Conte abbraccia Franceschini e innervosisce Prodi sull’officina progressista
Continua il dibattito fra leader e leaderini del centrosinistra sugli assetti elettorali prossimi venturi. Il caso dell'intervista di Conte che replica a Prodi... I Graffi di Damato
Continua il dibattito fra leader e leaderini del centrosinistra sugli assetti elettorali prossimi venturi. Il caso dell’intervista di Conte che replica a Prodi… I Graffi di Damato
Parole di Giuseppe Conte fresche di stampa sui rapporti col Pd in una intervista a Repubblica con la quale, a sentirlo, l’ex premier ha cercato di non farsi “distrarre” dalla guerra in corso fra la magistratura e “il governo più indecente” che sarebbe quello in carica: “Al momento ci sono dei punti in comune ma anche questioni fondamentali che ci dividono. La pace, per esempio, per noi è dirimente mentre il Pd ha sposato, con la maggioranza di governo, una linea di sostegno incondizionato anche militare all’Ucraina e persegue l’isolamento della Russia”.
E la proposta di Dario Franceschini, nel Pd, di correre divisi alle elezioni, magari con intese solo sui collegi uninominali, per “colpire uniti” il centrodestra dopo il voto, prevedibilmente con un compromesso sul programma di un nuovo governo e di una nuova maggioranza? “E’ una proposta -ha risposto Conte- che guardo con attenzione perché è un tentativo di rendere compatibili le differenze. L’importante è condividere l’obiettivo di porre al centro dell’azione il cambiamento della società”. Che era poi l’obiettivo dichiaratamente propostosi da Conte con entrambi i governi da lui presieduti a maggioranze variabili, anzi contrapposte.
E Prodi, che nel Pd considera “cinico” andare divisi alle elezioni per vincerle senza un programma comune? “Sarebbe ancora più cinico -ha risposto Conte, da professore a professore- presentarsi in coalizione ed esibire una unità fittizia, senza misurarsi concretamente anche sulle questioni che ci dividono. Sarebbe una finta alleanza che si sfalderebbe il giorno dopo le elezioni”. Come, d’altronde, Prodi ha sperimentato personalmente con entrami i governi -pure lui- formati a distanza di dieci anni l’uno dall’altro, finiti prematuramente.
Conclusione. Alle varie edizioni di Conte succedutesi in sette anni, da quando gli capitò di arrivare la prima volta a Palazzo Chigi con i leghisti per restarvi col Pd, si aggiunge questa del Conte franceschiniano. Non francescano come uno zio, se non ricordo male andando indietro con la memoria ai primi tempi della sua avventura politica, ma franceschiniano. Da Franceschini, l’uomo che lavora da qualche tempo orgogliosamente in una officina e potrebbe un giorno, chissà, assemblare lui stesso il programma di un suo primo governo con Conte, lasciando al Nazareno la segretaria del partito Elly Schlein, o un suo ritratto.