Bennu, l’asteroide che ci spiega l’origine della vita

Passata quasi in sordina nei media nostrani, il 29 gennaio la Nasa ha annunciato che le analisi dei campioni provenienti dall’asteroide Bennu, raccolti nel 2020 durante la missione Osiris-Rex quindi trasportati fino sulla Terra tre anni dopo, sono stati analizzati con diverse metodologie e hanno portato all’identificazione di amminoacidi e delle cosiddette “basi azotate conosciute”, ovvero di componenti fondamentali del Dna e dell’ Rna. Queste sono l'adenina (A) e la guanina (G), la citosina (C), la timina (T) e l'uracile (U). Sui campioni sono state trovate adenina, guanina, uracile e alcuni amminoacidi, ritenuti essenziali per la sintesi di proteine e acidi nucleici. Significa che le reazioni chimiche che avvengono sugli asteroidi potrebbero aver fornito al nostro pianeta ciò che serviva per originare la vita. Ciò non dimostra che ci sia altra vita nel cosmo, ma certo porta a pensare che gli asteroidi abbiano un ruolo fondamentale nella nascita della vita. La seconda dimostrazione di questa scoperta è che tali composti possono formarsi in ambienti extraterrestri e conservarsi nel tempo; infine che le rocce di Bennu contengono ben 14 dei 20 amminoacidi che sulla Terra consentono di produrre proteine. Tale asteroide si sta quindi rivelando una miniera di informazioni, tra questa anche il fatto che i campioni prelevati mostrino abbondanza di minerali idrati, come se fosse stato esposto a un ambiente nel quale c’era acqua liquida e che questa, a contatto con le rocce primordiali, abbia creato le condizioni ideali per la sintesi di molecole organiche. Si fa quindi strada l’ipotesi che gli asteroidi, impattando sulla Terra, possono aver portato materiale organico complesso e questo abbia contribuito all’apparizione delle prime forme di vita. Chi volesse approfondire può leggere le pubblicazioni scientifiche dalle quali è tratto l’articolo ( Abundant ammoniaand nitrogen-rich soluble organic matter in samples from asteroid (101955) Bennu , NatureAstronomy, 2025 e An evaporite sequence from ancient brine recorded in Bennu samples, Nature, 2025). Non è la prima volta che si trovano queste tracce su rocce extraterrestri, tuttavia è invece nuovo il fatto di trovarne così tante tutte insieme su uno stesso asteroide. E tra i paragoni possibili, ci sono i campioni ugualmente preziosi raccolti dalla sonda giapponese Hayabusa 2 sull’asteroide Ryugu. Ora gli scienziati devono affrontare una sfida più complicata: capire quali siano stati i processi chimici che hanno consentito la formazione degli amminoacidi, soprattutto perché quelli terrestri hanno quasi sempre una forma detta “sinistrorsa” e non si capisce come mai, mentre su Bennu ce ne sono in abbondanza anche di “destrorsi”. Insomma, serve capire il “come” per arrivare al “quando e al dove”. Intanto, nello spazio, continua la missione Osiris-Apex verso l’asteroide Apophis, che sarà raggiunto entro il 2029.

Feb 2, 2025 - 13:17
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Bennu, l’asteroide che ci spiega l’origine della vita


Passata quasi in sordina nei media nostrani, il 29 gennaio la Nasa ha annunciato che le analisi dei campioni provenienti dall’asteroide Bennu, raccolti nel 2020 durante la missione Osiris-Rex quindi trasportati fino sulla Terra tre anni dopo, sono stati analizzati con diverse metodologie e hanno portato all’identificazione di amminoacidi e delle cosiddette “basi azotate conosciute”, ovvero di componenti fondamentali del Dna e dell’ Rna. Queste sono l'adenina (A) e la guanina (G), la citosina (C), la timina (T) e l'uracile (U). Sui campioni sono state trovate adenina, guanina, uracile e alcuni amminoacidi, ritenuti essenziali per la sintesi di proteine e acidi nucleici. Significa che le reazioni chimiche che avvengono sugli asteroidi potrebbero aver fornito al nostro pianeta ciò che serviva per originare la vita. Ciò non dimostra che ci sia altra vita nel cosmo, ma certo porta a pensare che gli asteroidi abbiano un ruolo fondamentale nella nascita della vita.

La seconda dimostrazione di questa scoperta è che tali composti possono formarsi in ambienti extraterrestri e conservarsi nel tempo; infine che le rocce di Bennu contengono ben 14 dei 20 amminoacidi che sulla Terra consentono di produrre proteine. Tale asteroide si sta quindi rivelando una miniera di informazioni, tra questa anche il fatto che i campioni prelevati mostrino abbondanza di minerali idrati, come se fosse stato esposto a un ambiente nel quale c’era acqua liquida e che questa, a contatto con le rocce primordiali, abbia creato le condizioni ideali per la sintesi di molecole organiche. Si fa quindi strada l’ipotesi che gli asteroidi, impattando sulla Terra, possono aver portato materiale organico complesso e questo abbia contribuito all’apparizione delle prime forme di vita. Chi volesse approfondire può leggere le pubblicazioni scientifiche dalle quali è tratto l’articolo ( Abundant ammoniaand nitrogen-rich soluble organic matter in samples from asteroid (101955) Bennu , NatureAstronomy, 2025 e An evaporite sequence from ancient brine recorded in Bennu samples, Nature, 2025).

Non è la prima volta che si trovano queste tracce su rocce extraterrestri, tuttavia è invece nuovo il fatto di trovarne così tante tutte insieme su uno stesso asteroide. E tra i paragoni possibili, ci sono i campioni ugualmente preziosi raccolti dalla sonda giapponese Hayabusa 2 sull’asteroide Ryugu. Ora gli scienziati devono affrontare una sfida più complicata: capire quali siano stati i processi chimici che hanno consentito la formazione degli amminoacidi, soprattutto perché quelli terrestri hanno quasi sempre una forma detta “sinistrorsa” e non si capisce come mai, mentre su Bennu ce ne sono in abbondanza anche di “destrorsi”. Insomma, serve capire il “come” per arrivare al “quando e al dove”. Intanto, nello spazio, continua la missione Osiris-Apex verso l’asteroide Apophis, che sarà raggiunto entro il 2029.