L’Europa con l’elmetto e la necessità di una politica autonoma di pace
Finora i paesi europei e l’Unione Europea hanno seguito ciecamente la politica estera americana condotta dalla Nato, l’organizzazione militare transatlantica, con risultati controproducenti, come dimostra la fallimentare guerra in Ucraina. […]
![L’Europa con l’elmetto e la necessità di una politica autonoma di pace](https://www.lafionda.org/wp-content/uploads/2025/02/nov-za-evropska-odbrana-750x375-1.jpg)
Finora i paesi europei e l’Unione Europea hanno seguito ciecamente la politica estera americana condotta dalla Nato, l’organizzazione militare transatlantica, con risultati controproducenti, come dimostra la fallimentare guerra in Ucraina. Paradossalmente ora, a causa delle politiche di rottura del neopresidente Donald Trump, finalmente l’Europa ha l’occasione – ammesso e non ancora concesso che lo voglia effettivamente – di liberarsi dalla pesante sudditanza dell’inaffidabile partner americano e di attuare una sua autonoma politica estera. La partnership europea con la Nato a guida americana ha conseguito esiti disastrosi per l’Europa dopo la fine dell’Unione Sovietica. L’espansione nell’est Europa del Patto Atlantico, l’organizzazione bellica più potente al mondo, ha avuto come conseguenza praticamente automatica il conflitto con la Russia, che, dopo la caduta dell’URSS, era diventata (almeno fino alla guerra in Ucraina) un partner prezioso per l’Europa. Putin, come noto, all’inizio del suo mandato, voleva addirittura partecipare alla Nato! La Nato a guida americana ha però sempre rifiutato un rapporto paritario con la Russia e ha trascinato l’imbelle Europa in avventure fallimentari e spesso illegali, in Serbia, in Afghanistan, in Iraq, in Ucraina contro la Russia. Tutti questi conflitti sono stati condotti in base agli interessi della politica americana e in nome della libertà e della democrazia, ma sono stati tanto sanguinosi quanto disastrosi: o sono stati persi – i talebani sono oggi al potere in Afghanistan – o comunque hanno portato gravissimi danni alle popolazioni locali senza alcun vantaggio per l’Europa. Già il presidente francese Emmanuel Macron aveva posto ripetutamente il problema dei fallimenti della Nato e della necessità di emanciparsi da una politica estera e militare unilaterale e fortemente squilibrata a favore del socio americano. Ora che è arrivato Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti e che la sopravvivenza della Nato è stata messa in discussione dallo stesso neopresidente americano, si apre la possibilità, e anzi la necessità, di rivedere radicalmente il rapporto strategico dell’Europa con il Patto Atlantico, rapporto che finora è stato di estrema sudditanza con esiti negativi per gli europei, ma non, ovviamente, per l’America. Il problema è che la Nato è diventata inaffidabile per gli europei: non è infatti più scontato che l’America, in base al famoso articolo 5 del Trattato Nato, intervenga automaticamente se uno stato membro viene aggredito. L’amministrazione Trump come noto fa e farà solo ciò che di volta in volta ritiene opportuno per “Fare l’America più Grande”. E Trump ha già proclamato che i russi possono mangiarsi in un solo boccone tutta l’Europa se i paesi europei non pagano di più per l’esercito americano. La Nato rischia allora di diventare lo strumento con il quale gli europei funzionano da ascari della politica egemonica americana. Trump è più amico del despota russo Vladimir Putin che dei tedeschi e dei francesi: un’alleanza militare così basata non ha ovviamente più molto senso.
Il problema è che finora l’Europa ha sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare nel campo della politica estera e militare.
La UE della tedesca Ursula von der Leyen ha seguito con entusiastica convinzione la politica Nato di escalation in Ucraina: l’Unione Europea ha perseguito, e in gran parte persegue tuttora, una politica velleitaria, perdente e pericolosissima di scontro “fino alla vittoria” (?) con la Russia del despota Vladimir Putin. Era indispensabile difendere l’Ucraina dall’invasore: ma è stato poi irresponsabile da parte della UE alimentare una guerra per procura tra le due Superpotenze in territorio europeo. Questa guerra ha un solo vincitore: non la martoriata Ucraina, non Volodymyr Zelensky (che insistendo incautamente per l’ingresso dell’Ucraina nella Nato ha fatto solo del male al suo popolo), né la Russia, né tanto meno l’Europa, ma gli Stati Uniti. Si è infatti approfondita la subordinazione geopolitica, energetica, militare, finanziaria e tecnologica dell’Europa rispetto agli USA. Tuttavia l’unilateralità e la politica di potenza da parte di Trump, e la possibilità di un accordo tra gli USA di Trump e la Russia di Putin sull’Ucraina, aprono finalmente all’Europa la possibilità di sganciarsi da politiche rovinose per i popoli europei e di avviare una nuova fase di autonomia strategica, necessaria non tanto e non solo sul piano militare ma soprattutto politico e diplomatico. Naturalmente non è assolutamente detto che la UE sia in grado di cogliere l’occasione.
Il vecchio continente a crescita zero ha disgraziatamente seguito come una fedele domestica la Nato di Joe Biden nella tragica avventura Ucraina: ma ora paradossalmente l’Unione si trova a essere alleata di un’organizzazione militare che non è più affidabile perché è gestita non da un alleato ma da un avversario della UE. L’Europa potrà anche comprare più armi dall’America e oltrepassare in spese militari la soglia del 2% del PIL come vuole il neopresidente americano, ma Trump comunque non sarà mai un alleato affidabile e non spenderà mai la vita dei soldati americani per aiutare Berlino, Parigi, Roma o Madrid. Ne deriva che i paesi europei e la UE, e anche l’Italia – che ospita due basi americane atomiche in Italia -, dovrebbero rinegoziare tutti i loro rapporti con la Nato e con l’America di Trump; in particolare i maggiori paesi europei dovrebbero cominciare a coordinarsi per delineare una politica estera per quanto possibile comune, per cominciare a avviare trattative dirette con la Russia per un processo di disarmo bilaterale in Europa, e per costruire nel contempo una difesa comune che funga da deterrenza rispetto a possibili attacchi esterni, da qualsiasi parte essi provengano.
In realtà la UE di 27 membri non potrà mai contare sulla scena internazionale, è troppo disomogenea e divisa; ma è ora che i grandi paesi europei – in primis Germania, Francia, Italia e Spagna – si emancipino dal loro Grande Protettore (che peraltro non li vuole più proteggere, se non forse a pagamento) e si mettano d’accordo non solo per coordinare un difesa comune europea – cosa che richiederebbe dai 5 ai 10 anni di tempo – ma soprattutto per realizzare una politica estera autonoma. L’Europa dovrebbe fare da ponte per la pace tra le nazioni, e dovrebbe aprirsi innanzitutto a accordi strategici con i paesi BRICS, Russia e Cina naturalmente comprese[1]. Solo una intesa stretta tra i grandi paesi europei può rilanciare e difendere l’Europa. Occorrerà poi che i principali paesi europei, e anche possibilmente la UE, seggano al tavolo delle trattative sull’Ucraina e propongano autonomamente, anche senza l’intermediazione della Nato, un disarmo bilanciato in Europa sia in campo atomico che convenzionale tra gli USA, la Russia e i paesi europei. E’ necessario svegliarsi dal sonnambulismo che ha portato l’Europa a seguire l’America di Joe Biden e a essere coinvolta suo malgrado in una guerra che poteva diventare atomica. Non è interesse dell’Europa avere un rapporto di scontro totale con la Russia. Occorre cominciare a emanciparsi dal Grande Protettore americano prima che i paesi europei diventino semplici protettorati di Trump. E’ banale affermare che all’Europa conviene una politica di buon vicinato con la Russia e certamente non di guerra. Del resto è ovvio che neppure a Putin conviene fare la guerra in Europa. L’augurio è che il governo tedesco che uscirà dalle elezioni di fine febbraio si schieri decisamente per l’autonomia geopolitica dell’Europa e per una politica di pace. Purtroppo le premesse permettono di farsi ben poche illusioni.
La UE è attualmente il vaso di coccio tra Cina, Russia e gli altri grandi paesi emergenti. La UE di Ursula von der Leyen, integrata come è alla Nato, si è dimostrata del tutto incapace di difendere l’Europa dagli scontri tra le superpotenze. La UE avrebbe dovuto giocare un ruolo politicamente attivo in Ucraina, ma non lo ha fatto perché la considerava un paese profondamente corrotto in cui era meglio non immischiarsi. La UE ha delegato agli americani le iniziative in Ucraina: avrebbe invece dovuto garantire in prima persona la sicurezza di Kiev, e garantire anche l’autonomia del Donbass, regione con una determinante presenza di russi e russofoni. Contemporaneamente la UE, invece di appoggiare – come ha fatto – il governo di Volodymyr Zelensky nella sua velleitaria richiesta di entrare nella Nato contro la Russia, avrebbe dovuto garantire fin dall’inizio la neutralità dell’Ucraina e rassicurare ufficialmente la Russia che non avrebbe mai dato il permesso a Kiev di entrare nel Patto Atlantico. Occorre infatti riconoscere che l’Ucraina nella Nato costituisce oggettivamente e al di fuori di ogni dubbio, anche sul piano tecnico, una minaccia militare gravissima per Mosca. Putin aveva avvertito che missili lanciati dall’Ucraina contro la Russia difficilmente avrebbero potuto essere intercettati da Mosca e che non avrebbe tollerato una simile minaccia. Era dunque chiaro anche ai bambini che se l’Ucraina – paese storicamente considerato “fratello minore” dalla Russia – fosse stata accettata nella Nato avrebbe scatenato la dura reazione militare del despota ultranazionalista di Mosca. Del resto anche gli americani risponderebbero con la guerra se, per esempio, il Messico ospitasse basi missilistiche russe. Al di là delle ipocrisie e dei moralismi delle anime belle, le logiche imperiali in un caso come nell’altro seguono queste regole. Ignorarle vuole dire fare scoppiare consapevolmente le guerre.
La UE invece di lavorare per la pace ha preferito seguire ciecamente e scioccamente la politica di espansione a est della Nato e le politiche americane in Ucraina. Gli Stati Uniti fin dal primo giorno dell’indipendenza ucraina (1991) hanno fatto di tutto per allontanare Kiev dalla sfera di influenza russa, per fomentare i conflitti interni, per illudere i governi ucraini che in futuro il loro paese potesse entrare nella Nato, e per provocare così l’invasione russa – certamente illegale – da parte di Putin. Non è azzardato affermare che in Ucraina gli americani hanno in effetti teso una trappola a Putin.
La UE e i paesi europei avrebbero dovuto distanziarsi fin dall’inizio dall’aggressiva politica americana che perseguiva esclusivamente i suoi propri interessi geopolitici di scontro con la Russia, senza certamente curarsi di quelli europei. E’ vero che Parigi e Berlino negli anni precedenti al conflitto hanno sempre espresso forti perplessità rispetto all’allargamento a est del Patto Atlantico e si sono sempre giustamente opposte in sede Nato alla possibilità che l’Ucraina entrasse nell’organizzazione transatlantica; tuttavia i dubbi e le perplessità degli europei hanno contato meno di zero e la Nato ha proseguito per la sua strada. Putin non si è mai fidato delle loro rassicurazioni. Infatti la Nato è a guida americana e tutti i presidenti statunitensi, Obama e Bush junior prima e Joe Biden poi, hanno sempre proclamato di volere inglobare Kiev nella Nato, e hanno lavorato attivamente e in tutti i modi perché l’Ucraina degli oligarchi abbandonasse la sua neutralità e uscisse fuori dall’orbita russa. Gli europei non hanno avuto la forza di opporsi all’aggressività americana. E’ stata l’ambasciatrice di Barack Obama in Ucraina, Victoria Nuland, a mandare al diavolo per prima l’Europa con il suo “Fuck di EU”: l’Europa si fotta. La Nuland in un certo senso ha preceduto Trump che, come noto, ha affermato più recentemente che la Russia di Putin può tranquillamente invadere gli Stati europei se questi non pagano più soldi per la Nato.
La Russia, dopo il cambio di regime avvenuto con i fatti di piazza Maidan, ha deciso di intervenire annettendo la Crimea – dove ha una sua fondamentale base navale – e intervenendo nel Donbass, diventato nel frattempo indipendentista. Di fronte a questa invasione illegale – a differenza di quanto accadde nel caso dell’invasione americana dell’Afghanistan e dell’Iraq, fortemente criticata da Francia e Germania – i paesi europei si sono schierati giustamente quasi all’unanimità contro la Russia (con l’eccezione dell’Ungheria e in parte della Repubblica Ceca) e in difesa del diritto internazionale.
Gli europei hanno speso oltre 50 miliardi di euro tra armi e finanziamenti agli ucraini, anche se la maggior parte del supporto è stata americana. Inoltre gli europei hanno seguito gli americani nelle sanzioni per centinaia di miliardi, perdendo così il loro maggiore fornitore di petrolio, di gas e di altri minerali a basso costo. L’Europa si è sacrificata anche perché inizialmente ha ingenuamente creduto che fosse possibile la vittoria ucraina e la ritirata totale russa dal territorio ucraino. In tutta la tragica vicenda l’Europa è stata una semplice comparsa, un po’ come l’Ucraina di Zelensky, mentre la scena era dominata dalla Nato, dagli Stati Uniti e naturalmente dalla Russia, alleata della Cina: l’Europa non ha mai fatto nulla per avviare dei negoziati e per tentare di concludere la pace, anche quando in effetti avrebbe potuto essere raggiunta (vedi il fallimento degli accordi del marzo 2022).
La UE e i paesi europei hanno fatto benissimo a condannare l’invasione russa e a schierarsi per la difesa armata del popolo ucraino dai primi assalti russi: in questa maniera hanno forse contribuito in qualche modo a impedire che i russi prendessero subito Kiev e tutta l’Ucraina. Ma Ursula von del Leyen e i paesi europei hanno poi continuato a seguire ciecamente la politica della Nato di scontro fontale con Putin. La UE ha addirittura alimentato l’escalation militare in territorio russo, anche quando era chiaro che in Ucraina non si combatteva più tanto e solo per la libertà degli ucraini ma una guerra per procura. La guerra in Ucraina è diventata scontro tra le due superpotenze per il dominio non solo dell’Ucraina ma anche, e forse soprattutto, dell’Europa e del mondo: la guerra è diventata uno scontro tra l’Occidente e la Russia e la Cina, mentre il resto del mondo non si schiera né con gli uni né con gli altri.
La Nato diretta da Washington ha attizzato lo scontro ma fin dall’inizio si è comportata astutamente e con estrema ambiguità: a parole dichiarava di volere Kiev nella Nato, tuttavia contemporaneamente rifiutava la sua richiesta di adesione. Inoltre la Nato ha dato praticamente il via libera all’invasione russa quando ha dichiarato vigliaccamente che in caso di guerra non sarebbe intervenuta in favore di Kiev per evitare lo scontro atomico con la Russia. La Nato e l’amministrazione di Joe Biden hanno voluto combattere Putin ma solo per interposta persona: in pratica erano gli ucraini che dovevano andare al fronte a morire.
La von der Leyen si è dimostrata del tutto inadeguata: invece di impegnarsi come avrebbe dovuto per il successo dei negoziati di pace, ha cercato addirittura l’impossibile vittoria dell’Ucraina sulla Russia. Così ha contribuito all’inutile perdite di vite umane ucraine e a incrementare a dismisura i pericoli di un conflitto atomico per gli europei. Infatti, se non cessasse, l’escalation militare in Ucraina e poi sul territorio russo provocherebbe prima o poi la risposta atomica russa e la possibilità di un conflitto mondiale.
La grave crisi economica europea derivata dall’invasione dell’Ucraina e dalle sanzioni contro Putin ha fatto precipitare la crisi politica della Germania e della Francia e di altri paesi europei, e ha posto l’Europa in una posizione di quasi completa sudditanza geopolitica, militare, energetica, finanziaria e tecnologica verso gli USA. Un disastro politico di prima grandezza. Ora molto probabilmente la UE non verrà neppure chiamata a partecipare alle trattative di pace, se, come Trump ha promesso, queste verranno intraprese direttamente dagli USA con Putin. Grazie anche alla von der Leyen e alla sue bellicose ma velleitarie politiche oggi la UE oggi vale zero.
Le forze politiche di destra e di centrosinistra, europee e italiane, e i politici e gli intellettuali, i filosofi idealisti e gli ipocriti moralisti che hanno voluto ignorare il minaccioso ruolo espansionistico della Nato nella sua corsa per inglobare i paesi appartenuti all’ex Patto di Varsavia – espansione estremamente dannosa per la sicurezza europea – e le relative anche legittime proteste russe, sono responsabili di avere esposto l’Ucraina a una situazione di enorme pericolo, di avere poi illuso gli Ucraini di potere vincere una guerra persa in partenza, di avere spinto l’escalation accomodandosi ai voleri di Biden, e infine di avere messo in pericolo la sicurezza di tutti gli europei. Che farà ora il governo di Giorgia Meloni? Così come ha prontamente compiaciuto la Nato appoggiando l’escalation di Biden e Zelensky in Ucraina, altrettanto prontamente la Presidente del Consiglio si accomoderà alle politiche “di pace” del nuovo simpatetico padrone, Trump. Per la Meloni accodarsi alle politiche americane significa infatti ottenere una polizza di assicurazione per la sua permanenza al potere.
Come uscire dall’impasse strategico? E’ molto difficile che l’Europa riesca a svolgere un ruolo positivo nella situazione attuale, ma occorre tentare. Di fronte agli attacchi di Trump, che vuole anche riprendersi, con le buone o con le cattive, la Groenlandia dalla Danimarca, membro della UE, cercare di recuperare l’alleanza stretta con gli americani è abbastanza inutile. Tuttavia la prospettiva dell’autonomia strategica della UE è sbarrata. Tentare di unire 27 paesi in una unica politica estera e costruire un unico esercito sovranazionale europeo centralizzato a Bruxelles è impossibile. Occorrerà vedere se in Germania il nuovo governo dopo le elezioni del 27 febbraio avrà la lungimiranza di svoltare in politica estera, di sganciarsi dalla tradizionale e storica sudditanza politica e militare tedesca rispetto a Washington, e se riuscirà a allearsi con gli altri principali paesi europei, con la Francia e con l’Inghilterra, per una politica europea autonoma e di pace. Occorrerà trattare non solo sull’Ucraina ma su tutto l’assetto delle forze militari in Europa. Tutto, o quasi, è in realtà nelle mani del governo tedesco che verrà nominato dopo le elezioni di questo febbraio. Purtroppo le premesse non sono buone. L’ultra conservatore cristiano-democratico Friedrich Merz, che probabilmente diventerà premier, è un convinto atlantista e in patria ha già cercato di trovare convergenze con il partito di estrema destra filonazista AFD. Ottimismo della volontà pessimismo della ragione.
[1]Il BRICS è un raggruppamento di economie mondiali emergenti, formato dai Paesi del precedente BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) con l’aggiunta di Sudafrica (2010), Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Iran (2024), Indonesia (2025).