donna ma proprio per la sensibilità che dovrebbe avere mi piacerebbe sentirla esprimersi in tal senso. Lo so: serve coraggio a dire “ho sbagliato” ma è una fatica necessaria nella nostra vita.
L'articolo “Per noi bambini di Auschwitz ogni giorno è quello della memoria. E nulla andrà perduto: i ragazzi che hanno sentito i nostri racconti ne parleranno ai loro figli” proviene da Il Fatto Quotidiano.